La riforma della giustizia Cartabia ha esteso la procedibilità a querela per alcuni reati al fine di raggiungere gli obiettivi del Pnrr – ovvero, ridurre del 25% i tempi dei processi penali entro il 2026. Per farlo, bisogna ridurre il numero dei procedimenti.
Ma dopo sole due settimane dalla sua entrata in vigore sono arrivate profonde critiche da parte dei giuristi. I punti che sono stati maggiormente criticati corrispondono proprio ai quelli fondamentali della riforma. Per alcuni, questi punti provocano effetti assolutamente controproducenti.
Uno dei punti principali della riforma Cartabia è la trasformazione in tema di disciplina di alcuni reati procedibili d’ufficio che ora potranno essere indagati soltanto mediante querela. Questo è uno dei fattori che è stato maggiormente criticato: non soltanto in materia di querela delle vittime, ma anche per le funzionalità in sé dell’ordinamento.
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Si è espresso in merito anche l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Eugenio Albamonte, ora magistrato a Roma. Il problema principale, per Albamonte, è che la lista che è stata indicata nella riforma Cartabia contiene anche dei reati di forte impatto.
Violenza privata e sequestro di persona implicano una certa dose di sottomissione psicologica e prevaricazione, rendendo difficile alle vittime esporre denuncia. La norma, con la sua retroattività, porta alcuni processi al naufragio, poiché non ci sono querele. Le vittime potrebbero infatti essere spaventate e difficili da rintracciare.
Ma oltre alla responsabilizzazione eccessiva delle vittime, Albamonte ha sottolineato anche un altro aspetto negativo, in particolar modo legato ai furti, che potrebbero risultare ancora più complessi da denunciare.
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A Palermo ben 3 boss rischiano di non procedere al processo a causa degli effetti della riforma. Secondo Roberto Rossi stanno accadendo situazioni analoghe in tutta Italia.
Il procuratore di Bari sottolinea i problemi dell’elenco di reati, specialmente quelli collegati alla criminalità organizzata o quelli connessi a situazioni in cui le vittime hanno paura.
Ma anche nel caso di reati meno gravi, bisogna prendere in considerazione il fatto che, in alcune zone italiane, il livello di criminalità minaccia seriamente i cittadini. Per Rossi, il rischio è che alcuni reati vengano depenalizzati, perché le vittime si convinceranno a ritirare le querele accontentandosi di un risarcimento danni.
Rossi e Albamonte si trovano d’accordo su questo punto, ovvero sulla depenalizzazione di alcuni tipi di reati per ridurre il carico dei tribunali, alleggerendo la responsabilità delle vittime.
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Un altro aspetto critico della riforma della giustizia Cartabia è quello che prende in considerazione le misure alternative di un grandissimo numero di detenuti, con il pericolo che tutto questo si traduca in scarcerazioni di massa.
A tal proposito il governo concede 20 giorni di tempo per ritardare tali fatti, consentendo alla polizia giudiziaria di adeguarsi, ma forse è troppo poco tempo. Per Rossi potrebbe verificarsi esattamente l’opposto dell’obiettivo prefissato dalla riforma Cartabia, ovvero l’allungarsi dei processi.
I presunti difetti della riforma sono stati sottolineati anche da Nicola Gratelli, procuratore di Catanzaro, che ha definito la riforma un vero e proprio disastro. I problemi che sono stati portati alla luce da Gratelli sono sempre gli stessi:
- la paura delle vittime, che potrebbe indurle al ritiro della querela o a non presentarla affatto;
- la mancanza di adeguate punizioni, vista l’ambita velocizzazione dei processi, che verrà ottenuta con la diminuzione di questi, e non soltanto su un cambiamento procedurale efficace;
- situazioni troppo difficili da punire, soprattutto se le vittime non risiedono in Italia.
La riforma Cartabia sarà modificata?
Per Gratelli, comunque, ci sarà presto una modifica della riforma. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, infatti, sta lavorando alla riforma, convinto che servano «interventi urgenti per affrontare le criticità emerse» e per «garantire all’Italia le risorse indispensabili per la ripartenza».
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Di tutt’altra opinione l’esponente del Terzo Polo Enrico Costa, che attacca via Arenula e difende la riforma Cartabia.
«Contro la sua legge si sta saldando il fronte forcaiolo della maggioranza. Nel decreto Rave c’era già la proroga di due mesi della riforma penale di Cartabia, ma stranamente, senza l’allarme mediatico, hanno previsto solo venti giorni in più per presentare la querela, ma non sono entrati nel merito dei reati, mafia compresa».
Per il professore di diritto penale Gian Luigi Gatta, ex consigliere di Marta Cartabia, si starebbero cercando «casi limite per affondare la Cartabia. Ma la riforma libera i tribunali dell’enorme quantità di reati banali».
«In questi 30 anni almeno 3 riforme hanno esteso il numero dei reati procedibili a querela, nel 1999 e nel 2022». Gatta sostiene che la legge Cartabia si sia «limitata ad estendere la procedibilità a querela ad alcuni reati».
In questi giorni, l’attenzione si è rivolta verso lesioni personali lievi e sequestro di persona semplice, punito con un minimo di 6 mesi di reclusione. «Mi sembra che sia così anche nel caso di Palermo».
Un caso «del tutto particolare, visto che le vittime del sequestro e delle lesioni sono dei rapinatori “non autorizzati” da Cosa Nostra, che non hanno presentato la querela nei confronti dei loro “colleghi” malviventi ma che, comunque, restano sottoposti a custodia cautelare perché, appunto, accusati anche di reati gravissimi, procedibili d’ufficio. Non vedo alcuna notizia sensazionale, insomma».
Gruppi Facebook per mitigare gli effetti della riforma
Nel frattempo, un avvocato napoletano ha deciso di «mitigare gli effetti» della riforma Cartabia «nel settore dei divorzi e delle separazioni».
Genitori separati è il nome del gruppo Facebook creato da Carmen Posillipo, avvocato matrimonialista, per «dare quell’opportunità di sfogo e quella speranza di riappacificazione che la riforma ha, di fatto, ridotto ai minimi termini».
Online, secondo Posillipo, chi ha perso il partner o il coniuge potrà «trovare consigli e risposte per dare una chance al secondo tempo di una storia». Sui social, ormai, «si leggono continuamente post in cui si evidenza che con la riforma Cartabia l’avvocato muore. È vero perché è sempre meno prevista la sua presenza, e questo mi ha spinto a trovare spazi alternativi di confronto».
Lo scopo del gruppo Facebook è mettere insieme persone sole, che si sentono perse dopo la separazione. «Secondo quanto mi suggerisce la mia esperienza potrebbe scongiurare episodi di violenza che possono verificarsi quando la disperazione prende il sopravvento e non si trovano soluzioni nella società».
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