ROMA, 20 gennaio 2025 – Una riforma che divide e accende la protesta delle toghe. L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha deciso una giornata di sciopero per il prossimo 27 febbraio contro il disegno di legge costituzionale approvato in prima lettura alla Camera. La proposta introduce la separazione delle carriere in magistratura, la creazione di due Consigli Superiori della Magistratura separati per giudicanti e requirenti e un’Alta Corte disciplinare.
La mobilitazione nasce dalle deliberazioni dell’assemblea straordinaria dello scorso dicembre, che aveva già espresso una netta opposizione al testo di riforma. “Non c’è nessuna forma di ribellismo illegale – ha chiarito il presidente dell’ANM, Giuseppe Santalucia – ma vogliamo rendere evidente ai cittadini quanto questa riforma non migliori la giustizia, né rafforzi le garanzie di autonomia e indipendenza”.
Proteste simboliche nelle cerimonie ufficiali
La protesta avrà un’eco anche durante le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario. Il direttivo dell’ANM ha invitato i magistrati a partecipare indossando la toga e una coccarda tricolore, per poi abbandonare l’aula in forma composta al momento degli interventi del ministro della Giustizia o dei suoi rappresentanti.
“Un ddl inemendabile e dannoso”
Santalucia ha ribadito la totale contrarietà al disegno di legge, definendolo “inemendabile”. “Non migliora il sistema, ma lo affossa – ha dichiarato –. Questa riforma è un passaggio epocale, ma non come lo intende il ministro: indebolisce l’ordine giudiziario e lascia il cittadino fuori dai giochi, mentre da 30 anni si consuma uno scontro tra politica e magistratura”.
Il percorso del ddl e le reazioni politiche
Il disegno di legge, approvato alla Camera con 174 voti favorevoli, 92 contrari e 5 astenuti, deve ora affrontare l’esame del Senato. In quanto riforma costituzionale, richiede quattro letture conformi da parte dei due rami del Parlamento e, con ogni probabilità, un referendum confermativo.
L’opposizione, compatta nel voto contrario, ha denunciato una deriva autoritaria del governo. “Si sta costruendo un sistema in cui la magistratura risponde al potere esecutivo, comprimendo libertà e diritti”, ha dichiarato Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra. Anche Debora Serracchiani del PD ha criticato duramente: “Questa riforma non risolve i veri problemi del sistema giudiziario, come il sovraffollamento delle carceri o il collasso delle udienze fissate al 2030”.
Mentre il governo difende la riforma come una necessità per riequilibrare i poteri, il fronte dei magistrati è deciso a proseguire la battaglia anche in vista di un referendum, appellandosi direttamente ai cittadini.
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