La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18799 depositata il 10 luglio 2025 ha chiarito un importante principio in materia di spese legali nelle controversie tributarie: quando l’amministrazione finanziaria soccombe in giudizio, la compensazione delle spese di lite può essere disposta solo se supportata da una motivazione dettagliata e specifica. Non è dunque sufficiente un richiamo generico alla “particolarità delle questioni esaminate”.
Il caso riguarda un contribuente che aveva impugnato un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate relativo a un presunto maggior reddito conseguito nel 2011. Dopo il rigetto in primo grado, la Commissione tributaria regionale aveva confermato la decisione, tuttavia aveva disposto la compensazione delle spese di giudizio senza fornire motivazioni approfondite, limitandosi a indicare la particolare complessità della materia.
La Cassazione, accogliendo il ricorso del contribuente, ha rilevato che una simile decisione contrasta con l’articolo 92, comma 2, del codice di procedura civile, che regola in modo stringente l’ipotesi di compensazione, prevedendo che questa possa essere disposta solo in presenza di situazioni di “assoluta novità della questione trattata”, “mutamento della giurisprudenza” o “gravi ed eccezionali ragioni”, tutte da motivare espressamente.
La Corte sottolinea che il giudice di merito deve esprimersi con argomentazioni puntuali e circostanziate per giustificare la compensazione delle spese. Una decisione sommaria o basata su formulazioni generiche configura una violazione delle norme processuali e una motivazione apparente, con conseguente annullamento della pronuncia.
Il principio affermato rafforza la tutela dei contribuenti e la trasparenza nelle decisioni giudiziarie, impedendo che il Fisco possa sottrarsi al pagamento delle spese di lite senza una motivazione adeguata, specie quando risulta completamente soccombente.
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