concorso magistrati

In arrivo 1300 magistrati, tre commissioni impegnate nei concorsi

Roma, 23 maggio 2024 – A breve 1300 nuovi magistrati al lavoro negli uffici giudiziari, per assicurare una sempre più efficace risposta di giustizia ai cittadini.  Procedono verso la conclusione le operazioni concorsuali nelle quali sono contemporaneamente impegnate tre commissioni esaminatrici.

Dalle ore 15 di oggi sono affissi all’albo del Ministero della Giustizia, nella sede di via Arenula, i risultati delle prove scritte del concorso a 400 posti indetto con decreto ministeriale 18 ottobre 2022. Sui 7374 partecipanti, 3147 candidati hanno consegnato la busta con gli elaborati il terzo giorno, 549 sono stati valutati idonei alle prove scritte e le prove orali inizieranno il 1° luglio 2024.

Proseguono le altre procedure concorsuali in atto con le prove orali del concorso a 500 posti indetto con decreto ministeriale 1° dicembre 2021 (626 i candidati ammessi, sui 3606 che hanno consegnato le prove scritte) e la correzione delle prove scritte del concorso a 400 posti indetto con bando 9 ottobre 2023 (sono 2237 i candidati in valutazione da parte della commissione).


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La crisi del personale nella giustizia: un dipendente su quattro mancante

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La crisi del personale nella giustizia: un dipendente su quattro mancante

Il sistema giudiziario italiano sta affrontando una crisi significativa a causa della carenza cronica di personale amministrativo. Un comunicato del Movimento Forense, firmato dalla presidente nazionale avv. Elisa Demma, denuncia che attualmente manca un dipendente su quattro rispetto alla dotazione organica prevista. Questo deficit, riscontrato al 1° marzo 2024, rischia di compromettere seriamente l’efficienza della giustizia.

Nonostante le numerose discussioni sulle riforme, il PNRR, la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale, pochi si soffermano sulle carenze strutturali che affliggono l’amministrazione giudiziaria. Secondo i dati ufficiali pubblicati dal Ministero della Giustizia, la situazione è allarmante: il personale amministrativo e dell’Unep è significativamente sottodimensionato.

Gli avvocati, da sempre umanisti, si trovano costretti a leggere e interpretare numeri che dimostrano una realtà preoccupante. Infatti, secondo l’art. 16 del d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lgs. 97/2016, le pubbliche amministrazioni devono pubblicare il conto annuale del personale e delle relative spese sostenute, includendo i dati sulla dotazione organica e sul personale effettivamente in servizio. La consultazione di questi dati sul sito del Ministero della Giustizia rivela che il personale è al 75% della sua capacità prevista.

La carenza di personale ha gravi ripercussioni sulla macchina della giustizia. Alcuni uffici, in particolare quelli del Giudice di Pace, sono vicini al collasso. Questo problema non è nuovo: il Movimento Forense ha ripetutamente sottolineato nei consessi istituzionali che qualsiasi riforma è inutile senza adeguate dotazioni organiche. La giustizia si fonda su persone – magistrati, personale di cancelleria, funzionari – il cui numero si riduce sempre più, minacciando la stabilità del sistema.

È imperativo, secondo il Movimento Forense, che i finanziamenti del PNRR siano utilizzati per bandire nuovi concorsi e incrementare la dotazione organica. Solo così si potrà rafforzare e accelerare il funzionamento della giustizia.

La giustizia è un pilastro fondamentale dello Stato di Diritto e della Democrazia Liberale, influenzando l’economia interna ed esterna del Paese. I numeri sono importanti, ma ancora di più lo sono le persone che essi rappresentano. Per questo motivo, il Movimento Forense sollecita il Ministero della Giustizia a prendere provvedimenti immediati per garantire una corretta ed efficiente amministrazione della giustizia.

“L’avvocatura – si legge in nota – è stanca di vuoti proclami e della retorica politica. È il momento di passare dalle parole ai fatti, investendo nel capitale umano su cui si basa l’intero sistema giudiziario”.


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Accesso abusivo a carta Postepay: Cassazione conferma reato

Il 65% degli studenti italiani utilizza ChatGpt

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Accesso abusivo a carta Postepay: Cassazione conferma reato

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20316 del 22 maggio 2024, ha confermato la configurabilità del reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico nel caso di un soggetto che, procurandosi le credenziali della carta Postepay di una persona, accede all’area riservata per la gestione della stessa.

