25 Agosto 2025 - PRIVACY | La sentenza

Telecamere nascoste sul lavoro: la Cassazione apre ai controlli difensivi

Le riprese sono ammesse senza cartelli né autorizzazioni sindacali se servono a tutelare il patrimonio aziendale e non implicano un monitoraggio generalizzato dell’attività lavorativa

Si riaccende il dibattito sui confini della privacy nei luoghi di lavoro. Con la sentenza n. 28613 del 5 agosto 2025, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’installazione di una telecamera nascosta, non segnalata e senza autorizzazione sindacale o ispettiva, è lecita quando il suo impiego è mirato ad accertare gravi condotte illecite ai danni dell’azienda e non comporta un controllo sistematico dei dipendenti.


Il quadro normativo e la deroga per i controlli difensivi

In linea generale, l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori vieta l’uso di impianti audiovisivi per il controllo a distanza dell’attività lavorativa. Il divieto, tuttora penalmente sanzionato dall’art. 171 del Codice Privacy (D.Lgs. 196/2003), si fonda sulla tutela della riservatezza del personale. Tuttavia, la Cassazione chiarisce che tale disciplina non si applica ai controlli difensivi, ossia a quei controlli finalizzati esclusivamente alla protezione del patrimonio aziendale.

Secondo i giudici, non si configura violazione di legge quando la telecamera è destinata a verificare condotte fraudolente e il suo utilizzo rimane circoscritto al tempo necessario per accertare il sospetto. Diverso sarebbe il caso di un impianto volto a monitorare continuativamente la prestazione lavorativa, che resterebbe illegittimo.


Il principio affermato dalla Cassazione

Il diritto alla privacy del lavoratore, sottolinea la sentenza, cede di fronte alla necessità di prevenire o reprimere illeciti che possano arrecare danno all’azienda. In questo contesto, la videosorveglianza non è considerata uno strumento di controllo a distanza, ma una misura di tutela. Di conseguenza, le prove acquisite attraverso questo tipo di dispositivo restano utilizzabili in giudizio.


Cosa cambia per le imprese

La decisione rappresenta un punto fermo per i datori di lavoro, spesso in bilico tra il rischio di violare la normativa sulla privacy e la necessità di difendersi da furti o frodi interne. Il messaggio della Suprema Corte è chiaro: i controlli difensivi sono legittimi se proporzionati, mirati e limitati nel tempo, a condizione che non sfocino in un monitoraggio generalizzato della vita lavorativa.


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