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Giustizia, riforme Cartabia e Pnrr: calano i tempi dei processi e l’arretrato

Roma, 15 maggio 2024 – Prosegue la riduzione della durata dei processi e dell’arretrato, in linea con gli obiettivi concordati con l’Europa. Questo il quadro che emerge dalla Relazione sul monitoraggio statistico degli indicatori PNRR, aggiornata al 2023, curata dalla Direzione generale di statistica e analisi organizzativa (DgSTat) del Dipartimento per la transizione digitale della giustizia l’analisi statistica e le politiche di coesione del Ministero della Giustizia.

I dati annuali del disposition time confermano la tendenza osservata nel I semestre, al netto di fisiologiche oscillazioni dovute all’effetto del periodo feriale. A fine 2023 la riduzione rispetto al 2019 (anno base di riferimento del PNRR) era pari a:

-17,4% nel settore civile

-25,0% in quello penale

Nel confronto con il 2022 la diminuzione è stata piu consistente nel settore penale (-16,6%), ma apprezzabile anche in quello civile (-6,4%).

Nel settore penale il risultato complessivo si conferma in linea con il target PNRR (-25% entro giugno 2026) e beneficia di un aumento dei procedimenti definiti (+3,9% rispetto al 2019). L’aumento delle definizioni ha avuto una accelerazione in Tribunale nell ‘ ultimo anno (+7 ,6% rispetto al 2022) grazie anche all’impatto positivo di alcune delle misure introdotte dalla riforma Cartabia. Nel 2023 il disposition time della Corte di Cassazione ha raggiunto i 110 giorni, un valore inferiore alla media dei paesi del Consiglio d’Europa.

Più contenuto il calo del disposition time in ambito civile, ma si registra il dato positivo del Tribunale che dal 2020 ha aumentato il numero di procedimenti definiti (nell’ultimo anno l’aumento è stato dell’1,6%). Nel 2023 le definizioni del settore civile risultavano però ancora al di sotto di quelle del 2019 sia in Tribunale, sia in Corte di Appello: un dato che andrà monitorato nella prospettiva del raggiungimento dell’obiettivo concordato di riduzione del disposition time complessivo del 40% entro giugno 2026. La Corte di Cassazione presenta un tasso elevato di definizione a fronte di una diminuzione di iscrizioni.
Lo scorso dicembre la Commissione europea ha accolto la proposta di rimodulazione degli obiettivi di abbattimento dell’arretrato civile avanzata dal Ministero. I nuovi accordi prevedono  un obiettivo  intermedio  di  riduzione   del  95%  dell’arretrato  2019  entro  il 31.12.2024 e un obiettivo finale di riduzione, entro il 30.06.2026, del 90% dei procedimenti civili pendenti al 31.12.2022, iscritti dal 01.01.2017 presso i Tribunali e dal 01.01.2018 presso le Corti di Appello.         .
A fine 2023 si registravano i seguenti risultati:

–   Obiettivo intermedio: -85% in Tribunale e -97,1% in Corte di Appello;

–   Obiettivo finale: -50,1% in Tribunale e -43,4% in Corte di Appello.

Lo smaltimento delle pendenze rilevanti ai fini del raggiungimento dell’obiettivo intermedio risulta quindi più che completato per le Corti di Appello e quasi completato per i Tribunali. Tuttavia, per garantire il raggiungimento degli obiettivi finali, sarà cruciale mantenere anche nei prossimi anni una dinamica di smaltimento robusta.

La riduzione dell’arretrato “cosiddetto Pinto” (pendenza ultra-triennale nei Tribunali e ultra-biennale nelle Corti d’appello e quindi a rischio risarcimento per eccessiva durata) rispetto al 2019 è pari al 24,7% in Tribunale ed al 37,7% in Corte di Appello.

Complessivamente i dati confermano lo sforzo importante che gli uffici giudiziari stanno compiendo nell’abbattimento delle pendenze e dell’arretrato, frutto anche dei cambiamenti organizzativi attuati con l’arrivo degli addetti all’Ufficio per il processo.

La Relazione viene inviata alla Commissione europea due volte all’anno; i dati  pubblicati sul sito del Ministero della giustizia.
Il prossimo aggiornamento, relativo al I semestre 2024, verrà pubblicato a ottobre.


