7 Agosto 2025 - ECONOMIE | L'analisi

Trump può sbagliare, l’America no: perché l’economia USA continuerà a correre

Nonostante dazi, protezionismo e scelte discutibili, gli Stati Uniti restano la locomotiva globale. A salvarli? La forza del settore privato, l’onda lunga dell’innovazione tecnologica e la resilienza strutturale del sistema

Il “Giorno della Liberazione” proclamato da Donald Trump – quello in cui ha annunciato dazi a tappeto contro alleati e rivali – è stato per molti analisti il simbolo del declino americano. Previsioni allarmistiche hanno dipinto un’America destinata al collasso: fine dell’eccezionalismo, recessione globale, fuga dal dollaro, impennata del debito. Eppure, a distanza di mesi, l’economia USA si dimostra più solida che mai.

Non perché le politiche dell’ex presidente abbiano funzionato, ma proprio nonostante esse.

L’economia resiste agli strappi della “Trumponomics”

Le tariffe commerciali, la stretta sull’immigrazione, i tentativi di influenzare la Federal Reserve, il deficit fiscale galoppante: tutto faceva presagire una tempesta perfetta. Ma il sistema americano ha mostrato un equilibrio di fondo che ha saputo contenere gli eccessi. I dazi, per esempio, sono rimasti perlopiù sulla carta o sono stati ammorbiditi da accordi negoziati.

Trump – spesso aggressivo nella retorica (TALO: Trump Always Lashes Out) – ha dimostrato nei fatti un atteggiamento più cauto (TACO: Trump Always Chickens Out). Quando i mercati hanno iniziato a tremare, ha scelto di ritirarsi piuttosto che spingere fino in fondo.

Il motore invisibile: innovazione e capitale umano

La vera forza degli Stati Uniti, tuttavia, non risiede nelle decisioni della Casa Bianca, ma nella capacità straordinaria del settore privato di innovare. In campi cruciali come l’intelligenza artificiale, la biotecnologia, la robotica e l’energia pulita, gli USA sono ancora leader assoluti.

Questa supremazia tecnologica compensa – e in prospettiva supera – gli effetti negativi delle politiche protezionistiche. Se da un lato i dazi frenano lo scambio globale, dall’altro l’innovazione americana aumenta la produttività e spinge verso una crescita potenziale superiore.

Secondo alcune proiezioni, entro la fine del decennio il tasso di crescita potenziale del PIL USA potrebbe salire dal 2% al 4% annuo, con un ulteriore balzo atteso negli anni Trenta.

Il debito? Sostenibile se la crescita accelera

Un altro tema spesso agitato come spauracchio è il debito pubblico. Ma anche qui, lo scenario cambia se si riconsidera la variabile crescita. Se l’economia accelera – come suggeriscono i trend tecnologici – il peso del debito in rapporto al PIL tenderà a stabilizzarsi e poi a diminuire.

I calcoli più allarmanti, infatti, si basano su previsioni conservative: il Congressional Budget Office ipotizza una crescita stagnante all’1,8%, ma se la spinta dell’innovazione si concretizzerà, quel parametro sarà superato ampiamente.

Il dollaro resta centrale, l’America resta centrale

Chi preconizzava la fine del “privilegio esorbitante” del dollaro come moneta di riserva globale potrebbe doversi ricredere. Finché gli Stati Uniti restano all’avanguardia per stabilità finanziaria, peso economico e supremazia tecnologica, il dollaro continuerà a essere il punto di riferimento dei mercati.

L’America quindi continuerà a crescere e a influenzare il mondo. Non perché immune agli errori politici, ma perché dotata di anticorpi robusti: una democrazia resiliente, un’economia aperta, e soprattutto un settore privato capace di reinventarsi continuamente.


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