Per la prima volta, nella scala delle priorità dei giovani candidati al lavoro, la possibilità di lavorare da remoto e gestire il proprio tempo supera il peso dello stipendio. È il risultato della 35ª edizione dell’indagine “Giovani & Lavoro” condotta dal Gidp (Gruppo Italiano Direttori del Personale), che raccoglie le opinioni di oltre 4.500 manager delle risorse umane, soprattutto nelle grandi imprese del Nord Italia.
Un sorpasso storico, che segna un cambio di paradigma: lo smart working non è più un “benefit”, ma un diritto percepito, al punto da superare retribuzione e bonus come elemento decisivo al momento del colloquio. Seguono, a distanza, altre richieste come chiarezza sulle mansioni e percorsi di crescita.
Flessibilità prima di tutto
Fino a un anno fa la flessibilità occupava il terzo posto nella lista dei desideri, dietro stipendio e benefit. Oggi il trend si è ribaltato. “È la prova che il concetto di ‘buon lavoro’ sta cambiando rapidamente”, osserva la ricerca. I giovani chiedono autonomia organizzativa, equilibrio vita-lavoro e senso del proprio ruolo, prima ancora di trattare il pacchetto economico. Un approccio che le aziende, però, sembrano recepire solo in parte.
Generazioni a confronto: il vero stress test
Oltre alla richiesta di flessibilità, emerge un altro nodo: la convivenza intergenerazionale. Il 90% delle aziende ospita almeno tre generazioni diverse, con inevitabili divergenze su comunicazione, aspettative di carriera, uso del digitale e visione del work-life balance. Nonostante questo, solo il 23,7% delle imprese ha avviato programmi strutturati di mentorship per favorire l’integrazione. “La convivenza tra generazioni è il vero stress test per le imprese italiane – afferma Marina Verderajme, presidente di Gidp –. Dove manca il confronto, si crea frammentazione; dove funziona, si cresce meglio”.
Il punto di vista delle aziende
“Più che smart working, i giovani ci chiedono flessibilità”, conferma Domenico Santoro, direttore del personale di Air Liquide. L’azienda ha introdotto il lavoro agile già nel 2018 e oggi consente fino al 50% di tempo da remoto, con ampia libertà di organizzazione. Ma non basta: “Le nuove generazioni cercano senso, sviluppo individuale e formazione continua”, spiega Santoro, sottolineando l’impegno in programmi di mentoring per integrare senior e junior.
Competenze, l’altra emergenza
Al tema organizzativo si somma il mismatch tra domanda e offerta di competenze. Il 26,2% delle imprese dichiara di dover formare internamente i neolaureati subito dopo l’assunzione, mentre il 23% fatica a trovare diplomati tecnici pronti all’ingresso. Solo il 15% afferma di non avere problemi nel reperimento di profili junior.
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