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Mamme e avvocate: tra passioni negate e richieste di diritti

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Deposito telematico degli atti: principi di diritto

Cosa dice la Cassazione sul deposito telematico degli atti

La Cassazione ha recentemente chiarito alcuni importanti principi sul deposito telematico degli atti, in particolare in relazione ai ricorsi per cassazione.

1. Deposito del provvedimento impugnato:

  • Per il ricorso per cassazione è necessario depositare una copia autentica del provvedimento impugnato.
  • Questo può essere fatto in due modi:
    • Deposito della copia informatica: la copia informatica del provvedimento deve avere la “stampigliatura solo rappresentativa dei dati esterni” (numero cronologico e data) che ne attesta la pubblicazione.
    • Deposito del duplicato informatico: il duplicato informatico ha lo stesso valore giuridico dell’originale informatico e non può essere alterato.
  • Se i dati di pubblicazione non sono disponibili online, è possibile consultarli nel fascicolo di merito del processo oppure richiederli alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.

2. Deposito di copia analogica di un provvedimento digitale:

  • Se il provvedimento impugnato è stato redatto come documento informatico nativo digitale e depositato telematicamente, è possibile depositare una copia analogica tratta dal duplicato informatico.
  • In questo caso, l’onere di cui all’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. (deposito del provvedimento impugnato) è assolto con l’attestazione di conformità della copia al duplicato apposta dal difensore.
  • Se i dati di pubblicazione del provvedimento impugnato sono in contestazione, è possibile richiederli alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.

Riferimento sentenza: Corte Suprema di Cassazione – Sezione Terza Civile – Sentenza n. 12971 del 13 maggio 2024


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In occasione della Festa della Mamma, la redazione di “Avvocati” è stata inondata da messaggi di mamme avvocate che raccontano le loro esperienze di discriminazione e mancanza di supporto nel conciliare la professione con la maternità. Le loro parole toccanti mettono in luce le disparità di genere ancora troppo presenti nel mondo legale e la necessità di un cambiamento urgente.

Tra le testimonianze più commoventi, quella di Elisa Rigolin: “Auguri anche da chi come me non ce l’ha fatta a conciliare ‘libera’ professione e responsabilità genitoriale e ha rinunciato alla sua passione”. Un sacrificio doloroso che evidenzia la difficoltà di molte donne a trovare un equilibrio tra famiglia e carriera, ostacolate da un sistema che non offre sufficienti supporti e tutele.

Floriana Salamone ribadisce la necessità di un riconoscimento concreto dei diritti all’interno delle aule di tribunale: “Bisogna lavorare ancora tanto per avere riconosciuti anche nelle aule dei tribunali i diritti di mamme lavoratrici (ad esempio legittimo impedimento per malattia bimbo). Auguri mamme.”

Marianna Negro, tra le proposte concrete, chiede l’istituzione di spazi dedicati all’interno dei tribunali: “Una sala giochi/allattamento/cambio del bambino se sia necessario portarlo in tribunale con la mamma.”

Elisa Rigolin, invece, punta su una maggiore flessibilità lavorativa: “La possibilità di lavorare part time. Se si è sole e ci si vuol prendere cura della propria prole, visto che le udienze di solito (eccetto i casi del penale e poco altro) sono di mattina, perché non si può lavorare part time o fino al primo pomeriggio? In un mondo maschile, se non sei fisicamente presente in studio fino almeno alle 19,00, significa che non lavori…”

Romina Cristina D’Agostini, infine, denuncia le carenze nei servizi di supporto alle famiglie: “Diritto di poter usufruire di asili nido ad esempio o di poter vedere rimborsata la spesa per baby sitter ed asili privati perché quelli pubblici non esistono o non hanno posti sufficienti rispetto alle richieste. Il diritto di ottenere la fissazione di una udienza ad orario compatibile con le esigenze di allattamento o cura dei figli. Mi sono vista rifiutare dal Presidente la richiesta di chiamare una delicata causa di separazione giudiziale in prima mattinata per consentire l’allattamento di mia figlia che all’epoca aveva solo 50 giorni di vita.”

Le testimonianze di queste mamme avvocate sono un grido d’aiuto che non può essere ignorato. È necessario un impegno concreto da parte di tutti gli attori coinvolti – avvocati, consigli degli ordini, istituzioni – per garantire alle donne il diritto alla maternità e la parità di opportunità nel mondo del lavoro.


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La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza 12449/2024, ha fatto chiarezza sull’applicazione degli interessi legali e degli interessi moratori.

