PORDENONE – Il Tribunale di Pordenone, su richiesta della Procura, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale destinata a fare rumore. Al centro del dibattito c’è la nuova formulazione dell’articolo 187 del Codice della Strada, modificato dalla Legge n. 177 del 25 novembre 2024, che ha eliminato il requisito dello “stato di alterazione psico-fisica” per configurare il reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
Con un’ordinanza dell’8 aprile 2025, firmata dalla giudice Granata, il Tribunale ha messo nero su bianco i motivi della sua decisione: la norma così riformulata violerebbe i principi costituzionali di ragionevolezza, proporzionalità, uguaglianza (art. 3), ma anche quelli di tassatività e determinatezza dell’incriminazione penale (art. 25 co. 2), oltre al principio della finalità rieducativa della pena (art. 27 co. 3).
La critica più forte riguarda l’effetto “espansivo” della nuova norma: ora è sufficiente risultare positivi a una sostanza stupefacente per incorrere nella sanzione penale, senza più dover dimostrare uno stato effettivo di alterazione alla guida. Una trasformazione, secondo il Tribunale, che svuota la norma della sua funzione originaria di tutela della sicurezza stradale basata su un pericolo concreto, trasformandola in un reato di pericolo astratto, slegato da qualsiasi nesso causale tra l’assunzione della sostanza e l’effettiva compromissione della capacità di guida.
“È manifestamente irragionevole e iniquo – si legge nell’ordinanza – ritenere penalmente responsabile un soggetto solo in base alla positività a una sostanza, senza accertare se ciò abbia influito sulla sua capacità di guidare”. Il rischio, secondo il Giudice, è quello di punire anche chi, pur avendo assunto sostanze giorni prima, non presenta alcun sintomo né rappresenta un pericolo reale per la sicurezza stradale.
Il caso sollevato a Pordenone potrebbe aprire la strada a una revisione della norma a livello costituzionale, rilanciando il dibattito su come e quanto il diritto penale debba incidere nella sfera personale dei cittadini. Intanto, la parola passa alla Corte Costituzionale.
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