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Aggressione in aula bunker a Mestre: ferito un membro della “Nuova Mala del Brenta”

Cos’è successo

Durante il processo contro la “Nuova Mala del Brenta” uno degli imputati, Loris Trabujo, è stato aggredito e sfregiato da un altro degli imputati, Paolo Pattarello. Pare che quest’ultimo abbia utilizzato un oggetto affilato, probabilmente una scheggia di vetro, per colpirlo al volto e al busto mentre urlava più volte “infame”.

Trabujo ha riportato delle ferite non gravi al collo, alla fronte e al torace, ed è stato immediatamente soccorso e riportato in carcere a Tolmezzo. La situazione si è risolta grazie all’intervento della polizia penitenziaria, che è riuscita a separare i due.

Entrambi appartengono all’ex Mala di Felice Maniero e fanno parte dei “mestrini”. La nuova banda, la cosiddetta “Mala del Tronchetto”, ha visto la partecipazione di alcuni veterani della Mala del Brenta, accusati di estorsioni, rapine e minacce aggravate da metodiche tipiche della mafia.

Pattarello e Trabujo si trovavano in aula bunker, dopo essere arrivati delle rispettive carceri. Trabujo è ritenuto uno degli eredi del potere che Maniero esercitava sulla gestione dei terminal turistici di Venezia.

Trabujo aveva richiesto di parlare con un pubblico ministero, chiedendo il rito abbreviato per usufruire di uno sconto di pena. Evidentemente il gesto non è piaciuto a Pattarello, tanto da causare l’aggressione durante l’udienza.

Come ha fatto un oggetto tagliente ad entrare in aula bunker?

È su tutte le furie Salvatore Laganà, presidente del tribunale di Venezia, messo al corrente dei fatti dalla gip, davanti alla quale si stava tenendo l’udienza preliminare. «Un fatto gravissimo, chiederò un rapporto alla direzione del carcere. Queste cose non devono accadere».

Secondo Laganà non era mai successa una cosa simile prima d’ora, nell’aula più protetta e sicura che ci sia, destinata, per l’appunto, ai processi più delicati. Il fatto solleva grossi interrogativi: come ha fatto un oggetto tagliente ad entrare nell’aula? Chi doveva effettuare i controlli?

«La responsabilità in questi casi è sempre della polizia penitenziaria, il nostro compito non è quello di perquisire i contenuti». Il contatto tra magistrati e detenuti, infatti, è vietato, proprio per garantire la sicurezza del processo.

Continua Laganà: «La gip mi ha aggiornato su quanto capitato, è sicuramente un fatto molto grave. Intendo chiedere con urgenza un rapporto al direttore del carcere per capire cosa sia successo. In un’aula giudiziaria queste cose non devono succedere».

È stato espresso stupore e preoccupazione anche da Federica Santinon, presidente dell’ordine degli avvocati di Venezia: «Quanto capitato in aula bunker è allarmante. Un episodio del genere non deve capitare sia che si trovi all’interno o all’esterno dell’aula di giustizia. La violenza va condannata senza se e senza ma, pertanto auspico che chi debba fare le sue verifiche proceda. Come Consiglio dell’Ordine degli avvocati veneziani non possiamo che chiedere che ci sia sicurezza in aula per tutti».

Un gesto premeditato

Sicuramente un gesto premeditato, a causa dell’interrogatorio in cui Trabujo ammette di aver fatto delle rapine, tirandosi fuori dal traffico di stupefacenti. Pochi giorni prima erano usciti i dettagli dell’interrogatorio del 2 settembre, dove Trabujo, insieme alla sua legale Stefania Pattarello, aveva rilasciato importanti informazioni sulla “Mala del Tronchetto”.

Durante l’indagine era emerso come Trabujo fosse attivo in tutti i settori del gruppo, compiendo numerose rapine ed estorsioni.

Un’organizzazione debole, ma ugualmente pericolosa

La “Nuova Mala del Brenta” è un’organizzazione debole, con scarsa forza intimidatoria e un desiderio romanticizzato di tornare al “grande” passato in cui era capeggiata da Felice Maniero. Questo non toglie, però, che il gruppo non sia pericoloso e in grado di portare a termine delle azioni violente.

In particolar modo, il gruppo dei “mestrini” avrebbe provato a riprendere il controllo sul racket veneziano dei trasporti turistici. Ai vertici c’erano Gilberto Boatto (detto Lolli), Paolo Pattarello e il complice Loris Trabujo, proprietario di una società di taxi acquei.

La rapina del 2019

Un episodio remunerativo è stato quello della rapina avvenuta il 23 aprile 2019, al parcheggio del Tronchetto. Trabujo e due complici sono riusciti ad intercettare la vittima, che ha ricevuto 550mila euro in contanti per aver venduto (in nero) una licenza di noleggio con conducente per il trasporto acqueo. Dopo aver colpito alla testa la vittima, hanno rubato il trolley con i soldi e sono scappati.

Ma le altre rapine non sono andate particolarmente bene. Nel 2018 avevano deciso di svuotare un’abitazione di Piove di Sacco di proprietà di un titolare di una sala giochi, dov’erano conservati parecchi contanti.

Dopo una serie di sopralluoghi uno di loro decide di travestirsi da carabiniere, ma la vittima capisce l’inganno e fa scattare l’allarme. Qualche settimana dopo rapinano un supermercato di Padova, minacciando la cassiera e rubando 6mila euro.

Pizzo, droghe e armi

L’organizzazione criminale imponeva un pizzo su due trasportatori, che in passato erano stati vittime del loro sistema di estorsioni. Al Tronchetto sono riusciti a farsi consegnare cifre che vanno da 3mila euro al mese in su e alcune quote minori da un operatore attivo a San Giuliano.

Scrive il giudice Barbara Lancieri nell’ordinanza di custodia cautelare: «La nuova organizzazione ricalca i modelli del passato ma ha minore forza persuasiva, è indebolita nella capacità di dare esecuzione alle sanzioni contro chi sgarra, hanno dimostrato di non avere più la forza e la determinazione del passato».

Continua: «Il gruppo, in pochi anni si è strutturato come organizzazione stabile, capace di contare su una rete di rifornimenti di droga».

Per il procuratore Bruno Cherchi: «Gli arrestati sono un po’ invecchiati, è vero, ma è vero anche che sono sempre molto pericolosi, con una grande capacità di aggregazione, e una volta usciti dal carcere, di riprendere i rapporti, soprattutto di spaccio e di approvvigionamento di sostanze stupefacenti dai paesi sudamericani, e l’attività delittuosa nei confronti dell’ambiente veneziano».

Sottolinea: «Il dato vero è che sono state sequestrate diverse armi, anche da guerra, anche kalashnikov, che hanno dimostrato un’effettiva pericolosità del gruppo. Nell’ambito della presenza ormai accertata in Veneto delle società criminali classiche, come ’ndrangheta, camorra e anche estere, in gran parte dedite allo spaccio, c’è un’attività collaterale svolta da questa associazione, ma non in coordinamento».