Differenza tra interessi legali e interessi moratori:

Interessi legali: sono la misura minima di interessi stabilita dalla legge che un debitore deve al creditore in caso di ritardo nel pagamento di una somma di denaro.
Interessi moratori: sono interessi aggiuntivi rispetto agli interessi legali, che scattano quando il debitore è in mora, ovvero è in ritardo nel pagamento a causa di un suo inadempimento. L’applicazione di questi interessi richiede solitamente una specifica clausola contrattuale o una disposizione di legge.

La sentenza chiarisce che:

L’applicazione degli interessi moratori prevista dall’articolo 1284, comma 4, del codice civile non avviene automaticamente come conseguenza dell’applicazione degli interessi legali. Occorre invece una valutazione da parte del giudice che tenga conto delle specifiche circostanze del caso.
Il giudice deve accertare diversi elementi, come la natura dell’obbligazione (contrattuale, extracontrattuale, di lavoro, alimentare, ecc.), la presenza di un accordo valido sull’ammontare degli interessi e la data di inizio dalla quale calcolarli.
Una semplice sentenza che condanni il debitore al pagamento degli “interessi legali” non è sufficiente per riconoscere il diritto agli interessi moratori. Di conseguenza, il creditore non può procedere all’esecuzione forzata per ottenere gli interessi moratori.
Se il creditore vuole ottenere gli interessi moratori, deve richiederli esplicitamente nelle conclusioni rassegnate in giudizio. Inoltre, se la sentenza non riconosce tale diritto, il creditore può impugnare la sentenza stessa.

Questa sentenza sottolinea l’importanza di prestare attenzione ai dettagli specifici di ogni caso per stabilire se si possano applicare gli interessi moratori. I creditori devono assicurarsi di aver richiesto e motivato correttamente la loro pretesa agli interessi moratori per poterne ottenere il riconoscimento.


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Webinar | Lavoro su piattaforme digitali in Europa, Italia, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti

Convegno online il 20 maggio 2024, ore 15-17

La Conferenza dei Giovani Avvocati di Roma, la Commissione di Diritto del Lavoro del COA Roma e AIGA Roma organizzano un webinar sul tema del lavoro su piattaforme digitali con un focus su Europa, Italia, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti.

Programma:

  • Ore 15:00 – Saluti introduttivi
  • Ore 15:30 – Relazioni:
    • Prof. Adriàn Todolì Signes, Università di Valencia: Aspetti di diritto del lavoro comunitario sul lavoro su piattaforme digitali
    • Prof. David Cabrelli, Università di Edimburgo: Il lavoro su piattaforme digitali nel Regno Unito
    • Prof. Michael C. Harper, Boston University: Il lavoro su piattaforme digitali negli Stati Uniti
  • Ore 17:00 – Dibattito
  • Ore 17:30 – Conclusioni

Come partecipare:

L’Iscritto, dopo essersi registrato sul sito https://www.centroformazioneavvocatura.it/first-access/ ed aver ottenuto le credenziali di accesso (operazione che richiede alcune ore), accede alla piattaforma tramite il link: https://www.centroformazioneavvocatura.it/, ove troverà l’elenco degli eventi “in diretta”.

Crediti formativi:

Ai partecipanti saranno riconosciuti n. 3 crediti formativi ordinari.


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Congresso ANM, discorso del Presidente COA Greco: critiche e sostegno per una giustizia umana e indipendente

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Il 36° Congresso ANM si è concluso con il via libera, per acclamazione, alla mozione presentata dal segretario generale ANM Salvatore Casciaro.

Il testo esprime la centralità dell’interpretazione nel contesto giuridico e la necessità di garanzie di libertà interpretativa per preservare la democrazia. La magistratura italiana si impegna a rispettare il principio della sottoposizione del giudice alla legge, ma sottolinea la complessità della normativa e la necessità di interpretazione, specialmente quando ci sono frizioni con principi costituzionali e sovranazionali.

Si denuncia l’eccessiva produzione normativa e la mancanza di chiarezza in alcune aree giuridiche, oltre alla necessità di una maggiore tempestività nelle risposte giudiziarie. Si ribadisce che l’intelligenza artificiale non può sostituire il ruolo umano nel giudicare.

Si discute della libertà interpretativa e dell’imparzialità del magistrato, riaffermando l’importanza della trasparenza nelle motivazioni delle decisioni giudiziarie.

