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Crescono le truffe attuate con l’IA

La nuova frontiera del crimine informatico è ormai ben chiara: sta prendendo sempre più piede, infatti, il deepfake, ovvero la generazione attraverso l’IA di audio o video falsi, ma decisamente credibili.

Spesso questi contenuti vengono utilizzati per sfruttare il volto e/o la voce di personalità importanti, allo scopo di ingannare le persone e truffarle.

Non si tratta sempre di contenuti generati da hacker professionisti, anzi: l’intelligenza artificiale, infatti, semplifica questo lavoro anche per i meno esperti.

Uno dei casi più eclatanti si è verificato lo scorso febbraio, a Hong Kong. Un dipendente di un’importante società finanziaria si è fatto convincere da un video deepfake, proveniente da un suo “superiore”, ad effettuare 25 milioni di dollari di bonifico.

Casi del genere stanno aumentando sempre più, colpendo aziende in tutto il mondo. Secondo il Center for Financial Services di Deloitte, le truffe deepfake create con l’IA potrebbero raggiungere 40 miliardi di dollari entro il 2027.

Nel 2023, negli Stati Uniti l’FBI ha ricevuto 880mila denunce di tentativi di truffa con l’IA, mentre in Europa si stima che questo tipo di attacchi siano cresciuti del 780%. Il 6,8% sarebbe avvenuto in Italia.

Per questi motivi le aziende si trovano in una situazione di massima allerta: le truffe basate su queste tecnologie, oltre ad incidere sui bilanci, minacciano anche la fiducia del cliente.

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Ma come possiamo difenderci da questi pericoli? Secondo gli esperti, l’unico modo per combattere le truffe basate sull’IA è la stessa IA.

Alcune banche utilizzano il Large Language Model (LLM) per rilevare i tentativi di furto. HSBC, per esempio, ha investito molto sugli strumenti di IA che rilevano e prevengono le frodi, grazie a sistemi che analizzano e segnalano le anomalie.

Il pericolo deepfake è qualcosa che crea molta preoccupazione, e tutti noi dobbiamo prestare tantissima attenzione a non cadere vittime di queste truffe.

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Carceri, presentato gruppo di intervento operativo polizia penitenziaria

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polizia sorveglianza

Carceri, presentato gruppo di intervento operativo polizia penitenziaria

Si è tenuta ieri, presso la Sala Manzo del Ministero della Giustizia, la conferenza stampa di presentazione del Gruppo d’Intervento Operativo (GIO) della Polizia Penitenziaria.

Il GIO, creato con decreto ministeriale del 14 maggio 2024, è un reparto di rapida reazione operativa, specializzato nella protezione e tutela della sicurezza delle strutture penitenziarie e delle persone in caso di rivolta in carcere.

Il Sottosegretario Delmastro dichiara: “Sono particolarmente orgoglioso di aver presentato il GIO, il Gruppo d’Intervento Operativo, un gruppo specializzato di Polizia Penitenziaria, equipaggiato in maniera eccezionale e particolare che interverrà in tutti gli istituti penitenziari in caso di emergenze, criticità, sommosse e rivolte non fronteggiabili diversamente.

Si tratta di ripristinare ordine, legalità e sicurezza a tutela e a vantaggio degli uomini e delle donne della Polizia Penitenziaria, degli educatori e degli psicologi, ma anche dei detenuti che non possono essere ostaggio dei più violenti e dei più riottosi.

Abbiamo creato un Gruppo di pronto intervento che sarà chiamato a risolvere eventi critici in primis con la negoziazione e, solo successivamente, applicando le tecniche operative necessarie per contenere la rivolta.

Molto spesso, come gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria indossano gli equipaggiamenti antisommossa si contengono le rivolte. Grazie al GIO vogliamo scongiurare quel precipizio che non siamo riusciti a scongiurare nel marzo del 2020, quando scoppiarono violentissime rivolte nei nostri istituti che hanno causato più di 30 milioni di danni che alcune autorevoli fonti ritengono essere state etero-dirette dalla criminalità organizzata.”