Conclude: «Ognuno ha trovato un proprio spazio, soprattutto nel commercio di sostanza stupefacente, che sta diventando la prima fonte di guadagno».

Cos’è stata la Mala del Brenta

La Mala del Brenta è stata un’organizzazione criminale nata negli anni settanta in Veneto, che si è estesa nell’Italia nord-orientale. L’organizzazione ha subito un duro colpo durante gli anni novanta, a causa dell’arresto e del pentimento di Felice Maniero.

Il gruppo dei mestrini si avvaleva del ricavato degli “intromettitori”, che operavano in zona Tronchetto-Piazzale Roma a Venezia. Si trattava principalmente di motoscafisti, gondolieri, portieri di albergo e intermediari di agenzie di viaggio.

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Ai magistrati non piacciono i nuovi tribunali per i minorenni

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Ai magistrati non piacciono i nuovi tribunali per i minorenni

Il 28 settembre il Consiglio dei ministri ancora in carica ha votato per l’approvazione finale ai decreti attuativi della riforma Cartabia. Tra questi troviamo anche quelli pertinenti ai tribunali per i minorenni, che entreranno in vigore definitivamente nel giugno del 2023.

Le critiche

Questa parte della riforma ha ricevuto numerose critiche e proteste da parte di molti magistrati minorili. Alcuni definiscono la riforma «reazionaria, destinata a stravolgere il sistema della giustizia minorile».

Le principali critiche hanno sottolineato il fatto che il tribunale per minorenni, oltre a cambiare nome (tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie) perderà le caratteristiche di multidisciplinarietà e collegialità. Non ci saranno più i giudici onorari, dunque, gli esperti che da sempre affiancano i giudici durante i casi e le relative decisioni da prendere nei confronti dei minorenni.

Cristina Maggia, presidente dell’Aimmf ha detto: «Abbiamo provato in ogni modo a far capire che la riforma ha criticità molto pesanti, ma non c’è stato nulla da fare. Eppure è il tribunale per i minorenni a vivere quotidianamente i problemi. Nei nostri uffici arriva tutto il peggio che l’umanità riesce a fare ai danni dei più piccoli».

Un unico giudice togato

Il tribunale per i minorenni è sempre stato concepito come un tribunale ordinario, con due giudici togati e due onorari. Con la riforma, i giudici onorari saranno presenti soltanto per alcune competenze di tipo marginale. Il nuovo tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, dunque, avrà un unico giudice togato.

I promotori della riforma vorrebbero razionalizzare il sistema, per evitare di frammentare le competenze andando a velocizzare le varie procedure. Continua Maggia: «Con questa riforma, però, si ottiene il risultato opposto. Ma soprattutto per i minori, che erano destinatari di un ufficio giudiziario a loro dedicato, ora anche nel nome sono schiacciati tra le persone e la famiglia. Nella nuova formulazione vengono posti al centro gli adulti e i loro diritti prima di tutto».

Secondo l’Aimmf, la riforma si è concentrata su norme che riguardano gli adulti che vivono esperienze come separazione o divorzio, o di donne che subiscono maltrattamenti in un rapporto di coppia. Il benessere dei bambini, che nella maggior parte dei casi vivono con sofferenza i conflitti tra i genitori, secondo queste critiche, viene considerato di meno.

Decisioni delicate

La nuova legge cancella la multidisciplinarietà e la collegialità del tribunale, che a detta dei magistrati, erano elementi fondamentali in alcune decisioni delicate, come quelle che conducono all’allontanamento del minore in un’altra famiglia o in comunità.

La riforma stabilisce anche che le decisioni debbano essere prese esclusivamente da un solo magistrato. Sostiene Maggia: «E’ una scelta che diminuisce la competenza del giudicante e si rivelerà certamente dannosa, soprattutto dal punto di vista di minori che hanno bisogno di giudici che li comprendano a fondo e sappiano prendere decisioni forti e urgenti. Si è deciso di fare a meno del contributo di chi ha il compito di saper vedere oltre le parole».

Il caso Bibbiano

Dopo il caso di Bibbiano, quando assistenti sociali e amministratori furono accusati di aver agevolato e redatto relazioni false al fine di allontanare dei bambini dalle loro famiglie e darli in affido anche ad amici e conoscenti, l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede decise di disporre una ricognizione sul sistema che stabilisce gli allontanamenti.

Si evidenziò come il numero degli allontanamenti in Italia fosse il più piccolo in tutta Europa, e che il 70% dei casi erano decisi dai tribunali per i minorenni. «E’ la prova che quelle trattate dai tribunali per i minorenni sono le situazioni più gravi e dolorose e che la mancata specializzazione dei giudici ordinari può incidere sulla capacità di riconoscere il disagio di un bambino e indurre il giudice all’inerzia, cioè alla protezione mancata».

Secondo la riforma, i minori di 12 anni coinvolti in una procedura dovranno essere ascoltati sempre e soltanto da un giudice togato. Si esclude completamente l’apporto del giudice onorario con competenze specifiche, dotato della capacità di avvicinarsi ad un bambino evitando di causargli ulteriori traumi. «Ci saranno giudici giovani, con poca esperienza, che si troveranno improvvisamente da soli ad affrontare casi di allontanamenti per motivi gravissimi».

Il documento dell’Aimmf

In un documento presentato ad un convegno dell’Aimmf si parla di un altro problema:

Mettiamo infatti che l’ascolto di un bambino duri mezz’ora: è stato considerato il numero di bambini che il giudice circondariale potrà sentire e i tempi richiesti da questa attività? Per un ascolto degno di questo nome, ci vuole calma, un luogo idoneo, un tempo adeguato e una disponibilità ad accogliere e comprendere modalità comunicative diverse da quelle degli adulti. Occorrono capacità tecniche e strumenti che i giuristi non possiedono.

Infine, un ulteriore problema riguarda l’informatizzazione delle procedure, che avrà tempi abbastanza lunghi poiché, a detta dei magistrati, «viaggiamo ancora con la carta».

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POS: attenzione al malware Prilex

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POS: attenzione al malware Prilex

I ricercatori Kaspersky Lab hanno scoperto una nuova versione del malware Prilex. Dopo aver rubato alle banche milioni di dollari, il threat actor (ovvero una persona o un gruppo di persone che hanno intenzione di causare danni a livello informatico) ha cominciato a prendere di mira anche i POS.

Antonio Pontrelli e Rosita Galiandro di Exprivia spiegano: «La storia ci insegna che difficilmente i malware hanno vita breve e anche a distanza di anni dal primo avvistamento, vengono diffusi con upgrade di funzionalità e di nuove vulnerabilità zero-day (una vulnerabilità di un software non nota agli sviluppatori)».