Si esamina il ruolo dei magistrati nel dibattito pubblico, sottolineando l’importanza di comunicare in modo chiaro e responsabile, e si discute della necessità di una cultura condivisa tra giudici, avvocati e pubblici ministeri.

Infine, si esprime l’opposizione dell’Associazione Nazionale Magistrati alla separazione delle carriere e al tentativo di indebolire il Consiglio Superiore della Magistratura, ritenendo che ciò minerebbe l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Si annuncia l’intenzione di informare l’opinione pubblica e mobilitare gli iscritti contro tali riforme.

Testo completo della mozione al link sul sito Associazione Nazionale Magistrati


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Congresso ANM, discorso del Presidente COA Greco: critiche e sostegno per una giustizia umana e indipendente

Il Presidente del Coa, Dario Greco, nel suo discorso al 36° Congresso nazionale dell’Associazione Nazionale Magistrati, inizialmente si è rivolto agli avvocati in tutto il mondo, esprimendo preoccupazione per coloro che vivono situazioni di pericolo, come l’avvocato Tang Jitian, arrestato in Cina nel 2023.

Successivamente, ha ringraziato l’Associazione per aver scelto Palermo come sede del congresso e ha accolto i partecipanti nella città storica, simbolo di giustizia e legalità, ricordando alcuni martiri della giustizia italiana.

Il Presidente ha affrontato poi le problematiche dell’amministrazione della giustizia, evidenziando le carenze strutturali e tecnologiche che ostacolano l’efficienza. Ha criticato le riforme processuali che non affrontano questi problemi e mettono a rischio il contraddittorio nel processo civile.

Ha sottolineato l’importanza di vere riforme che garantiscano il corretto funzionamento dei tribunali e ristabiliscano la fiducia nella giustizia. Ha discusso brevemente sull’introduzione dell’intelligenza artificiale, ma ha ribadito l’importanza dell’umanità nell’interpretazione e nell’applicazione della legge.

Infine, ha espresso il sostegno dell’avvocatura alla difesa dell’indipendenza dei magistrati e criticato l’idea di sottomettere la pubblica accusa ad altri poteri dello Stato. Ha concluso invitando i partecipanti a godere delle bellezze di Palermo.

Riportiamo di seguito l’intervento integrale del Presidente del Coa, Dario Greco, al 36° Congresso nazionale dell’Associazione nazionale magistrati.

“Presidente Santalucia,

mi permetta di andare 30 secondi fuori tema, ma mi sono ripromesso nel corso del 2024, tutte le volte che prendo la parola nella qualità di presidente dell’Ordine degli Avvocati di Palermo, di dedicare un pensiero a tutti gli avvocati nel mondo, in Iran, in Turchia, in Russia, nel Sud-America e purtroppo anche in Italia, che vivono situazioni di pericolo. Oggi vorrei ricordare l’avv. Tang Jitian, che dopo numerosi arresti con l’accusa di “mettere in pericolo la sicurezza nazionale”, è stato arrestato nel novembre 2023 e da allora non si hanno più sue notizie.

Ringrazio a nome dell’Avvocatura palermitana l’Associazione Nazionale Magistrati per avere scelto la città di Palermo quale sede del 36° Congresso nazionale e do il benvenuto a tutte le Magistrate e a tutti i Magistrati qui presenti nella città del sole e del mare, nella città multiculturale, nella città con i suoi secoli di storia, nella città dei martiri della Giustizia e della Legalità, dei tanti (troppi) Magistrati, Cesare Terranova, Rocco Chinnici, Rosario Livatino, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino, ma anche di Libero Grassi, Don Pino Puglisi, Enzo Fragalà, che hanno dato vita per il riscatto della nostra Terra.

Il titolo del vostro Congresso è affascinante e conduce il ragionamento ad alti pensieri, ai massimi sistemi, alla tenuta democratica del nostro vivere civile. E non voglio sottrarmi alla sfida di affrontarli, pure nei pochi minuti del mio intervento di saluto. Ma non posso tralasciare che molto spesso, i veri problemi dell’Amministrazione della Giustizia riguardano l’inadeguatezza degli strumenti con cui quotidianamente ci confrontiamo dentro i Palazzi di Giustizia, che determinano problemi a cui gli operatori possono far fronte soltanto con la buona volontà.

