Nonostante un leggero miglioramento rispetto agli anni passati, l’Italia resta fanalino di coda in Europa per quanto riguarda l’occupazione giovanile. Secondo uno studio del Consiglio Nazionale dei Giovani, elaborato su dati Istat ed Eurostat, nel 2024 il tasso di occupazione tra i giovani under 29 si è attestato al 34,4%, ben al di sotto della media UE del 49,6%. Peggio di noi solo Grecia e Spagna.
Il quadro resta critico anche per la qualità dell’occupazione: tra i contratti attivati, oltre un giovane su tre lavora con contratti a termine o part-time, spesso involontari. Il part-time riguarda il 38% dei dipendenti privati fino a 34 anni, contro una media generale del 33%. Un dato che incide pesantemente sulle retribuzioni e sulle prospettive di stabilità.
A preoccupare è anche il fenomeno dei Neet — giovani che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi formativi — che in Italia rappresentano il 19,5% della popolazione tra i 15 e i 34 anni. Un’incidenza superiore alla media europea e decisamente più alta rispetto a Paesi come Germania (12%) e Francia (13,8%).
Se si guarda ai Paesi con le migliori performance, il distacco è netto: la media di occupazione giovanile in Olanda sfiora l’80%, seguita da Norvegia (67,1%), Danimarca (65,9%) e Germania (62,9%).
Pur con lievi segnali di ripresa, quindi, il mercato del lavoro italiano continua a mostrare forti criticità per i giovani, stretti tra contratti precari, part-time non scelti e difficoltà di inserimento stabile. Serve un cambio di passo deciso nelle politiche attive e nell’investimento sulle nuove generazioni.
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