Fabrizio Croce, di WatchGuard Technologies dice: «Per riuscire a penetrare all’interno di un sistema informatico e installare un software malevolo esistono diverse strade, ma tutte convergono in un punto: sfruttare l’ingegneria sociale».

L’evoluzione di Prilex

Prilex si è evoluto e ha cominciato a prendere di mira i POS. Inizialmente era un memory scraper, cioè un malware che esegue la scansione della memoria dei dispositivi digitali per raccogliere informazioni sensibili. Ora è diventato un malware sofisticato, in grado di bypassare i blocchi appositamente pensati da banche o agenzie per evitare proprio questa tipologia di truffa.

Pontrelli e Galiandro sottolineano: «Il malware Prilex, nato come malware incentrato sugli ATM nel 2014 e nel 2016 è passato ai dispositivi POS. Mentre la distribuzione è stata molto attiva nel 2020, il malware è scomparso dai radar dei sistemi di sicurezza nel 2021».

I criminali informatici stanno vendendo il virus sul dark web come Malware-as-a-Service. Ci troviamo di fronte ad una democratizzazione e monetizzazione dei virus e del malware. Esistono, infatti, piattaforme che consentono a chiunque di acquistare virus, trojan o ransomware, aumentando il rischio di perdite economiche per le aziende di tutto il mondo.

Un malware che muta velocemente

La minaccia, ad oggi, non è soltanto complessa e avanzata, ma muta velocemente. Il malware agisce in modo sfuggente, sferrando attacchi da remoto: le vittime e i gruppi cyber criminali, infatti, non hanno alcun contatto.

Per questi motivi è estremamente difficile identificare chi c’è dietro Prilex. Prima di attaccare la vittima, i cyber criminali svolgono uno screening iniziale del dispositivo per monitorare le transazioni già avvenute – ma soprattutto per stabilire se il gioco vale la candela. In caso di attacco, il malware andrà a captare tutte le transazioni in corso, modificando il loro contenuto e rubando le informazioni della carta di credito.

«L’anello debole in qualsiasi catena di sicurezza è il fattore umano. In questo caso, addirittura, serve qualcuno che spacciandosi per tecnico convinca il negoziante che il POS va aggiornato. Deve quindi fisicamente metterci le mani per installare il malware» continua Fabrizio Croce.

Un po’ di tecnicismi

I cyber criminali vendono Prilex in molti siti web e canali Telegram. Offrono le ultime versioni del malware con prezzi che variano da 3.500 a 13.000 dollari.

Prilex è in grado di generare i crittogrammi EMV (Europay, Mastercard e Visa). Si tratta di una funzionalità introdotta pochi anni fa, che permette di verificare la validità delle transazioni, prevenendo in tal modo i pagamenti ingannevoli.

«La versione iniziale di Prilex era in grado di eseguire attacchi di tipo replay attack», che colpiscono le reti informatiche al fine di impossessarsi di credenziali di autenticazione comunicate da un host all’altro, per riproporle simulando l’identità dell’emittente. Queste tipologie di attacchi «sono diventate obsolete e inefficaci, spingendo gli autori di Prilex ad innovare e ad adottare altri metodi di frode con carta di credito».

Le nuove versioni di Prilex utilizzano «attacchi di tipo GHOST (che utilizzano i crittogrammi generati dalla carta della vittima durante il pagamento). Prilex installa una backdoor (una “porta sul retro” che raggira l’autenticazione), uno stealer (un Trojan che raccoglie informazioni da un sistema) per intercettare tutti gli scambi di dati e un modulo uploader per l’esfiltrazione».

Necessarie politiche “zero trust”

I negozianti devono prestare molta attenzione per evitare di cadere nelle trappole dei cyber criminali.

«Prilex non è un tipo di malware che viene distribuito tramite campagne di spam via mail», concludono Pontrelli e Galiandro, «è altamente mirato e di solito viene fornito tramite l’ingegneria sociale. Ad esempio, un azienda target può ricevere una chiamata da un “tecnico” che insiste sul fatto che l’azienda deve aggiornare il proprio software POS. Il falso tecnico può visitare l’obiettivo di una persona o richiedere alle vittime di installare AnyDesk e fornire l’accesso remoto per installare il malware».

Consiglia Fabrizio Croce: «Qualsiasi azienda deve sempre e comunque non solo proteggere i suoi terminali, ma anche avere delle stringenti politiche “zero trust” su chi abbia l’autorizzazione ad usare i sistemi e in che modalità, sia che sia un dipendente dell’azienda che un utente remoto».

Prilex è responsabile di uno dei più grandi attacchi ai bancomat del Brasile. Nel Carnevale del 2016 il malware ha svuotato più di 1.000 sportelli bancomat e clonato 28.000 carte di credito.

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Le macchine volanti sono legali?

Lo scorso 15 luglio, la Federal Aviation Administration (FAA) ha dato il consenso a Samson Switchblade, un veicolo a tre ruote in grado di volare.

Questa notizia ti fa emozionare? Beh, dovrai portare pazienza almeno per un po’. L’ok, infatti, riguarda soltanto i test che saranno effettuati dal produttore, Samson Motorworks di Meadow Vista, in California.

Giocattoli per i ricchi

Una volta completati i test, i veicoli Switchblades saranno disponibili per essere acquistati entro 18 mesi. Per comprarli, però, bisogna essere molto ricchi: il prezzo base sarà di circa 170.000 dollari.

Inoltre, sarà necessario assemblare la maggior parte del veicolo in autonomia. FAA, infatti, ha classificato Switchblade come “aereo sperimentale”. Questo significa che i proprietari dovranno fare almeno il 51% dell’assemblaggio completamente da soli.

Il compito potrebbe richiedere dei mesi di lavoro. Samson, però, offre un “Builder Assist Center”, ovvero un sistema in grado di ridurre tutto il lavoro ad una sola settimana – basterà semplicemente pagare 20.000 dollari in più.

Dunque, stiamo parlando di un giocattolo per ricchi, anche se già all’inizio di agosto c’erano 1.670 persone in lista di prenotazione. Per mantenere attiva la priorità, queste persone dovranno sborsare 2.000 dollari entro 45 giorni dal primo volo ufficiale.

Le ali dello Switchblade fuoriescono da sotto la cabina dopo aver premuto un pulsante. Quando restano nascoste, Switchblade è una “semplice” auto sportiva che raggiunge i 200 km/h. Quando le ali sono in azione, si muove nell’aria sino a 257 km/h.

Quadri legali e normativi

Per pilotare uno Switchblade servono almeno 335 metri di pista per poter decollare e più di 200 per l’atterraggio. I proprietari di Switchblade, in altre parole, potranno guidare le loro auto volanti soltanto in un aeroporto, o in un luogo simile, se hanno intenzione di prendere il volo.