Le strutturali e non contingenti carenze di organico della Magistratura togata ed onoraria, accompagnate molto spesso dall’inadeguatezza delle piante organiche (non rispondenti all’effettivo carico giudiziario delle sedi), la vetustà dei nostri Palazzi di Giustizia, l’obsolescenza e l’arretratezza tecnologica delle strutture informatiche, non trovano risposta se non con inutili e defaticanti riforme processuali, spesso illogiche, se non addirittura controproducenti in termini di efficienza.

La progressiva cartolarizzazione del processo civile, e per certi versi di quello penale, rappresenta un vero vulnus del sacro principio del contraddittorio, visto che la parte processuale è costretta a formulare le sue deduzioni senza conoscere il contenuto di quelle di controparte.

I termini a ritroso, spesso accompagnati da decadenze e preclusioni, ignorano l’esistenza dei sabati e delle domeniche e di tutti i festivi, che se accompagnati dai continui blackout dei server ministeriali, impediscono alle parti di potere correttamente esplicare le loro difese (per 4 giorni questa settimana il PCT nel Distretto di Palermo è stato in tilt).

L’eccessivo ricorso a meri criteri aritmetici nella valutazione dei nostri Giudici, in cui ciò che è importante è la quantità e non certo la qualità della decisione giudiziaria, snatura il vero fine dell’esercizio della giurisdizione, che deve restare sempre quello di fare e dare Giustizia!

In questo senso, Magistrati e Avvocati devono condurre una comune battaglia per far sì che le vere riforme della Giustizia non siano più epocali, ma possano garantire il buon funzionamento delle sedi giudiziarie, eliminando le vere ragioni delle inefficienze e restituendo la corretta fiducia nella Giustizia, in tutti coloro che varcano le soglie dei Tribunali.

Probabilmente l’implementazione dell’Intelligenza Artificiale, di cui ancora non conosciamo le potenzialità, ma neanche le criticità, sarà nei prossimi mesi ed anni talmente travolgente che impedirne l’applicazione sarà temerario. Ma da parte mia ritengo che sia inviolabile il diritto di ogni essere umano di guardare negli occhi colui che decide della sua vita e dei suoi diritti. E al contempo che sia dovere di ogni Giudice guardare negli occhi il destinatario della sua decisione.

Sotto questo profilo l’interpretazione della legge e la sua applicazione al caso concreto non potranno che essere sempre UMANI, perché essi non sono mai una mera operazione matematica o l’applicazione di un algoritmo che possa essere affidata ad una macchina.

Per questo ho sempre ritenuto che i dibattiti sui poteri interpretativi del giudicante siano per lo più fuorvianti: il giudice non può di certo stravolgere la norma giuridica e non potrà mai giudicare contra legem, proprio perché sottoposto soltanto alla legge. Ma come ci ha ricordato ieri il Presidente Tango, la nostra Legge fondamentale è la Carta Costituzionale unitamente alle Convezioni e Trattati Internazionali e dell’Unione, ed essi si contraddistinguono per un valore supremo: la centralità della persona umana. Solo pensare di limitare l’evoluzione del diritto di vivente, anche costituzionale, come detto ieri dal ViceMinistro Sisto, nella costante ricerca di nuovi diritti da parte dell’interpretazione giurisprudenziale, metterebbe in dubbio la struttura democratica del nostro Paese e ci collocherebbe nell’alveo di quei regimi che non garantiscono lo Stato di diritto.

E, al contempo, voglio ribadire a gran voce, forse con tutto il fiato che ho in corpo, che è supremo interesse di tutti, e dell’Avvocatura in particolare, il mantenimento delle guarentigie di autonomia ed indipendenza di tutti i Magistrati, siano essi giudicanti siano requirenti.

Ogni azione che tenda a rafforzare l’indipendenza e l’autonomia dei nostri Magistrati, che ne impedisca l’assoggettamento ad ogni altro potere interno o esterno all’Ordine giudiziario, che ne garantisca l’equa distanza dalle parti in causa, sarà sempre sostenuta dall’Avvocatura.

Ed ogni possibile sottomissione della Pubblica Accusa ad altri poteri dello Stato, specie all’Esecutivo o al solo Ministro della Giustizia, sarà sempre avversata dal mondo forense.

Non voglio affrontare nello specifico il tema della separazione delle carriere, non ci sarebbe il tempo, anche perché dubito che nel nostro Paese, almeno nel corso di questa legislatura, possa essere realizzata.

