Procede a ritmo sostenuto l’iter parlamentare della riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Approvata dal Consiglio dei ministri a fine maggio 2024, la proposta ha attraversato rapidamente le prime tappe alla Camera, per poi approdare in Senato a gennaio 2025, mantenendo inalterato il testo originario.
Il provvedimento, indicato dal governo tra le priorità di legislatura, ha seguito un percorso caratterizzato da tempi accelerati e da una serie di scelte procedurali non comuni per una revisione della Carta. Tra queste, l’applicazione del cosiddetto “canguro” in commissione, una tecnica regolamentare che consente di far decadere numerosi emendamenti attraverso l’approvazione di uno solo di essi, e l’invio del testo in Aula senza relatore, nonostante i lavori in commissione non fossero ancora completati.
Rispetto alla media di circa 356 giorni necessari per approvare una legge ordinaria, le prime due letture di questa riforma si sono concluse in tempi più brevi. L’obiettivo è concludere l’intero iter entro ottobre 2025, così da consentire, come previsto dalla procedura costituzionale, il ricorso al referendum confermativo privo di quorum nel 2026.
Il passaggio alla Camera e al Senato avviene in copia conforme: il testo approvato in una Camera non può essere modificato nell’altra. Un’impostazione che punta a garantire celerità, ma che ha limitato la possibilità di intervento da parte delle forze politiche, sia di opposizione sia di maggioranza.
Parallelamente all’iter parlamentare, il dibattito pubblico e istituzionale intorno alla riforma rimane acceso. In particolare, il Consiglio Superiore della Magistratura e le associazioni di magistrati hanno espresso osservazioni sul possibile impatto del provvedimento sull’assetto ordinamentale della giustizia.
Il calendario dei lavori parlamentari prevede che la riforma possa concludere il proprio percorso di approvazione entro la fine dell’anno. In questo caso, il referendum confermativo potrebbe essere calendarizzato per il 2026, aprendo così la strada a un’importante consultazione popolare in vista della successiva scadenza elettorale politica.
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