Sarà necessaria anche una licenza pilota. Inoltre, ottenere un’assicurazione per le auto volanti, al momento non sembra possibile.

Chiediamoci: come dovrebbe essere lo schema normativo per un’auto volante? Alcune città degli States stanno già cominciando a pensare a come gestire le macchine in grado di volare. Ci dovranno essere aree separate per decolli e atterraggi? Potranno volare in qualsiasi momento o soltanto in determinate ore? Ci dovrebbero essere nuovi requisiti di licenza?

Ci sono molte questioni legali alle quali dovremmo cercare risposte. Si dovranno fare delle ispezioni prima dei voli, come succedi per i piloti? Saranno i singoli Stati a supervisionare i modelli di volo? Quali sono i casi in cui le leggi sull’aviazione avranno la precedenza sulle leggi che riguardano i veicoli a motore?

Dobbiamo cominciare a pensare al traffico aereo e alla polizia aerospaziale?

Occhio agli eVTOL

Switchblade sarà, con tutta probabilità, la prima vera e propria auto volante negli Stati Uniti, anche se sta cominciando a crescere il numero di velivoli che le persone possono acquistare e utilizzare. Si chiamano eVTOL (electric Vertical Takeoff and Landing), ovvero velivoli elettrici a decollo e atterraggio verticale. Non possono, tuttavia, essere definiti precisamente auto volanti, in quanto non hanno l’autorizzazione ad attraversare le strade.

Sono simili ai droni e si muovono grazie a dei ventilatori unidirezionali dopo essere decollati verticalmente. Gli eVTOL sono incredibilmente attraenti poiché, secondo le normative FAA, gli eVTOL ultraleggeri, ovvero quelli che pesano meno di 110 kg, non richiedono una licenza di pilotaggio e nemmeno di essere iscritti presso la FAA. Sono considerati semplicemente ricreativi, e non possono operare di notte o in zone congestionate.

I primi eVTOL entro la fine del 2022

Una società svedese, chiamata Jetson, non essendo vincolata alle normative FAA, afferma che consegnerà i primi Jetson ONE eVTOL ultraleggeri negli USA entro la fine del 2022. Non sarà necessaria una licenza, ma di 92.000 dollari (poco più di 80mila euro) per poterne acquistare uno.

I dodici modelli prodotti di questo velivolo sono già stati venduti, e per il 2023 è tutto prenotato. Attualmente ci sono circa 3.000 utenti in attesa di prenotazione del veicolo. Per entrare in lista d’attesa, è necessario pagare 22.000 dollari (19mila euro).

Air taxi

Sul tavolo si discute anche degli “air taxi”: il 10 agosto, infatti, la United Airlines ha annunciato l’intenzione di effettuare un acconto di 10 milioni di dollari per riuscire ad ottenere 100 taxi volanti dalla società Archer Aviation. La consegna dovrebbe cominciare nel 2024.

Le macchine volanti stanno diventando realtà, anche se, probabilmente, la maggior parte di noi non potrà permettersene una. Ma in un futuro non troppo lontano saremmo tutti in grado di prendere un taxi aereo, in un cielo sempre più affollato.

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Ritratti in udienza: arriva in Italia l’arte durante i processi penali

Anche in Italia le udienze di Corte d’Assise si trasformano in luoghi dove dipingere ritratti dal vivo. Andrea Spinelli, live painter ed illustratore, è il primo a fare questo esperimento in Italia. Ha realizzato, infatti, alcuni disegni durante un processo, usando inchiostro e acquerello su carta, una tecnica pittorica mista.

Nel mondo anglosassone questa non è una novità: i courtroom sketch, infatti, sono gli “schizzi” realizzati durante i momenti più importanti delle udienze nei processi per fatti di sangue. Pennelli, matite e carta rendono meglio l’idea delle emozioni che provano le persone che sono coinvolte nel processo e nei fatti.

Cogliere le emozioni di un processo

Questa iniziativa è stata sostenuta da Ilio Mannucci Pacini, presidente della Corte d’Assise di Milano e da Fabio Roia, presidente facente funzioni del Tribunale.

«Da sette anni mi occupo di ritratti dal vivo, ma di solito per eventi e concerti» ha detto Spinelli. «Questa estate ho avuto l’idea di sperimentare la tecnica in un’aula giudiziaria. Non sapevo che sarei stato il primo in Italia». I lavori di Spinelli sono stati pubblicati anche dal Wall Street Journal.

Spinelli ha assistito al processo di una donna accusata di aver ucciso il marito. «Durante i concerti ci si diverte, anche per il solo fatto di essere lì. In corte d’Assise, invece, si respirano l’ansia e la preoccupazione di tutte le persone coinvolte e il rigore dell’ambiente».

Il distacco, soltanto apparente, dell’atmosfera all’interno di un’aula giudiziaria viene sostituito dall’empatia: «Percepisci come si può sentire un testimone durante una deposizione per fatti gravi. Ho assistito alle crisi di pianto dell’imputata, e alla descrizione che fa il medico legale della morte di una persona. Ho cercato di riportare questo tipo di emozioni nei miei ritratti».

Spinelli è fiducioso che la pratica cominci a diffondersi sempre più in Italia. «Questa è una prima fase di sperimentazione, ma mi piacerebbe portare avanti l’iniziativa e migliorarla, anche tecnicamente, per avere uno stile riconoscibile». In questo modo si potrà rappresentare meglio l’umanità delle persone che vivono un processo sulla propria pelle.

Una pratica diffusa già nel XVI secolo

Alla fine del 2021, Ghislaine Maxwell è stata condannata con l’accusa di traffico sessuale, per aver aiutato l’ex-partner e imprenditore Jeffrey Epstein. Ma non è stata la sua cattiva condotta o il suo stile di vita a diventare virale, bensì uno schizzo dipinto in aula durante il processo. L’immagine fa riflettere su questa particolare forma d’arte che esiste da ben prima della fotografia, ma persiste nonostante l’innovazione fotografica e digitale.

Gli artisti erano presenti nei Tribunali già nel XVI secolo. Un artista inglese sconosciuto, nel 1586, ha disegnato Mary, regina di Scozia, mentre entrava nell’aula del castello di Fatheringay. Al Louvre, invece, è esposta la rappresentazione del processo a Galileo Galilei.

Nell’epoca vittoriana gli illustratori diventarono fondamentali per i media. Secondo i ricercatori della Syracuse University «i giornali e le riviste di notizie vittoriane “inviavano al fronte” degli artisti per fare di nascosto degli schizzi in miniatura dei processi».

Oggi, gli artisti contemporanei vendono le loro bozze anche su commissione giornaliera ai giornali, alle emittenti televisive o ai soggetti stessi. A causa del loro grande valore storico, alcuni schizzi sono stati acquistati (e continuano ad essere acquistati) dagli archivi istituzionali. La Biblioteca del Congresso, ovvero la biblioteca nazionale degli Stati Uniti, conserva accuratamente le raccolte degli sketch effettuati nelle aule di Tribunale statunitensi.