Secondo la Corte, l’area riservata della carta Postepay, in quanto componente del sistema informatico di Poste Italiane, rappresenta un “domicilio informatico” tutelato dall’articolo 615-ter del codice penale. Tale norma protegge lo spazio virtuale di esclusiva pertinenza di una persona fisica o giuridica, paragonandolo al domicilio fisico.

L’introduzione non autorizzata nell’area riservata della carta Postepay, da parte di chi non ne ha diritto, configura quindi una condotta lesiva sia nei confronti del titolare della carta, sia nei confronti di Poste Italiane, in quanto gestore del sistema informatico. Pertanto, entrambi i soggetti possono sporgere querela per il reato di accesso abusivo.

La sentenza della Cassazione ribadisce l’importanza della tutela della privacy nel mondo digitale e conferma la centralità del domicilio informatico come spazio protetto da intrusioni illegittime.


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Il 65% degli studenti italiani utilizza ChatGpt

Strage di Capaci, Nordio a Palermo per il 32° anniversario

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Il 65% degli studenti italiani utilizza ChatGpt

L’intelligenza artificiale si sta diffondendo sempre di più tra gli studenti italiani. Secondo una recente ricerca di TGM Research per NoPlagio.it, il 65% degli studenti italiani con età compresa tra 16 e 18 anni usa ChatGPT o simili per scrivere saggi e fare compiti.

Sono stati coinvolti, nello studio, oltre 1000 studenti italiani, ed è emerso che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle scuole, ormai, è all’ordine del giorno.

In particolare:

  • Il 65% degli studenti utilizza l’intelligenza artificiale per scrivere saggi e fare compiti;
  • Il 71% la utilizza per ricercare informazioni;
  • Il 33% per apprendere nuovi concetti;
  • Il 18% per rispondere correttamente ai test;
  • Il 21% la utilizza in veste di assistente personale.

Dichiara uno dei fondatori di NoPlagio.it, Chorst Klaus: «Non intendiamo demonizzare l’uso dell’IA, ma promuoverne l’uso consapevole per contrastare l’ignoranza che potrebbe colpire i nostri ragazzi. Gli stessi insegnanti dovrebbero essere i primi ad approfondire la materia per guidare i ragazzi verso un utilizzo corretto dell’IA».

Emergono, comunque, anche preoccupazioni, poiché il 64% degli studenti italiani ha timore dell’utilizzo illimitato di questo strumento.

L’intelligenza artificiale viene utilizzata maggiormente a Napoli, Torino, Milano e Roma, in maniera maggiore dai sedicenni. Soltanto il 4% degli studenti vede negativamente gli strumenti di IA.

L’Italia non è l’unico paese ad utilizzare l’IA ai fini educativi: anche la Germania e la Spagna fanno ampio uso di questo strumento, rispettivamente al 63% e al 70%.


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Strage di Capaci, Nordio a Palermo per il 32° anniversario

La PEC è sempre più importante

strage capaci

Strage di Capaci, Nordio a Palermo per il 32° anniversario

Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sarà domani – 23 maggio – a Palermo per la ‘Giornata della legalità’ in ricordo di tutte le vittime delle mafie, nel 32° anniversario della strage di Capaci, dove persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.

La giornata inizierà con l’inaugurazione a Palazzo Jung del “Museo del presente e della memoria della lotta alle mafie”, voluto dalla Fondazione Falcone, presieduta dalla sorella del magistrato ucciso, Maria Falcone.

Nel pomeriggio il Guardasigilli Nordio si recherà all’Albero Falcone, dove alle 17:58 sarà osservato un minuto di silenzio, all’ora esatta della strage.


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La PEC è sempre più importante

L’UCPI interviene alla Corte EDU nel caso “Cavallotti e riuniti vs Italia”

pec aruba

La PEC è sempre più importante

Gli italiani sono soddisfatti della PEC. Circa 4 milioni di persone hanno già effettuato il riconoscimento dell’identità, ovvero il primo passo per essere conformi allo standard europeo.

Secondo l’ultima Survey di Aruba, effettuata su un campione di 1.200 clienti, è emerso che il 62% degli utenti ha una casella Pec da più di cinque anni, e soltanto il 2,6% ha cominciato ad utilizzarla nel corso dell’ultimo anno.

Tra non molto la Pec uscirà dal nostro Paese: infatti, diventerà legale in tutta Europa. Secondo il 25% degli intervistati, questa novità comporterà innumerevoli benefici.

