Settantasette tra professoresse universitarie, ricercatrici e studiose di diritto penale hanno sottoscritto un documento con cui esprimono la loro ferma contrarietà all’introduzione di un nuovo reato di femminicidio, così come previsto dal disegno di legge n. S. 1433, attualmente all’esame della Commissione Giustizia del Senato.
Il testo normativo proposto dal Governo prevede l’introduzione di una fattispecie autonoma di reato, punita con l’ergastolo, per l’uccisione di una donna motivata dall’appartenenza di genere. Pur riconoscendo la centralità e l’urgenza di rafforzare la lotta alla violenza contro le donne, le firmatarie del documento sollevano riserve di fondo sull’efficacia e sull’impostazione di questa riforma.
Una legge dal valore più simbolico che concreto, spiegano le penaliste, che sottolineano come l’attuale ordinamento già consenta di punire con l’ergastolo i casi di omicidio aggravato da motivi di genere, grazie alle modifiche normative intervenute negli ultimi anni. Più che colmare una lacuna, la nuova fattispecie rischierebbe, secondo le firmatarie, di assumere una valenza prevalentemente simbolica, senza incidere realmente sul fenomeno.
Il timore, spiegano, è che l’enfasi legislativa su misure di facciata rallenti il necessario confronto sulle cause profonde della violenza maschile, che affondano le radici in una cultura e in un assetto sociale ancora fortemente improntati a discriminazioni e disparità di genere. “Non sarà la minaccia dell’ergastolo — avvertono — a dissuadere chi non riconosce la libertà e il valore della persona femminile”.
Le penaliste criticano inoltre l’assenza di strategie di prevenzione culturale e sociale strutturata, ritenendo che un intervento esclusivamente repressivo sia destinato a fallire. Lo dimostrerebbe, secondo il documento, anche l’esperienza di numerosi Paesi sudamericani, dove l’introduzione di reati di femminicidio non ha impedito il persistere di elevati tassi di omicidi di donne.
La posizione delle studiose non è un rifiuto pregiudiziale delle iniziative contro la violenza di genere, bensì un invito a evitare scorciatoie legislative dal sapore populista e ad affrontare il problema nella sua complessità. Solo così, affermano, sarà possibile scardinare quella rete di stereotipi, disuguaglianze e discriminazioni sistemiche che continuano a legittimare la sopraffazione e la violenza sulle donne.
Il documento si chiude con un appello alla politica: “Serve una riflessione seria, ampia e coraggiosa, non una norma bandiera”.
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