Jane Rosenberg

L’artista che ha disegnato il processo a Ghislaine Maxwell, Jane Rosenberg, afferma che a volte i suoi soggetti offrono dei feedback non richiesti. Per esempio, «John Gotti voleva che il suo doppio mento fosse rimosso. Inoltre, le persone vogliono sempre che vengano aggiunti più capelli».

Rosenberg ha impiegato un po’ di tempo per riuscire a trovare la sua nicchia. Nonostante l’insicurezza di non essere abbastanza veloce, ha costruito un portfolio girando per diversi tribunali, soprattutto disegnando prostitute nel Tribunale notturno.

Quando è riuscita a vendere un suo schizzo alla NBC, ha avuto talmente tanto lavoro da non riuscire a gestirlo.

Solo sketch, niente foto

Per alcuni processi, gli sketch degli artisti fatti in aula sono le uniche immagini che il pubblico abbia mai visto. Infatti, la fotografia nelle aule di tribunale è vietata dal 1935, dopo il circo mediatico che ha interessato il processo per il rapimento del bambino Lindbergh.

Nel 1944 è stata applicata la regola 53 delle norme federali di procedura penale, che vietava di fare fotografie o riprese all’interno di un’aula di tribunale. Rosenberg rivela che: «Da quando sono diventata un artista di aula di tribunale, ho sempre pensato che le telecamere sarebbero arrivate, prima o poi».

Continua: «Nel 1988 hanno approvato un disegno di legge per introdurre le telecamere nei Tribunali di New York. E ho pensato: “ecco fatto, per me è tutto finito”». Ma alla fine non è andata così.

Dal 1991 al 1994, alcune aule dei Tribunali federali hanno sperimentato le riprese con le telecamere. Molti dei processi che riguardavano personaggi famosi sono stati trasmessi in televisione. 150 milioni di persone hanno assistito al verdetto di non colpevolezza di O.J. Simpson.

Tuttavia, molti giudici hanno deciso comunque di vietare le telecamere nelle aule, poiché distraggono e violano la privacy dei presenti. Per questo motivo, i media continuano ad affidarsi agli artisti per entrare in possesso delle rappresentazioni visive dei processi.

Un lavoro difficile

In alcuni tribunali agli artisti non è permesso abbozzare i procedimenti. Alcuni creano gli schizzi a memoria, dopo aver lasciato l’aula.

Nei casi in cui hanno l’autorizzazione a disegnare sul momento, gli artisti devono essere particolarmente veloci: nessuno si mette a posare per loro! Inoltre, le aule sono talmente affollate che gli artisti a malapena riescono a vedere la persona che dovrebbe disegnare.

Se sono fortunati il processo non ha una giuria, e il giudice consente agli artisti di sedere direttamente nel palco riservato alla giuria. La maggior parte delle volte, però, sono seduti nell’area pubblica, insieme a tutti gli altri.

Licenza artistica

Secondo J. Oliver Conroy del Guardian, gli sketch sono meno spaventosi della fotografia. Una foto o un fermo immagine dell’espressione di qualcuno, infatti,  potrebbero essere estrapolate facilmente dal contesto.

Inoltre, gli schizzi hanno anche la licenza artistica: le persone e i fatti possono essere compressi in un unico fotogramma, trasmettendo tutto il dramma e l’atmosfera che si respira in aula, particolari difficili da catturare con la fotografia.

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TikTok sostituirà Google?

È dal 1997 che Google domina il mercato dei motori di ricerca. Googlare è infatti diventato sinonimo di “fare una ricerca online”. Recenti dati indicano che Google detiene il 92% del mercato globale. Bing, invece, il secondo motore di ricerca più usato, non supera il 4%.

Le accuse a Google

Nel 2020 il Dipartimento di Giustizia americano aveva mosso delle accuse a Google per aver infranto leggi sulla concorrenza. L’azienda avrebbe messo in atto comportamenti sleali, al fine di non perdere il suo monopolio e per impedire anche a nuovi servizi rivali di emergere nel mercato.

Tuttavia, negli ultimi anni in molti hanno cominciato a notare come sia sempre più complicato trovare delle risposte utili alle domande poste su Google. Ci sono, infatti, troppi contenuti sponsorizzati: in molti non scrivono per dare informazioni utili, ma esclusivamente per apparire nei primi risultati dei motori di ricerca.

Per trovare nuove ricette, informazioni sul prossimo viaggio programmato, istruzioni per riparare un lavandino rotto oppure recensioni sull’ultima serie TV di Netflix, le persone cominciano a cercare risposte altrove. Per ricercare e leggere notizie, è probabile che si vada su Twitter. Per acquistare qualcosa, su Amazon.

Ma per qualsiasi altra cosa – secondo i più giovani – le risposte si trovano su TikTok.

I giovani “googlano” su TikTok

Recentemente, Prabhakar Raghavan, uno dei vice-presidenti di Google, ha condiviso i dati di una ricerca commissionata da Google stessa, che confermano questa tendenza: «Secondo i nostri studi, quasi il 40% dei giovani, quando cerca un posto per il pranzo, non va su Google Maps o su Search. Vanno su TikTok o Instagram».

In parte, a Google fa comodo sottolineare questa inversione di tendenza, viste le accuse di monopolio. Questi dati sono sostenuti da un grande numero di aneddoti, raccolti nelle scorse settimane, da più testate internazionali, generaliste e di settore. Inoltre, anche ByteDance, l’azienda cinese che possiede TikTok, sta cercando di apportare miglioramenti per quanto riguarda le funzioni di ricerca all’interno dell’app.

Per esempio, nell’ultima settimana TikTok ha deciso di aumentare il limite di caratteri che si possono utilizzare nella descrizione dei video, da 300 a 2.200. Questa modifica è stata introdotta per permettere agli utenti di aggiungere più dettagli sui propri contenuti e per descrivere che cosa sta succedendo nel loro video. In questo modo i contenuti diventano più semplici da trovare.

Video credibili e autentici

I più giovani ritengono che il formato, i contenuti e l’algoritmo preciso dell’app rendono TikTok un luogo perfetto dove cercare risposte. Adrienne Sheares, una consulente di social media, ha spiegato ad ABC News: «Non hanno una soglia dell’attenzione molto alta, lo dicono spesso. Vogliono ottenere le informazioni molto rapidamente e arrivare al punto della questione velocemente, senza doversi mettere a selezionare troppo».

È un sistema che funziona molto bene per ottenere consigli e risposte che vorremmo avere da un essere umano. Una studentessa quindicenne ha raccontato al New York Times di aver capito come richiedere una lettera di raccomandazione ad un suo insegnante proprio grazie a dei video pubblicati da docenti su TikTok.

