L’epidemia di coronavirus ha introdotto un nuovo termine nel vocabolario di molti dipendenti e imprenditori: smart working.
Per coloro che incontrano questo concetto per la prima volta non è facile capire esattamente di cosa si tratti, né come si applichi o quali siano i confini normativi entro cui muoversi.
Il primo problema è che nelle visione più semplicistica e comune ‘smart working’ è sinonimo di ‘telelavoro’.
Effettivamente, lo smart working può rientrare nel telelavoro, ma ci sono delle differenze.
Il telelavoro è il lavoro da casa ed è sottoposto a dei vincoli rigidi (deve essere svolto in un luogo ben preciso, con degli strumenti ben definiti, ecc.).
Lo smart working comporta un approccio completamente diverso, basato sulla flessibilità, l’agilità e il raggiungimento di obiettivi. Assomiglia al lavoro di molti professionisti freelance, che possono lavorare a casa o al bar, con il portatile o lo smartphone, di mattina o di sera, ma rimane una forma di lavoro subordinato governata da un accordo fra dipendente e datore di lavoro.
Di smart working si parla nell’art.18 della Legge n. 81/2017, in cui vengono sottolineati gli aspetti tipici di questa modalità di lavoro: flessibilità organizzativa, volontarietà delle parti coinvolte e utilizzo di strumenti per il lavoro da remoto.
Vi riportiamo qui di seguito alcune informazioni utili per comprendere meglio lo smart working e la sua applicazione.
CARATTERISTICHE DELLO SMART WORKING
ATTIVITÀ
Ricadono nello smart working tutte quelle attività che possono essere completamente o in parte svolte in luoghi diversi dall’abituale posto di lavoro.
Si tratta soprattutto di attività intellettuali: formazione, riunioni, consulenze, stesura di atti e documenti, alcune attività di segreteria, programmazione informatica, attività di amministrazione, ecc.
Potremmo dire che gran parte delle mansioni che non necessitano di particolari strumentazioni, che sono realizzabili via Internet e/o in un luogo diverso dall’ufficio sono convertibili in telelavoro.
Di queste, molte rientrano nello smart working .
LUOGO
L’attività lavorativa può essere svolta ovunque, previo accordo fra dipendete e datore di lavoro.
MODALITÀ
Il lavoratore opera in completa autonomia, ma deve rispettare gli accordi presi e raggiungere gli obiettivi fissati.
Deve garantire la reperibilità telefonica o telematica all’interno delle fasce orarie stabilite dall’accordo e impegnarsi a garantire la riservatezza dei dati aziendali di cui è custode.
La strumentazione tecnologica può essere fornita dall’azienda o essere di proprietà del lavoratore.
In caso di attrezzature fornite, il lavoratore ne è responsabile, deve averne cura e deve impegnarsi a usarle solo per motivi lavorativi.
Il datore di lavoro o chi per lui monitora l’attività del lavoratore in remoto e ne valuta l’operato.
ORARIO LAVORATIVO
In caso di smart working, un lavoratore non può superare l’ammontare di ore previste dall’accordo.
Le parti hanno la facoltà di decidere un orario di lavoro ben definito.
Il lavoratore in smart working può interrompere il lavoro solo per valide e comprovate ragioni. Nel caso, dovrà informare il datore o chi per lui.
RETRIBUZIONE
In caso di smart working la retribuzione non subisce alcun cambiamento.
SPESE
Le spese derivanti dai consumi elettrici, la connessione alla rete Internet, le comunicazioni telefoniche o il cibo sono a carico del lavoratore.
OBBLIGHI ASSICURATIVI
La legge numero 81 del 22 maggio 2017, art. 23, dice: «il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali.»
La Circolare INAIL numero 48 del 2017 aggiunge che «lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile non fa venir meno il possesso dei requisiti oggettivi (lavorazioni rischiose) e soggettivi (caratteristiche delle persone assicurate) previsti ai fini della ricorrenza dell’obbligo assicurativo, rispettivamente, dagli articoli 1 e 4, n. 1) del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124».
In altre parole, per i lavoratori in smart working è prevista la tutela in caso di infortuni e malattie professionali esattamente come per qualsiasi altro dipendente.
Il datore di lavoro non risponde però di infortuni causati da comportamenti non legati al corretto svolgimento della prestazione lavorativa da parte dello smart worker.
SMART WORKING ED EMERGENZA CORONAVIRUS
Tra le misure adottate dal Governo per contenere e gestire l’epidemia da COVID-19 (coronavirus), il Presidente del Consiglio dei ministri ha emanato il 1° marzo 2020 un nuovo Decreto che facilita l’accesso allo smart working.
Per saperne di più, vi invitiamo a visitare il sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
CONCLUSIONI
In sostanza, per realizzare lo smart working servono 2 cose:
- – accordi chiari e ben definiti sia da un punto di vista contrattuale che organizzativo (cosa va fatto, entro quando, quale risultato si vuole ottenere, ecc.), senza tralasciare gli aspetti legati alla privacy di entrambe le parti;
- – tecnologie che permettano di lavorare e comunicare in remoto: il dipendente deve poter svolgere i propri compiti e il datore deve poter monitorare l’attività.
Sei un avvocato o un magistrato e vuoi organizzarti per le udienze in remoto ma non sai come fare?
Sei un’azienda o un professionista e hai bisogno di un supporto tecnico-informatico per applicare lo smart working? CONTATTACI.
Salvo ulteriori disposizioni, Servicematica rimane operativa.
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