Il pubblico impiego non è più sinonimo di stabilità e sicurezza. Nel 2023, secondo i dati dell’Inps, le dimissioni dalle amministrazioni pubbliche hanno raggiunto quota 92.878, segnando un incremento del 33% rispetto al 2019. Il fenomeno è particolarmente evidente nelle regioni del Nord-Ovest, dove le uscite sono passate da 22.306 a 35.008, mentre nel Nord-Est sono aumentate da 14.622 a 19.491.
Crisi nella sanità e negli enti locali
La situazione è particolarmente critica nel settore sanitario. Negli ultimi tre anni, circa 12 mila medici hanno abbandonato il Servizio sanitario nazionale, con un picco di dimissioni a Milano, dove solo nel 2024 circa 6 mila dipendenti pubblici hanno lasciato il proprio incarico. Nei Pronto soccorso e negli ospedali universitari, gli specializzandi si trovano spesso a dover coprire turni estenuanti, talvolta doppi rispetto alle ore previste, svolgendo mansioni che spetterebbero al personale strutturato.
Questa pressione lavorativa spinge molti professionisti verso il settore privato, creando un circolo vizioso che, come sottolinea il segretario della Uil, Santo Biondo, “aumenta il carico di lavoro per chi rimane”. La fuga dal pubblico non riguarda solo la sanità: gli enti locali come Comuni e Regioni sono sempre meno competitivi rispetto agli enti centrali come Inps e Inail, che offrono migliori possibilità di carriera e stipendi più alti.
Contratti bloccati e stipendi inadeguati
Una delle cause principali è il mancato rinnovo dei contratti. Il governo ha proposto un aumento del 5,78% per il triennio 2022-2024, mentre l’inflazione ha raggiunto quasi il 17%. La Funzione Pubblica Cgil e la Uil Fpl hanno rifiutato l’offerta, chiedendo maggiori risorse, e le trattative per i comparti sanità e funzioni locali sono ferme.
L’unico contratto rinnovato è quello delle funzioni centrali, grazie all’accordo con la Cisl e altri sindacati, ma la situazione generale rimane critica. Secondo la Funzione Pubblica Cgil, il blocco delle assunzioni e della contrattazione ha reso il lavoro pubblico sempre meno attrattivo, aumentando il carico di lavoro in uffici già sottodimensionati.
Il paradosso della concorrenza tra enti pubblici
Un fenomeno tutto italiano è la concorrenza tra enti pubblici per accaparrarsi i migliori dipendenti. Molti lavoratori, infatti, lasciano un’amministrazione per un’altra che offre migliori condizioni di lavoro e stipendi più alti. Questo porta a un continuo ricambio di personale, che svuota gli organici senza risolvere il problema strutturale della carenza di risorse umane.
Un futuro incerto per il pubblico impiego
Il “posto fisso” non è più considerato sacro, come raccontava Lino Banfi nel film Quo vado?. Al contrario, sempre più persone scelgono di abbandonarlo per trovare condizioni lavorative migliori nel settore privato o in altri enti pubblici più competitivi. Senza un intervento strutturale su stipendi, carichi di lavoro e condizioni contrattuali, il pubblico impiego rischia di diventare sempre meno attrattivo, aggravando ulteriormente la crisi del settore.
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