Nonostante le assoluzioni e le archiviazioni, chiunque venga denunciato rischia di rimanere segnato nelle banche dati delle forze dell’ordine per anni. È il caso di molti cittadini che, dopo essere stati coinvolti in indagini, si ritrovano iscritti nelle liste “Interforze”, una banca dati che raccoglie informazioni derivanti da attività di polizia. Secondo l’avvocato Nicola Canestrini (raccolta dalla giornalista Simona Musco per Il Dubbio), che ha richiesto la cancellazione dei dati di alcuni suoi assistiti, l’unico modo per ottenere l’aggiornamento è rivolgersi direttamente alle autorità competenti, ma anche una sentenza di assoluzione non garantisce l’eliminazione automatica dei dati.
La legge prevede che le informazioni vengano conservate per un massimo di 20 anni, creando un paradosso: anche se le accuse erano infondate, le persone coinvolte continuano ad essere registrate e a essere oggetto di sospetti. Nonostante le disposizioni della Corte di Giustizia Europea che impongono la cancellazione dei dati non più necessari, il sistema burocratico italiano rende quasi impossibile ottenere giustizia, alimentando un clima di sfiducia e ingiustizia per i cittadini.
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