Leggi anche: La PEC diventa europea: quali saranno le conseguenze?

Il vantaggio di questo strumento non riguarda soltanto i singoli utenti, ma anche l’ecosistema in sé: infatti, la Pec, tra il 2023 e il 2026 produrrà 2,5 miliardi di euro, contando 20 milioni di caselle attive.

Utilizzare la Pec significa evitare di recarsi negli uffici postali e negli uffici pubblici, eliminando, in media, 349 milioni di km di tragitti e 107.000 tonnellate di CO2.

Commenta il Direttore Marketing Aruba, Gabriele Sposato: «La Pec si conferma un pilastro fondamentale nella comunicazione digitale in Italia e si prepara ad esserlo anche in Europa. I risultati della nostra survey confermano il suo valore, con l’86% degli intervistati che si dice pienamente soddisfatto dello strumento. Il nostro obiettivo è quello di continuare ad accompagnare gli utenti nel loro processo di digitalizzazione, offrendo soluzioni innovative, utili e che siano di supporto nel quotidiano a persone, professionisti ed imprese».

Per consultare la survey Aruba, clicca il link seguente: Survey Aruba

 

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L’UCPI interviene alla Corte EDU nel caso “Cavallotti e riuniti vs Italia”

Rapina impropria: la Consulta dichiara incostituzionale la pena fissa per fatti di lieve entità

cavallotti e riuniti vs italia

L’UCPI interviene alla Corte EDU nel caso “Cavallotti e riuniti vs Italia”

L’Unione delle Camere Penali Italiane (UCPI) ha ottenuto un importante riconoscimento dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) nel caso “Cavallotti e riuniti vs Italia”. La Corte ha infatti autorizzato l’UCPI a intervenire come terza parte nel procedimento, che riguarda la possibile violazione degli articoli 6 § 1, 7 e 1 del Protocollo 1 della CEDU in materia di misure di prevenzione, sia personali che reali.

Si tratta di un caso pilota che riguarda una materia, quella della prevenzione, su cui l’UCPI ha da tempo denunciato i contrasti con i principi costituzionali e convenzionali di presunzione di innocenza, diritto di difesa, giusto processo e protezione della proprietà privata.

L’invito della Corte EDU rappresenta un importante riconoscimento del ruolo dell’UCPI quale soggetto qualificato a fornire un contributo al processo decisionale della Corte di Strasburgo.

L’intervento dell’UCPI

Nel caso “Cavallotti e riuniti vs Italia”, l’UCPI ha depositato osservazioni scritte per coadiuvare la Corte EDU nell’adozione della sua decisione. Le osservazioni si concentrano su tre quesiti principali:

  • Se l’applicazione della confisca, in assenza di un accertamento formale di colpevolezza e dopo l’assoluzione degli interessati dall’accusa di associazione mafiosa, integri una violazione della presunzione di innocenza.
  • Se la confisca di prevenzione debba essere considerata una “sanzione penale” ai sensi dell’articolo 7 della CEDU e, in caso affermativo, se vi sia stata una violazione dell’articolo 7 in ragione dell’assoluzione nel processo penale.
  • Se la confisca di prevenzione sia compatibile con l’articolo 1 del Protocollo addizionale alla CEDU e se l’interferenza nel diritto di proprietà risulti fondata su una base legale sufficientemente precisa e rispettosa del parametro della prevedibilità, oltre che necessaria e proporzionata.

Le argomentazioni dell’UCPI

L’UCPI sostiene che l’applicazione della confisca di prevenzione in assenza di un accertamento formale di colpevolezza viola la presunzione di innocenza. Sostiene inoltre che la confisca di prevenzione ha natura marcatamente sanzionatoria e rientra a pieno titolo nelle nozioni autonome di materia penale e di pena. Di conseguenza, l’UCPI ritiene che la confisca di prevenzione applicata agli imputati assolti nel processo penale abbia violato l’articolo 7 della CEDU.

L’UCPI critica inoltre il meccanismo applicativo della confisca di prevenzione, che prevede una inversione dell’onere della prova a carico dell’interessato. Sostiene inoltre che il procedimento applicativo delle misure di prevenzione non risponde agli standard minimi del giusto processo.


