Il Tribunale del Lavoro di Grosseto ha condannato il Comune di Monte Argentario a risarcire con circa 30 mila euro un’architetta molisana, il cui contratto di lavoro era stato annullato dopo aver chiesto un congedo parentale di 20 giorni per prendersi cura del figlio di tre mesi.
L’architetta, vincitrice di un concorso come istruttrice direttrice tecnica, si è vista negare il diritto all’assunzione subito dopo aver richiesto il congedo per motivi familiari. Il marito, infatti, era impegnato ad assistere il padre in fin di vita a Bologna, rendendo necessario il suo temporaneo ritiro dall’attività lavorativa.
La motivazione fornita dal capo del personale del Comune ha fatto discutere: “Non si sarebbe proceduto all’assunzione di donne in stato di maternità poiché, per effetto dei permessi e dei congedi legati a tale condizione, il Comune si sarebbe trovato in una situazione di difficoltà organizzativa”.
Il giudice del lavoro ha dato invece pienamente ragione alla donna, definendo l’accaduto come un “comportamento discriminatorio di genere”. La sentenza non solo ha imposto un risarcimento significativo per danni patrimoniali e morali, ma ha anche lanciato un chiaro messaggio a tutte le amministrazioni pubbliche e ai datori di lavoro: la maternità non può e non deve essere un ostacolo alla carriera professionale.
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