Altri parlano di come preferiscano avere consigli su quali film guardare o quali ristoranti provare nella propria zona direttamente dagli utenti della piattaforma. Trovano, infatti, che i video siano credibili e autentici, molto più degli articoli che si trovano su Google.

Un’universitaria ventiquattrenne ha raccontato che cerca cose «come “negozi vintage a Parigi” o “ristoranti a Lisbona” e mi salvo le cose che sembrano buoni consigli in una piccola cartella all’interno dell’app a cui fare riferimento in un secondo momento. Ho anche una piccola cartella in cui salvo le ricette». La funzione che consente di salvare i video in “cartelle” è stata introdotta nell’app a febbraio, per permettere di trovare velocemente consigli e idee trovati su TikTok.

L’esperimento di David Pierce

David Pierce, giornalista di The Verge, ha deciso di cercare le cose che gli servivano su TikTok prima di utilizzare Google. «Quello che ho scoperto è stato, in un certo senso, non terribilmente sorprendente: ci sono cose per cui TikTok è un motore di ricerca assolutamente utile, anche se l’algoritmo e il contenuto di TikTok non sono ancora del tutto centrati su questo aspetto. Ma per ciò che Google sa fare meglio, non c’è concorrenza. In definitiva, non credo che Google sia davvero preoccupato per la crescente abilità di ricerca di TikTok».

Per rispondere a domande fattuali, del tipo “chi è stato il primo presidente della Repubblica italiana” oppure “quando è nato Leonardo di Caprio” Google è imbattibile. TikTok, invece, mette in difficoltà il mercato dei blog in cui si devono leggere paragrafi interi di contenuti poco rilevanti, prima di arrivare alla ricetta che stavamo cercando.

Ma quando si cercano dei contenuti più impegnativi, come quelli che riguardano la politica, l’attualità o la scienza, le cose si complicano. Il Digital News Report del 2022, redatto dall’Università di Oxford, afferma che TikTok sta diventando sempre più velocemente una fonte di informazione, soprattutto tra le persone che hanno tra i 18 e i 24 anni.

Francesca Tripodi, docente presso l’Università del North Carolina, ha detto che questa tendenza potrebbe esporre un numero sempre maggiore di persone alle fake news e alla disinformazione. Negli ultimi mesi, infatti, TikTok ha avuto grandi problemi per quanto riguarda la circolazione di fake news in tema di aborto e guerra in Ucraina.

Per concludere

Il design dell’app rende difficile reindirizzare gli utenti ai siti esterni, dove poter verificare le informazioni oppure ottenere maggior contesto e/o approfondimenti. Pierce, in ogni caso, sostiene che siamo ancora lontani dal momento in cui TikTok diventerà l’unica fonte di informazione per le persone.

Anche se è «sempre più chiaro che una decina di link blu, con un mucchio di annunci appena etichettati in alto, un grande widget per lo shopping e molti link ai servizi di Google, non sono sempre l’interfaccia giusta per cercare qualcosa. Google sta cercando di rendere la ricerca più umana e di offrire alle persone un modo per porre domande più facilmente. TikTok offre invece una libreria consultabile senza limiti di contenuti infiniti su quasi tutti gli argomenti».

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LegalTech: l’innovazione che rivoluziona i servizi legali

L’innovazione tecnologica sta trasformando il mondo legale. I termini LegalTech e Legal Design sono sempre più diffusi, anche se spesso sconosciuti ad avvocati e professionisti del mondo legale. Infatti, è raro che questa tipologia di avvocato bazzichi nel cyber-spazio.

Software, codici e altri strumenti tecnologici non rappresentano soltanto dei semplici servizi, ma misure che rendono obbligatoria una legge internazionale, rispetto a quella delle specifiche giurisdizioni.

È il testo dell’algoritmo di un programma che obbliga le parti all’adempimento e alla vincolatività dei comportamenti delle parti. Dunque, è difficile pensare ai servizi LegalTech come dei semplici servizi: sono sicuramente qualcosa di più.

Dal codice giuridico al codice di programmazione

In verità, i giuristi più o meno giovani ignorano che l’infosfera sia popolata da piattaforme e strumenti che pian piano stanno cambiando il mondo in cui viviamo. Sta avvenendo, infatti, una trasformazione tra Law is Code (inteso come codice giuridico) a Code is Law (inteso come codice di programmazione). La regola giuridica, dunque, diventa l’espressione del programmatore, e non del legislatore.

Nessun giurista che voglia svolgere la sua professione nell’epoca digitale, per accompagnare i clienti in un percorso appropriato di sviluppo digitale, può prescindere dall’adozione di un approccio alla professione tecnologico, oltre a quello giuridico.

Definizione di LegalTech

Non ci sono definizioni universali e inequivocabili di LegalTech. Nessuna definizione include tutti i servizi collegati ai vari aspetti della professione legale in costante cambiamento, così come lo è lo sviluppo delle tecnologie.

Con Legaltech non si identifica una “pratica legale”, ma una quota di mercato che viene occupata dalle imprese che prestano servizi giuridici per tutti coloro che ne abbiano bisogno. La principale caratteristica del mondo del LegalTech è quella di riuscire a superare le normative nazionali che vengono applicate in qualsiasi ambito.

Tra i servizi più diffusi che rientrano nel LegalTech, ritroviamo:

  • video-conference;
  • servizi di gestione delle mail;
  • project management e monitoraggio dei task;
  • firme elettroniche;
  • contract management;
  • tool di analisi;
  • redazione automatica di contratti;
  • chatbot;
  • cloud;
  • virtual data room;
  • ricerca intelligente online.

Ulteriori servizi possono essere la risoluzione delle controversie che avvengono online, la protezione intellettuale, l’applicazione del GDPR e la comprensione dei testi normativi, italiani e non.

Il LegalTech presuppone un cambiamento radicale

Il panorama giuridico italiano e internazionale sta cambiando, grazie al sempre più diffuso utilizzo di strumenti innovativi che utilizzano i big data, l’intelligenza artificiale, il machine learning, gli approcci di legal design e i sistemi di giustizia predittiva.

L’aspetto più interessante ed attrattivo collegato al mondo del LegalTech riguarda la possibilità di trasformare la propria attività. Si tratta di abbandonare l’idea, piuttosto diffusa in Italia, che l’attività legale “as a service” venga considerata come una diminutio, in quanto consiste in azioni ripetitive con poco valore aggiunto.

L’integrazione e la collaborazione tra i vari professionisti legali, gli innovatori digitali e gli sviluppatori, valorizza la domanda di maggior efficienza dei clienti. In questo momento storico di incertezza, complessità e ambiguità di tutti gli aspetti della propria vita personale, lavorativa e sociale, è necessario un cambiamento radicale.

