Il Consiglio Nazionale Forense (CNF), con la sentenza n. 324/2024 pubblicata il 3 febbraio 2025, ha chiarito un principio rilevante in materia di deontologia forense: la prescrizione civilistica di un diritto inadempiuto non estingue l’illecito disciplinare derivante dalla violazione dell’art. 64 del Codice Deontologico Forense, relativo all’obbligo degli avvocati di adempiere alle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi.
Nel caso esaminato, il CNF ha respinto il ricorso di un avvocato che era stato sanzionato con la sospensione dalla professione per tre anni. Il legale aveva sostenuto che la prescrizione del diritto civile in questione dovesse incidere anche sulla responsabilità deontologica, ma il Consiglio ha ribadito che l’illecito disciplinare, una volta perfezionato, resta soggetto esclusivamente alla prescrizione dell’azione disciplinare e non può essere eliso dall’estinzione del diritto in sede civile.
Pur confermando la rilevanza della violazione, il CNF ha deciso di ridurre la sanzione disciplinare a due anni di sospensione, tenendo conto dell’incensuratezza del professionista e del fatto che, nel procedimento penale a suo carico, per due dei quattro capi d’accusa era intervenuta la prescrizione. Tuttavia, ha ritenuto irrilevante l’asserito stato di bisogno economico dell’incolpato, sottolineando la mancanza di prove concrete a supporto di tale condizione.
La decisione conferma l’orientamento rigoroso del CNF nel garantire il rispetto delle norme deontologiche, indipendentemente dalle conseguenze civili o penali di un comportamento inadempiente.
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