Alla conferenza stampa hanno partecipato il Sottosegretario di Stato alla Giustizia con delega alla Polizia Penitenziaria Andrea Delmastro delle Vedove, il Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovani Russo, il Vice Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Lina Di Domenico e il Primo Dirigente di Polizia Penitenziaria, Direttore del GIO, Linda De Maio.

 


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Pubblicato in GU il decreto interministeriale dell’11/04/2024 circa le “Modalità di collocazione e uso dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui all’art. 142 del decreto-legge 285 del 1992”. Il decreto è ufficialmente in vigore dallo scorso 28 maggio.

I tratti di strada sui quali gli autovelox possono essere utilizzati devono essere individuati mediante un provvedimento del prefetto e devono essere segnalati 1 km prima dei centri abitati.

È stata fissata anche la distanza minima che dovrà essere presente tra un dispositivo e un altro.

Gli autovelox non potranno essere utilizzati nei punti in cui:

  • Il limite di velocità è inferiore a 50 km/h;
  • Nelle strade urbane;
  • Nelle strade extraurbane se il limite di velocità è ridotto di più di 20 km/h rispetto a quanto previsto per quella tipologia di strada.

L’utilizzo di dispositivi all’interno di un veicolo in movimento può essere consentito soltanto in presenza di contestazione immediata: in caso contrario, ci dovranno essere postazioni visibili, fisse o mobili.

Per tutti gli autovelox già installati prima del 28 maggio, non ancora conformi alla nuova normativa, ci saranno 12 mesi per adeguarsi alle nuove regole. In caso contrario, al termine dei 12 mesi, verranno disinstallati.

Per maggiori informazioni è possibile consultare il decreto in GU al seguente link: DECRETO 11 APRILE


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usucapione

Cassazione, la presunzione di possesso per usucapione: quando non opera

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 15065 del 29 maggio 2024, ha fatto chiarezza sui limiti della presunzione di possesso utile ad usucapione, stabilita dall’articolo 1141 del codice civile.

Quando non si applica la presunzione:

La presunzione di possesso utile ad usucapione non può essere applicata quando la relazione con il bene non deriva da un atto volontario di acquisizione, ma da un’azione o un fatto iniziale del proprietario-possessore. Un esempio è la mera convivenza nell’immobile con il proprietario: in questo caso, non è sufficiente per far presumere il possesso utile ad usucapione.

Come la detenzione diventa possesso:

Nei casi sopracitati, la detenzione può trasformarsi in possesso solo con un atto di interversione. Questo atto deve essere:

  • Esteriore: deve essere percepibile da terzi.
  • Rivolto contro il proprietario: deve essere tale da fargli comprendere che il possesso è cambiato.
  • Inequivocabile: deve essere chiaro che il detentore ha la volontà di possedere il bene in nome proprio.

Valutazione del giudice di merito:

Spetta al giudice di merito valutare se, in concreto, si è verificato un atto di interversione del possesso. Questa valutazione è rimessa al suo giudizio discrezionale e non può essere contestata in sede di legittimità, se è logica e congruamente motivata.

Esempio:

Tizio vive da anni nella casa di Caio, con il suo consenso. Tizio non ha mai compiuto alcun atto di interversione del possesso. Pertanto, Tizio non può usucapire la casa di Caio.

La presunzione di possesso utile ad usucapione è uno strumento importante per acquisire la proprietà di un bene per usucapione. Tuttavia, è fondamentale ricordare che questa presunzione non è applicabile in tutti i casi. In particolare, non si applica quando la relazione con il bene non deriva da un atto volontario di acquisizione, ma da un’azione o un fatto iniziale del proprietario-possessore. In questi casi, la detenzione può trasformarsi in possesso solo con un atto di interversione.


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logo organismo congressuale forense

Riforma giustizia, OCF: “E’ la strada giusta”

“Il Governo ha preso la giusta strada, l’introduzione di due Consigli della Magistratura, rispettivamente per quella giudicante e per quella requirente, è opportuna ed è garanzia di indipendenza. Giudichiamo positivamente che il Governo non abbia inteso agire sul tema dell’obbligatorietà dell’azione penale, che avrebbe zavorrato la riforma. Confidiamo e auspichiamo che si proceda celermente poi con la previsione dell’avvocato in Costituzione, che sarebbe la realizzazione di un’altra storica battaglia dell’Avvocatura”.