Se non vengono analizzati e controllati i rischi, di questi tempi, le società potrebbero non sopravvivere. Le consulenze innovative, che utilizzano il LegalTech con il chiaro intento di evidenziare quelli sono i fattori di rischio, potrebbe cambiare enormemente il mondo dei professionisti e dei loro clienti. Si andranno ad identificare le soluzioni più idonee e a far emergere nuove opportunità di business.

Nuove economie

La crisi scatenata dalla pandemia, come noto, ha accelerato lo sviluppo di diversi tipi di economia, e le aziende sono state costrette ad adattarsi. Pensiamo alle economie on demand, come delivery, e-commerce, mobility, smart city, circular economy e digital transformation.

I professionisti del mondo legale non possono non tener conto che tutti i modelli di business presuppongono un cambiamento parallelo al mondo digitale. Utilizzare proattivamente la tecnologia, e in particolare il LegalTech, porta a dei cambiamenti dirompenti che spingono lo sviluppo aziendale.

Per concludere

Le tecnologie legali che si stanno sviluppando permettono di svolgere una buona parte delle attività che svolgono gli avvocati. Alcune sfruttano la digitalizzazione e gli strumenti di archiviazione in cloud; altre sono di supporto alle aziende nello svolgere attività di back office, risorse umane, finanza e contabilità.

Uno dei timori più grandi degli avvocati consiste nell’essere sostituiti da robot, che forniscono consulenza super fast e automatizzata. Sarà veramente così?

Probabilmente è una paura completamente infondata. L’automatizzazione e la digitalizzazione delle attività legali danno origine a notevoli risparmi di risorse finanziarie e umane, per il consulente e per il cliente. Inoltre, se un professionista ha la possibilità di andare oltre alla mera routine, potrà studiare e approfondire i casi, migliorando se stesso e la sua attività.

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Lo smart working è la soluzione a tutti i nostri problemi?

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Lo smart working è la soluzione a tutti i nostri problemi?

È vero, l’inflazione sta mettendo a rischio la nostra economia. Ma se fosse lo smart working la risposta ai nostri problemi? Numerose ricerche e studi effettuati dopo la pandemia confermano il ruolo fondamentale dei nomadi digitali nel processo di ripresa economica del nostro Paese.

Maggior efficienza

Secondo i dati raccolti dalla Standford University, i professionisti che hanno continuato a lavorare a distanza dopo il primo lockdown hanno anche registrato una maggior efficienza rispetto a coloro che sono tornati in ufficio. Nell’estate del 2020, i lavoratori a distanza erano più produttivi del 5% rispetto a chi lavorava in ufficio.

Ma il dato più interessante riguarda la primavera 2022. Dopo due anni di emergenza sanitaria, dove le aziende hanno cominciato ad investire in nuove tecnologie e lo smart working si è diffuso a macchia d’olio, i lavoratori a distanza hanno incrementato la loro produttività del 9%.

Un modo per trattenere e attrarre talenti

Una nuova ricerca del National Bureau of Economic Research ha rilevato che l’incremento della produttività all’interno delle imprese che fanno affidamento sul lavoro da remoto è cresciuta velocemente rispetto ai settori dove questo non è avvenuto.

I dipendenti percepiscono il lavoro da casa come un vero e proprio vantaggio. A supporto di questa affermazione troviamo i dati raccolti dallo stesso Istituto di ricerca nei confronti delle richieste di aumento dello stipendio. Tra coloro a cui è stata data la possibilità di lavorare in smart working, la domanda di crescita salariale si è ridotta di circa il 2%.

Sono dati molto importanti, soprattutto in questo periodo di forte recessione. Le aziende, infatti, non possono assicurare stipendi competitivi, proprio a causa delle incertezze finanziare ed economiche. Tuttavia, per trattenere e/o attrarre talenti, l’offerta di una maggior flessibilità è senza dubbio la strategia migliore.

Qual è la posizione dei tradizionalisti

I tradizionalisti, quelli contro il lavoro da casa, dicono che utilizzare eccessivamente lo smart working potrebbe compromettere le economie dei grandi centri. Chi ha la possibilità di lavorare nel luogo che preferisce, senza la necessità di timbrare il cartellino in azienda tutte le mattine, potrebbe ritornare nella sua città natale, lasciando le grandi metropoli che verrebbero, di conseguenza, private di forza lavoro e delle entrate di chi vive (e spende) in città.

Ma sempre più studi suggeriscono il contrario. Lo smart working potrebbe sconfiggere l’inflazione, il caro affitti e lo spopolamento.

È noto a tutti quanto l’inflazione stia colpendo la nostra economia. In generale, il costo della vita sta cominciando a diventare insostenibile per molti. Seguendo i principi base di economia aziendale, se un’azienda ha maggiori uscite ma la produzione non aumenta o diminuisce, potrebbe dover aumentare i prezzi per far fronte all’aumento dei costi.

Ma se un lavoratore è soddisfatto, aumenta anche la produttività. E questo andrebbe a fermare rincari su prodotti e servizi. Dunque, se il lavoratore è contento, l’economia ringrazia! 

La rivitalizzazione delle aree spopolate in Italia

Nel caso in cui lavorare a distanza non dovesse più essere una condizione temporanea ma una possibilità pienamente consolidata, i lavoratori in smart working potrebbero influire sulla rivitalizzazione di aree spopolate in Italia.

Da anni, infatti, lo spopolamento rappresenta un’emergenza, forse sottovalutata, che sta mettendo a rischio diverse zone del nostro Paese. Secondo i dati ISTAT, negli ultimi dieci anni al Sud la popolazione è diminuita di 750mila abitanti.

Le aree interne sono le maggiori vittime di questa crisi demografica. Dopo secoli di sviluppo demografico di luoghi che dipendono soltanto dalla loro capacità di produzione, il fatto di non essere costretti a rimanere in una città soltanto per lavorare potrebbe rappresentare una vera e propria rivoluzione.

Nascono nuove opportunità e prospettive a favore delle aree che hanno subito spopolamenti. Le aree meridionali e quelle più interne hanno finalmente l’opportunità di dare forma ad un nuovo futuro, dove le economie locali investono di più nelle nuove tecnologie.

Teniamo sempre presente, però, che lo smart working richiede un cambiamento culturale (e investimenti).

Non possiamo tornare indietro

La città potrebbe trasformarsi in un’attrattiva che offre benefici, e non soltanto un posto dove la metà dello stipendio se ne va in affitti e utenze.

L’emergenza sanitaria ha accelerato i tempi e dato uno slancio alle nuove tecnologie. Ritornare al vecchio approccio al lavoro potrebbe essere una cosa illogica e controproduttiva. Si finirebbe per sprecare tutto il “buono” di questa crisi, rinunciando ad un’importante eredità.

Aziende e istituzioni dovrebbero sfruttare la necessità di trasformazione delle organizzazioni e delle normative. Una maggior flessibilità andrebbe a creare un maggior equilibrio tra vita privata e lavoro.

I vantaggi, da questa nuova prospettiva, sono tanti.

