Redazione 22 Luglio 2025

X nel mirino della Francia: aperta un’indagine per ingerenze straniere. Musk contrattacca: “Attacco politico ai nostri diritti”

Parigi – Una nuova frattura si apre nel già teso rapporto tra le autorità europee e le piattaforme digitali americane. Il 9 luglio, la Procura di Parigi ha ufficialmente avviato un’indagine contro il social network X (ex Twitter), di proprietà di Elon Musk, per presunta manipolazione algoritmica a fini di ingerenza straniera. L’accusa, gravissima, è che il sistema di raccomandazione della piattaforma possa essere stato modificato per alterare il dibattito democratico in Francia.

La risposta della società è arrivata puntuale e tagliente: in un comunicato pubblicato dal team degli Affari Governativi Globali, X respinge “categoricamente” le accuse, definendole “politicamente motivate” e una “violazione dei diritti fondamentali”, incluso quello al giusto processo. Secondo il social, le autorità francesi starebbero conducendo un’inchiesta “viziata da pregiudizi ideologici”, pilotata da attori “notoriamente ostili” alla piattaforma.

L’origine dell’inchiesta

Due sono le segnalazioni che hanno innescato l’indagine: la prima è stata presentata dal deputato centrista Eric Bothorel, esperto di cybersicurezza, che ha denunciato “una riduzione della pluralità delle voci” su X, accompagnata da un’evidente opacità nelle modifiche all’algoritmo. La seconda è arrivata, secondo Le Canard Enchainé, da un funzionario della cybersicurezza pubblica, che ha evidenziato l’esplosione di contenuti razzisti, omofobi e anti-LGBTQ nel flusso della piattaforma, con il sospetto che si tratti di un intervento mirato per polarizzare l’opinione pubblica.

Nel mirino ci sono non solo X come entità giuridica, ma anche le “persone fisiche” che ne determinano la gestione, senza però che la procura abbia fatto esplicitamente il nome di Musk. L’inchiesta è affidata all’unità per la criminalità informatica della gendarmeria nazionale.

Le accuse incrociate

Il team di X accusa apertamente Eric Bothorel di essere l’“istigatore” dell’inchiesta e contesta la legittimità degli esperti coinvolti, tra cui David Chavalarias e Maziyar Panahi, accusati di pregiudizio per le loro ricerche precedenti e le critiche pubbliche alla piattaforma. “Un’indagine con un risultato predeterminato non può essere considerata equa”, si legge nel comunicato.

Secondo X, la richiesta delle autorità francesi di ottenere accesso in tempo reale ai dati degli utenti e all’algoritmo costituisce un attacco alla privacy e alla libertà di espressione. Ma i timori delle istituzioni francesi non sembrano infondati: numerosi studi internazionali hanno segnalato anomalie nei contenuti promossi dal social, con un crescente sbilanciamento a favore di narrazioni di destra radicale e populista.

Gli effetti globali dell’algoritmo

Nel luglio 2024, in piena campagna elettorale statunitense, una ricerca dell’Università di Queensland ha rilevato una correlazione tra modifiche algoritmiche su X e un’impennata di visibilità per l’account di Elon Musk e per contenuti filo-Trump. Contemporaneamente, un rapporto del Center for Countering Digital Hate ha documentato come i post di Musk abbiano raggiunto un pubblico doppio rispetto a tutta la pubblicità politica sulla piattaforma, spesso veicolando affermazioni false o fuorvianti.

In Europa, anche la Commissione Europea ha avviato un’indagine formale sull’operato di X, nell’ambito del Digital Services Act, con l’obiettivo di verificare se la piattaforma rispetti le normative sulla trasparenza algoritmica. A preoccupare sono i sospetti che il sistema possa favorire contenuti politici affini a Musk, in particolare di estrema destra, come avvenuto in Germania, dove il miliardario ha espresso pubblicamente sostegno al partito AfD.

Musk e la politica

Il sospetto che Musk stia utilizzando la sua piattaforma come uno strumento politico personale trova nuova linfa nel recente sondaggio pubblicato su X il 4 luglio, in cui il magnate ha chiesto ai suoi follower se fosse il caso di fondare un nuovo soggetto politico: “The America Party”. Il risultato – un plebiscito del 65% di sì – ha lanciato il progetto, con l’obiettivo dichiarato di “ridare libertà agli americani che non vivono più in democrazia”.

Un’iniziativa che allarma chi teme un uso distorto della tecnologia digitale in chiave politica. E che somiglia a un precedente inquietante: quello di Pavel Durov, fondatore di Telegram, arrestato a Parigi nell’agosto 2024 con l’accusa di non aver collaborato nella rimozione di contenuti illeciti sulla sua piattaforma. Durov fu rilasciato solo dopo il pagamento di una maxi-cauzione, innescando una crisi diplomatica tra Francia e Russia.

Libertà o manipolazione?

La difesa di Musk – secondo cui le modifiche servono a “favorire contenuti più informativi e divertenti” – non convince le istituzioni, preoccupate dalla coincidenza sistematica tra aggiornamenti tecnici e vantaggi politici per i profili a lui vicini.

Il caso francese rappresenta un banco di prova cruciale per il futuro dei rapporti tra democrazia, algoritmi e potere privato: chi controlla le piattaforme su cui si forma l’opinione pubblica? E fino a che punto può spingersi un imprenditore digitale nel rimodellare lo spazio del dibattito politico mondiale?


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