Ma vi invito a riflettere su alcuni aspetti del problema.

Tacciare tutti coloro che sostengono laicamente l’opportunità di separare le carriere come illiberali antidemocratici, distruttori dello Stato di diritto – come fatto nei giorni scorsi da certa stampa – è pretestuoso e sintomo di un pregiudizio che tutti coloro che fanno parte del mondo della giurisdizione dovrebbero rifiutare.

Per lo più, chi sostiene la separazione, a torto o a ragione, lo fa per rafforzare l’indipendenza e l’autonomia del Giudice e non certo per limitarla.

La percezione in ampi settori dell’opinione pubblica che la comunanza delle carriere sia problematica con riguardo alla terzietà del Giudice è un problema, che deve essere affrontato.

E un’ultima considerazione: da avvocato civilista, se dovessi trovarmi a trattare la mia causa, avendo come controparte un collega del Giudice, avrei enormi difficoltà a spiegare al mio assistito che quel Giudice sarà terzo ed imparziale. Anche perché quando in un processo civile vi è la Parte Pubblica, chi ne persegue gli interessi è sempre un Avvocato. Per questo comprendo l’angoscia dei miei colleghi penalisti. Concludo il mio intervento, rinnovando il benvenuto e invitandovi a godere delle magnifiche bellezza della nostra città”.


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Si è spento nei giorni scorsi Antonio Rossomando, la cui vita è stata un tributo alla professione legale e ai suoi valori più sacri. Un avvocato di antica levatura, Rossomando ha lasciato un’impronta indelebile nell’ambito giuridico nazionale.

Il suo percorso professionale è stato caratterizzato dalla dedizione alla difesa dei diritti e alla giustizia. Membro della Giunta dell’Unione durante gli anni 1987-1990 e Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Torino dal 2001 al 2005, Rossomando ha ricoperto il ruolo di Responsabile dell’Osservatorio Deontologico dei Penalisti Italiani, dimostrando un impegno costante per l’integrità e l’etica nell’esercizio della professione.

Tra i suoi contributi più significativi, va menzionata la sua strenua battaglia per la riforma della difesa d’ufficio e per la regolamentazione del patrocinio a spese dello Stato.

Particolarmente degno di nota è il suo pionieristico approccio ai problemi deontologici derivanti dall’introduzione delle indagini difensive nel procedimento penale.

Tuttavia, quando si riflette sulla figura dell’avvocato Rossomando, emerge soprattutto il suo impegno instancabile per la difesa dei valori fondamentali della professione forense. La sua costante enfasi sull’importanza del ruolo del difensore nella tutela del proprio assistito ha ispirato generazioni di avvocati. Come egli stesso sottolineava, gli avvocati devono condurre la ricerca della prova con la massima professionalità, evitando scorciatoie facili e agendo con scrupolo e correttezza.

Per oltre sessant’anni, Rossomando ha indossato la toga con sobrietà, fermezza e fierezza, rappresentando un faro di integrità e competenza nelle aule di giustizia, nei convegni e nei confronti con colleghi e giudici. Per lui, la toga non era solo un indumento, ma un simbolo dei principi e degli ideali della giustizia, nonché delle tradizioni che uniscono giudici e avvocati. La sua convinzione in un “diritto di toga” coniugato a un “dovere di toga” ha incarnato il suo rispetto per la professione e il suo impegno per il suo miglioramento continuo.


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G7 di Venezia, accordo sulle sfide globali di giustizia

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G7 di Venezia, accordo sulle sfide globali di giustizia

Concluso a Venezia il G7 Giustizia, sotto la presidenza italiana.

L’impegno per l’Ucraina, la creazione del Venice Justice Group per affrontare le sfide globali in materia di giustizia, il contrasto al crimine organizzato, dal narcotraffico alla tratta di esseri umani: questi i principali temi affrontati, nella riunione di due giorni che si è tenuta presso la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista.

Presenti i ministri di Francia, Eric Dupond-Moretti, Germania, Marco Buschmann, Regno Unito, Alex Chalk, Canada, Arif Virani, Giappone, Hiroaki Kadoyama, e Stati Uniti, Merrick Garland. Hanno preso parte ai lavori anche la direttrice Unodc, Ghada Waly, e la vicepresidente della Commissione europea, Vera Jurova. Alla prima sessione dedicata all’Ucraina hanno partecipato il Ministro della Giustizia, Denis Maliuska, e il procuratore Andriy Kostin.