Lo dichiara il Coordinatore dell’Organismo Congressuale Forense, Mario Scialla.

“Grazie al ministro Nordio per aver mantenuto l’impegno assunto, un ringraziamento anche da parte dei cittadini, perché stiamo andando verso un giusto processo, con un giudice terzo. Una riforma epocale, che comporta una notevole assunzione di responsabilità anche da parte degli avvocati, ma siamo pronti.

Anche se non c’è il dettato normativo dell’avvocato in Costituzione, il Ministro Nordio si è impegnato in questo senso e siamo certi che manterrà le sue promesse. Bene i due CSM: è stato comunque sancito il principio della autonomia e della indipendenza della magistratura e pertanto la magistratura non potrà avanzare pretese. Ora andiamo avanti per una giustizia giusta, con il riconoscimento esplicito, oltre all’avvocato in Costituzione, anche della responsabilità dei magistrati nello svolgimento delle loro funzioni”.

Lo dichiara il segretario dell’Organismo Congressuale Forense (OCF), Accursio Gallo.

 


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Riforma giustizia, amarezza avvocati Roma per la bozza

Amarezza da parte dell’Ordine degli Avvocati di Roma per il mancato riferimento, nella bozza di riforma costituzionale, all’inserimento del ruolo dell’Avvocatura in Costituzione.

“Stando alle indiscrezioni circolate in queste ore – il commento a caldo del Presidente del COA Roma Paolo Nesta –  nella bozza non vi sarebbe alcun riferimento all’avvocatura”.

Viceversa, secondo quanto annunciato, la figura dell’avvocato nella Carta avrebbe avuto “una menzione autonoma come elemento strutturale della giurisdizione”. “Si tratterebbe di una occasione persa – la conclusione del Presidente Nesta – ci sono tuttavia margini per intervenire ancora: ci auguriamo che si possa tornare all’impostazione iniziale, che riconosce il valore e il ruolo dell’Avvocatura, annunciata a suo tempo dallo stesso Governo”

 


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persona felice

L’Ufficio per il processo accelera la giustizia civile: la ricerca Banca d’Italia – Ministero della Giustizia

Roma, 30 maggio 2024 – Ufficio per il processo, acceleratore della giustizia civile.

I dati parlano chiaro: l’assunzione degli addetti Upp prevista dal Pnrr ha avuto un impatto positivo sulla definizione dei processi, soprattutto i più complessi, con riflessi positivi anche sull’abbattimento dell’arretrato e la riduzione dei tempi.

Sono i risultati del lavoro “Gli effetti dell’ufficio per il processo sul funzionamento della giustizia civile” condotto da un gruppo di ricercatori del Ministero della Giustizia e della Banca d’Italia nell’ambito di un accordo di collaborazione per la valutazione dell’impatto delle misure del Pnrr.

Si stima che dall’immissione del primo gruppo di addetti Upp, nel primo trimestre 2022, alla fine del 2023, i tribunali che hanno ricevuto un numero maggiore di addetti hanno registrato una variazione nel numero dei procedimenti definiti di circa 4 punti percentuali più elevata; per i procedimenti più complessi la variazione è di circa 10 punti percentuali.

L’incremento complessivo di definizioni è valutabile in circa 100.000 procedimenti civili all’anno, pari a circa 1/3 dell’arretrato 2019.

Il contributo degli addetti risulta essere maggiore nei tribunali che prima della pandemia avevano già livelli di produttività elevata, segno che gli uffici con maggiore capacità organizzativa hanno saputo sfruttare meglio le nuove risorse.

L’analisi ha potuto mettere in luce solo gli effetti di breve periodo, nella consapevolezza che solo in un orizzonte temporale più lungo sarà possibile osservare a pieno i benefici – in termini di quantità e qualità – di una nuova organizzazione del lavoro all’interno degli uffici giudiziari.