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Rapina impropria: la Consulta dichiara incostituzionale la pena fissa per fatti di lieve entità

L’Osservatorio Corte costituzionale UCPI accoglie con favore la sentenza n. 86 del 15 maggio 2024, con cui la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 628, co. 2 c.p., che puniva la rapina impropria con una pena minima di sei anni di reclusione, anche in caso di fatti di lieve entità.

La Consulta ha rilevato che la norma violava il principio di proporzionalità della pena (art. 3 e 27, co. 1 e 3 Cost.) e il principio di individualizzazione della pena. Infatti, la pena fissa non consentiva al giudice di tenere conto delle circostanze concrete del fatto, come il valore esiguo della refurtiva o le modalità non violente della condotta.

L’Osservatorio sottolinea che la decisione della Corte è in linea con l’orientamento giurisprudenziale recente che sanziona le pene sproporzionate. La pronuncia rappresenta un passo avanti importante verso un sistema penale più giusto e proporzionato.


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Avvocati e coworking: il futuro è flessibile e collaborativo

Sempre più avvocati e professionisti in genere scelgono di abbandonare i classici schemi lavorativi in favore di soluzioni più moderne e flessibili, che permettono di abbattere i costi e al contempo di beneficiare di una rete di contatti e opportunità di collaborazione.

Lavorare da casa e coworking: un binomio vincente

In questa nuova tendenza, un ruolo chiave è giocato dal lavoro da casa, che offre agli avvocati la possibilità di gestire la propria attività in modo autonomo e svincolato da orari e spazi fissi. Questo si traduce in un risparmio significativo in termini di affitto, utenze e altri costi fissi legati alla gestione di uno studio tradizionale.

Tuttavia, lavorare in un ambiente domestico può avere i suoi svantaggi. Ecco perché il coworking si sta rivelando una soluzione sempre più apprezzata. Si tratta di spazi di lavoro condivisi, dove professionisti di diverse discipline possono incontrarsi, scambiare idee e collaborare a progetti comuni.

I vantaggi del coworking per gli avvocati

I benefici del coworking per gli avvocati sono molteplici:

  • Riduzione dei costi: l’utilizzo di uno spazio di coworking è generalmente più economico rispetto all’affitto di un ufficio tradizionale.
  • Flessibilità: gli avvocati possono scegliere di lavorare in coworking solo quando ne hanno bisogno, senza dover sottoscrivere contratti a lungo termine.
  • Networking: il coworking offre l’opportunità di conoscere e confrontarsi con altri professionisti, favorendo la creazione di nuove sinergie e collaborazioni.
  • Produttività: lavorare in un ambiente stimolante e circondati da persone motivate può aumentare la concentrazione e la produttività.
  • Innovazione: il coworking è spesso associato a un ambiente di lavoro innovativo e creativo, che può favorire l’adozione di nuove tecnologie e metodologie di lavoro.

La diffusione del coworking nel mondo delle professioni legali è stata favorita anche dall’impegno di alcuni Ordini degli Avvocati e di Cassa Forense, che hanno messo a disposizione degli iscritti spazi di coworking dedicati.

Inoltre, in alcuni palazzi di giustizia sono stati allestiti spazi adatti al coworking, con l’obiettivo di fornire agli avvocati un luogo di lavoro confortevole e funzionale, dove potersi incontrare con i colleghi e i clienti.


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genitori con bambino

Minori: tutela rafforzata contro i pregiudizi, Cassazione e riforma Cartabia

La Corte Suprema di Cassazione, con sentenza n. 20004 del 20 maggio 2024, ha ribadito e rafforzato il diritto del minore a non subire pregiudizi, ponendo la sua tutela al centro di ogni decisione, soprattutto in fase di separazioni e divorzi.

Priorità alla tutela del minore

Questo principio è stato ulteriormente rafforzato dalla cosiddetta riforma Cartabia (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), che ha introdotto una sezione del codice di procedura civile dedicata alla “violenza domestica o di genere” (artt. 473-bis, 40-46 c.p.c.).

L’obiettivo è quello di garantire che la tutela del minore sia sempre prioritaria rispetto a qualsiasi altro interesse, anche quello del genitore che ha commesso atti di violenza.

Corte EDU: misure efficaci per la protezione dei minori

La stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), nella sentenza I.M. e altri c. Italia del 10 novembre 2022, ha sottolineato l’obbligo degli Stati di adottare misure efficaci per proteggere i minori da atti di violenza.

Questo include la prevenzione dei maltrattamenti, la garanzia di una protezione adeguata e l’accertamento delle responsabilità.


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