“Confermiamo l’impegno a sostenere le azioni penali volte a garantire l’assunzione di responsabilità per i crimini internazionali commessi in Ucraina”, si legge nella dichiarazione finale del G7 nel capitolo dedicato all’Ucraina. Sono stati accolti con favore gli importanti progressi compiuti nei suoi sforzi di riforma, nello Stato di diritto e nella lotta alla corruzione, intrapresa anche grazie all’istituzione dell’apposita Task force anticorruzione per l’Ucraina (Tokio 2023).

L’incontro di Venezia, il terzo dopo quello di Berlino e Tokio, ha avuto la sua novità principale nella creazione del Venice Justice Group, un organismo che permetterà di rafforzare e coordinare le iniziative dei Paesi del G7 e grazie al quale i vari Ministeri si confronteranno sulle sfide globali, a cominciare dall’Intelligenza Artificiale, per contribuire alla difesa dei sistemi democratici contro disinformazione in rete e tutela dei processi elettorali. A tale scopo, l’Italia ha assunto l’impegno di organizzare la prima riunione tecnica a novembre.

La seconda giornata è stata dedicata al contrasto al crimine organizzato, a cominciare dal narcotraffico e dall’emergenza “drammatica”, come ha detto il Ministro Carlo Nordio, legata al fentanyl: “Gli Usa hanno avuto a causa del Fentanyl una serie di decessi superiori a quelli della guerra in Vietnam, in Canada c’è lo stesso problema e purtroppo come prevedibile la droga si sta diffondendo anche in Europa. In Italia abbiamo avuto il primo esempio di indagine e tutto lascia supporre che ne avremo ancora”.

Altro focus sulla tratta degli esseri umani e sulla migrazione irregolare, nella prospettiva di dare attuazione alla Convenzione di Palermo, ovvero la Convenzione ONU contro la criminalità organizzata transnazionale (UNTOC), e di sostenere il lavoro dell’UNODC.

“Sono stati due giorni di lavoro intenso, estremamente proficuo, che si sono conclusi con una assoluta concordanza di visione su una serie di temi essenziali” ha commentato il Ministro Nordio a conclusione dei due giorni del G7.


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La dura realtà dei praticanti avvocati in Italia: 2,50 euro l’ora per inseguire il sogno di una toga

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La dura realtà dei praticanti avvocati in Italia: 2,50 euro l’ora per inseguire il sogno di una toga

Le testimonianze di una giovane laureata in Giurisprudenza (autrice di una lettera aperta sul portale Fanpage.it) confermano le condizioni di sfruttamento a cui sono sottoposti i praticanti avvocati in Italia.

Stipendi da fame, orari massacranti e nessuna tutela: questa la realtà di chi, dopo anni di sacrifici e dedizione allo studio, si ritrova a dover lavorare per pochi euro l’ora per coronare il sogno di diventare avvocato.

“Non posso contribuire alle spese dell’affitto e non posso fare un doppio lavoro perché vivo le mie giornate in studio”, racconta la giovane donna che ha voluto condividere la sua esperienza con Fanpage.it. La sua storia, purtroppo, non è un caso isolato.

Durante il periodo di praticantato, che dura 18 mesi e che è obbligatorio per poter sostenere l’esame di abilitazione, non è previsto alcun compenso. I praticanti, pur svolgendo un lavoro a tutti gli effetti, sono costretti spesso a lavorare gratuitamente, anche per turni massacranti che arrivano anche a 70 ore settimanali.

La situazione migliora leggermente dopo il praticantato, ma di poco. Gli stipendi dei neo avvocati oscillano infatti tra i 400 e i 500 euro al mese, ben al di sotto della soglia di povertà.

“Sto sostenendo l’esame di abilitazione alla professione forense, ma cosa cambierà nella mia vita se riuscirò ad abilitarmi? L’unica cosa che potrà cambiare, dopo anni di sacrifici buttati al vento, sarà il mio lavoro, nella speranza di poter vivere in maniera dignitosa”, si domanda la giovane donna.

Sfruttamento, mancanza di tutele e un futuro incerto: questa la fotografia di una generazione di giovani laureati in Giurisprudenza che, dopo anni di studio e sacrifici, si ritrova ad affrontare un presente difficile e un futuro incerto.


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