La ricerca – curata da Mario Cannella, Marialuisa Cugno, Sauro Mocetti, Giuliana Palumbo, Gianluca Volpe – sarà pubblicata a breve.

 


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Riorganizzazione del Ministero della Giustizia: rafforzata l’informatica e la transizione digitale

Roma, 29 maggio 2024 – Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, ha approvato un nuovo regolamento che modifica il Regolamento di riorganizzazione del Ministero della Giustizia, emanato nel 2015.

L’obiettivo è quello di potenziare l’efficacia e l’efficienza dell’azione del Ministero in materia di informatica e transizione digitale.

Vengono infatti istituite due nuove strutture:

  • Un’unità di livello dirigenziale generale con il compito di sovrintendere all’innovazione tecnologica e alla digitalizzazione dei servizi.
  • Un ufficio di livello dirigenziale non generale dedicato alla gestione infrastrutturale.

Inoltre, il provvedimento rafforza le competenze del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, adeguando la sua dotazione organica alle nuove esigenze.

Le novità in sintesi:

  • Istituzione di un’unità di livello dirigenziale generale per l’informatica e la transizione digitale;
  • Creazione di un ufficio di livello dirigenziale non generale per la gestione infrastrutturale;
  • Potenziamento delle competenze del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità.

Misure attuative della Legge di Bilancio 2024:

Il nuovo regolamento rappresenta un’attuazione concreta di quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2024 (legge 30 dicembre 2023, n. 213), che aveva posto l’obiettivo di modernizzare il Ministero della Giustizia e renderlo più efficiente nella gestione dei servizi digitali.


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stretta di mano tra persone

Gli avvocati che diffondono la cultura del pro bono legale in Italia si incontrano a Milano

Milano  –   L’accesso alla giustizia è uno dei principi fondamentali della democrazia: non si tratta, infatti, solo di un diritto costituzionalmente garantito, ma di un caposaldo della civile convivenza, che consente alle persone di far valere i loro diritti nei tempi previsti dalla legge e davanti  alle autorità competenti. Ci sono però realtà e individui che, per ragioni differenti, faticano ad avere accesso alla giustizia, spesso per mancanza di risorse.

Sin dalla sua fondazione nel maggio 2017, l’Associazione Pro Bono Italia ETS (“PBI”) si prefigge di colmare questo “vuoto”, promuovendo lo sviluppo di una cultura dell’assistenza legale volontaria e gratuita in favore di organizzazioni non profit e persone svantaggiate. Oggi l’Associazione è composta da oltre cinquanta associati ed una rete (in costante crescita) di circa mille persone, tra avvocati, studi legali, giuristi d’impresa, associazioni forensi accademici e non-profit.

La sua attività si concretizza nell’organizzazione di incontri periodici di approfondimento e formazione e nello smistamento di centinaia di richieste d’assistenza, che transitano su una piattaforma digitale e vengono filtrate dalle due Clearinghouse attive oggi in Italia (facenti capo a PBI e CSVnet) per poi essere prese in carico dagli avvocati della rete.

I servizi erogati da questi ultimi sono prevalentemente di natura stragiudiziale e spaziano dal diritto societario e del Terzo Settore, alla contrattualistica, dalla privacy ai diritti dei detenuti, dal diritto immobiliare, alla tutela di soggetti vulnerabili, come migranti, LGBTQI+ ed attivisti. Dal luglio 2021, da quando è attiva la piattaforma digitale, sono state ricevute oltre 500 richieste, con un “matching rate” – tra richieste pubblicate e prese in carico dagli avvocati della rete – di circa il 90%.

Per fare il punto su queste attività, mercoledì 12 giugno, a Milano (dalle 12 alle 16 – presso lo studio legale Dentons in Piazza degli Affari 1) si tiene un importante appuntamento, organizzato da PBI e aperto alla partecipazione gratuita, il 7° Italy Pro Bono Day. Un’iniziativa parte della European Pro Bono Week che, con eventi in varie città europee, porta alla luce il lavoro svolto dagli avvocati nel sostenere la società civile e le organizzazioni per i diritti umani.

