Carmelo Miano, l’hacker arrestato dalla Polizia Postale con l’accusa di aver violato i server del Ministero della Giustizia e di altre grandi aziende italiane, ha ammesso le sue responsabilità durante l’interrogatorio di garanzia.
“Non ho provocato alcun danno”, ha dichiarato, aggiungendo che i sistemi informatici violati erano già “abbastanza disastrati di loro”.
Il suo legale, Gioacchino Genchi, ha sottolineato che le azioni del suo assistito hanno evidenziato le fragilità dei sistemi informatici coinvolti.
L’indagine, coordinata dalla Procura di Napoli, sarà lunga e complessa, come confermato dal procuratore Nicola Gratteri: “Ci sono milioni di file audio, video e documenti da analizzare”, ha detto Gratteri, indicando che i tempi per arrivare a una conclusione non saranno brevi. Nel frattempo, si attende la decisione del giudice per le indagini preliminari (GIP) dopo l’interrogatorio.
Miano, che operava da casa sua nel quartiere Garbatella a Roma, ha ammesso di aver agito da solo e senza mandato di alcuno. Definito da Gratteri un “mago” dell’informatica, l’hacker è riuscito a guadagnare milioni di euro tramite il mercato delle criptovalute. Ora, gli investigatori stanno cercando di verificare eventuali collegamenti tra Miano e i servizi segreti.
L’avvocato Genchi ha presentato un’istanza al Tribunale del Riesame di Napoli, chiedendo l’attenuazione della misura cautelare in carcere, sostenendo che non sussiste né il pericolo di fuga né il rischio di inquinamento delle prove o di reiterazione dei reati. I reati contestati a Miano comprendono l’accesso abusivo aggravato a strutture informatiche e la diffusione di malware, commessi in concorso.
Un altro elemento emerso dall’interrogatorio è l’ammissione di Miano di aver avuto accesso alle caselle di posta elettronica di diversi magistrati, tra cui quelli delle procure di Napoli, Roma, Gela e Brescia. Secondo alcune fonti, avrebbe utilizzato la password di un pubblico ministero per accedere a materiale investigativo. Inoltre, dalle indagini risulta che l’hacker si sarebbe collegato a un portale russo dove si scambiano dati sensibili, tra cui password e informazioni bancarie.
A complicare ulteriormente la posizione di Miano c’è un procedimento per riciclaggio a suo carico, pendente presso la procura di Gela dal 2021. In quel caso, la Guardia di Finanza aveva sequestrato i suoi hard disk, ma successivamente il pubblico ministero ha disposto la restituzione delle copie forensi.
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