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BONUS 200 euro per gli iscritti di Cassa Forense

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BONUS 200 euro per gli iscritti di Cassa Forense

Il D.L. 50/2022 del 17.5.22 prevede, all’art.33, un’indennità una tantum di € 200,00 per i lavoratori autonomi e gli iscritti a Casse obbligatorie di Previdenza che abbiano avuto nel 2021 (dichiarazione 2022) un reddito complessivo non superiore a € 35.000, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali.

Nel conteggio del reddito sono esclusi:

  • il reddito della casa di abitazione;
  • arretrati sottoposti a tassazione separata;
  • trattamenti di fine rapporto.

Il Decreto Aiuti Bis ha innalzato lo stanziamento dell’indennità una tantum a 600 milioni di euro per il 2022. Di questi, 95.6 milioni sono destinati agli iscritti alle Casse di Previdenza obbligatorie ex l.509/1994 e d.lgs. 103/1996. I soggetti interessati potranno inoltrare la domanda fino al 30 novembre 2022.

Requisito per poter accedere all’indennità è aver effettuato, entro il 18 maggio 2022, almeno un versamento totale o parziale con competenza a decorrere dall’anno 2020.

Per ottenere l’indennità gli iscritti interessati dovranno presentare la domanda esclusivamente on line tramite il sito di Cassa, accedendo alla propria posizione personale.

Con un’unica procedura sarà possibile accedere anche all’ ulteriore bonus di 150 € di cui al D.L. “Aiuti Ter” per coloro che abbiano un reddito complessivo 2021 non superiore a 20.000 €, sempre al netto. Nel caso in cui il collega fosse iscritto anche all’Inps la domanda andrà presentata solo a quest’ultimo ente previdenziale.

L’istanza dovrà essere corredata da apposita autocertificazione, con la quale l’iscritto dichiarerà:

  • di essere avvocato, non titolare di pensione;
  • di non aver percepito l’indennità ai sensi dell’art.31 (lavoro dipendente) o art.32 (pensionato) del DL 50/2022;
  • di essere iscritto alla Cassa ante entrata in vigore DL 50/2022 del 18.5.2022;
  • di non aver presentato domanda ad altro ente previdenziale in caso di iscrizione a più enti.

Inoltre, alla domanda dovrà essere allegata copia di un documento di identità e del codice fiscale. L’indennità sarà corrisposta sulla base dei dati dichiarati dal richiedente e disponibili all’Ente, salvo successiva verifica.

Tale indennità non costituisce reddito ai fini fiscali, né ai fini della corresponsione di prestazioni previdenziali ed assistenziali; non può essere ceduta, né sequestrata o pignorata.

Organizza al meglio la tua mail per risparmiare tempo

Immagini generate da intelligenze artificiali: a chi appartengono?

Organizza al meglio la tua mail per risparmiare tempo

Non ci sono dubbi: le mail sono uno strumento utile per la comunicazione. Tuttavia, potrebbero assorbire molto tempo, se gestite in maniera disorganizzata. Potrebbero, infatti, farti perdere traccia di progetti importanti che devono essere affrontati in maniera urgente.

Individua la strategia migliore

Se usate in maniera appropriata, le mail rappresentano uno strumento di comunicazione veloce e utile. Ma esiste il rischio di restare sopraffatti dalla grande quantità di posta elettronica che si riceve e alla quale si deve rispondere.

Una scrupolosa gestione delle mail potrebbe semplificare di gran lunga il tuo lavoro. Per questo è necessario individuare un’opportuna strategia per gestire le mail in maniera produttiva.

La gestione corretta delle mail ti fa risparmiare tempo e allontanare lo stress. Una casella di posta organizzata male, invece, alimenta alcuni timori personali, come non essere abbastanza veloce o non rispondere a problemi importanti.

Quando controllare le mail

La posta elettronica deve essere organizzata in modo tale da semplificare tutto il lavoro, senza sprofondare nella confusione.

Ci sono alcune strategie che potrebbero migliorare la gestione delle mail. Una di questa è controllare la casella di posta in momenti prestabiliti della giornata, come prima della pausa pranzo o a fine giornata.

Al mattino si è più concentrati, infatti il nostro cervello è fresco e riposato. Questo picco di efficienza dura per 2 o 3 ore al massimo – anche se la maggior parte delle persone non supera 1 ora e 30 minuti. Non è esattamente consigliato, quindi, aprire la casella di posta di primo mattino. Impiegare 30 o 45 minuti per rispondere alle mail significa ridurre moltissimo la nostra concentrazione, sino al 30%.

Cosa “inquina” il nostro cervello

La casella postale, poi, alimenta continuamente preoccupazioni, rabbia e paure che “inquinano” il nostro cervello, alterandone le prestazioni. Forse sarebbe meglio utilizzare le prime due ore della giornata per lavorare sulle attività che hanno maggior priorità. Potresti rispondere alle mail dopo un lungo periodo di lavoro, o nel momento della giornata dove energia e creatività sono al minimo.

Potresti essere preoccupato che colleghi o clienti si infastidiscano se non rispondi velocemente alle mail. Se così fosse, basterà spiegare con tranquillità che hai cominciato a controllare la tua casella di posta soltanto in determinati orari, e che per le urgenze possono chiamarti o scriverti su WhatsApp.

La regola dei due minuti

Utilizza la regola dei due minuti: se pensi che una mail richieda meno di due minuti per la lettura e per una risposta, allora leggila e rispondi subito, anche se non ha la massima priorità.

Se le mail richiedono un tempo superiore ai due minuti, pianifica il compito sul tuo calendario. La maggior parte dei programmi di posta elettronica ti permette di contrassegnare o di evidenziare i messaggi che richiedono una risposta. Utilizza questa funzione tutte le volte che puoi.

Guarda nella tua casella di posta elettronica: quante mail ci sono? Quante sono veramente utili? Spesso ci sono tantissimi messaggi che non vengono cancellati. Forse è ora di cominciare a farlo!

Alcune raccomandazioni

  1. Presta attenzione prima di aderire alle newsletter, con lo scopo di restare informati sulle novità o sulle offerte. Alcune ti permetteranno sicuramente di ottenere le informazioni necessarie – ma la maggior parte delle volte si riceveranno messaggi inutili;
  2. Isola la casella di posta, eliminando la modalità continua: infatti, sapere che è arrivato un nuovo messaggio potrebbe farti accumulare stress. Il segnale acustico che arriva quando si riceve una mail fa scattare nella mente un’immensità di scenari. Chi sarà? Il capo, un cliente o un collega? Ovviamente i pensieri non si fermeranno, fino a quanto non avrai controllato la nuova mail;
  3. Imposta il tuo software di posta elettronica affinché tu riceva i messaggi soltanto in alcuni orari. Se il software non ti consente di attivare questa opzione, disattiva le notifiche sonore e visive.

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