Come spiega il Presidente dell’Associazione Pro Bono Italia ETS, Avv. Giovanni Carotenutoin Italia, come in Europa, gli avvocati sentono la responsabilità professionale, sociale ed etica di dedicare parte del loro tempo e delle loro risorse al bene comune. Questo significa poter dare risposte, serie e competenti, anche a chi non può accedere al patrocinio a spese dello Stato, e resta in grandi difficoltà. Oggi, anche facendo leva sulla tecnologia, siamo impegnati a far sì che il volontariato di competenza rappresentato dal pro bono legale si trasformi in un importante strumento di cambiamento sociale”.

La giornata di lavori si inaugura alle 13, con una Roundtable (la numero 50, con cui si celebrano i primi 10 anni di attività) che vedrà la presentazione di alcune non-profit (tra cui Progetto Itaca, Telefono Rosa e Telethon). A seguire, le relazioni annuali delle Clearinghouse di CSVnet e PBI, un aggiornamento sulle attività del tavolo permanente avvocati-giuristi d’Impresa ed il lancio del tavolo permanente sull’immigrazione, che si occuperà inizialmente di favorire la mobilità lavorativa di rifugiati, migranti e richiedenti asilo nel nostro Paese, grazie al protocollo d’intesa sottoscritto di recente con la NGO Talent Beyond Boundaries.

Nel pomeriggio (ore 14.15) inizia invece il seminario “ll Terzo Settore ai tempi dell’AI. Il ruolo della società civile organizzata, tra rischi e opportunità”, organizzato in collaborazione con I-com (Istituto per la competitività), The Good Lobby e AIGI (Associazione Italiana Giuristi d’Impresa) sul tema dell’intelligenza artificiale, sue applicazioni nel mondo del non-profit, rischi, opportunità e regole.

I relatori (avvocati, docenti universitari, dirigenti di enti e associazioni) commenteranno e condivideranno ricerche ed esperienze, analizzando l’impatto delle nuove tecnologie per il benessere delle comunità e le sue implicazioni legali e sociali. Giovanni Carotenuto, Presidente PBI,  Giuseppe Catalano Presidente AIGI, Stefano Da Empoli, Presidente I-Com, Laura Ferrari, Policy Advisor The Good Lobby, Federico Fusco Partner Dentons, Chiara Giovannini Vice Direttrice Generale ANEC (European consumer voice in standardisation) e i docenti universitari Giusella Finocchiaro (Professoressa di Diritto privato e Diritto di Internet,  Università di Bologna), Andrea Grignolio Corsini (Professore di Storia della Medicina, Università Vita-Salute San Raffaele) e Gianluca Sgueo (Professore di Digital Democracy & Public Spaces, Ecole d’Affaires Publiques di SciencesPo Paris) partiranno dall’analisi dell’Artificial Intelligence Act, di recente approvazione, per parlare dell’impatto sul  piano dei diritti e delle sue possibili ripercussioni sulle attività umane.

 

Francesco Greco

Greco, CNF: “Con la separazione delle carriere si passa da una “cultura della giurisdizione” ristretta ai magistrati, a una “cultura della legalità”

«La separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri costituisce un importante passo avanti verso il giusto processo, previsto dall’art. 111 della Costituzione, perché assicura equidistanza tra accusa e difesa nei confronti del giudice. Inevitabile, dunque, è la previsione dell’istituzione di un Consiglio superiore per la magistratura giudicante e uno per quella requirente, perché mantenere un unico organo di autogoverno finirebbe, nel concreto, per vanificare la separazione delle due carriere. Questi passaggi, che concretizzano il principio costituzionale dell’uguaglianza tra accusa e difesa, contribuiranno a rendere chiara la terzietà del giudice e, dunque, a rafforzare la fiducia nel sistema giudiziario».

Lo dichiara il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Francesco Greco, il quale aggiunge: «un processo penale ideale necessita di un pubblico ministero forte, di un avvocato forte e di un giudice terzo altrettanto forte. Con la separazione delle carriere si passa da una “cultura della giurisdizione” ristretta ai magistrati, ad una “cultura della legalità” comune tra tutte le parti del processo, anche al difensore, e di conseguenza di maggior tutela per i cittadini».


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