Un’Italia sempre più anziana e con meno nascite. È il quadro preoccupante tracciato nel corso di un convegno al Cnel sul cambiamento demografico, dove si è discusso del futuro della previdenza sociale e del mercato del lavoro. Le proiezioni parlano chiaro: entro il 2050 ci sarà un solo lavoratore per ogni pensionato. Una prospettiva che rischia di mettere in crisi l’intero sistema di welfare nazionale.
Secondo quanto emerso dal nuovo numero della rivista Sinappsi, pubblicata dall’Inapp, il vero nodo è rappresentato dalla drastica riduzione del numero di donne in età fertile, frutto di una denatalità che l’Italia si porta dietro da decenni. “Siamo in ritardo e inseguendo il fenomeno — ha ammesso Renato Brunetta, presidente del Cnel — e invertire la rotta non sarà affatto facile”.
A rendere ancora più critico il quadro, l’aumento vertiginoso del tasso di dipendenza degli anziani, ovvero il rapporto tra chi è in pensione e chi lavora: oggi supera il 40% e nel 2027 si avvicinerà al 60%, ben oltre la media europea.
Francesco Billari, rettore della Bocconi, ha sottolineato come una politica migratoria efficace potrebbe contribuire ad arginare il declino della forza lavoro. Ma non basta. Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica di Milano, ha evidenziato la necessità di intervenire anche sul fronte della formazione, dell’occupazione giovanile e della partecipazione femminile al mercato del lavoro.
Anche il ministro del Lavoro Marina Calderone ha rilanciato la proposta di un nuovo “patto per il lavoro” che tenga conto della dimensione demografica.
Natale Forlani, presidente dell’Inapp, ha infine ribadito che per affrontare questa sfida serve una visione di lungo periodo e una governance capace di coniugare l’invecchiamento della popolazione con il mantenimento della dignità, del benessere e della sostenibilità economica per le future generazioni.
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