Nonostante l’introduzione di un fondo per il rimborso delle spese legali ai cittadini assolti da accuse penali, le richieste continuano a essere sorprendentemente basse. Secondo le prime proiezioni del Ministero della Giustizia, anche per il 2024 le domande di rimborso sono molto al di sotto delle aspettative, rispecchiando un trend già osservato negli anni precedenti.
Una statistica preoccupante
Nel 2023, infatti, solo 700 cittadini avevano presentato richiesta per il rimborso, per un totale di 2,8 milioni di euro erogati a fronte di un fondo disponibile di quasi 14 milioni. Questo dato, sebbene provvisorio, allarma via Arenula, poiché un numero così esiguo di richieste potrebbe portare a una riduzione o persino alla soppressione del fondo, che nel 2024 è già stato ridotto da 15 milioni a 13,74 milioni di euro.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica e i potenziali beneficiari, il Ministero della Giustizia ha deciso di rendere pubblici i dati sul rimborso a partire da settembre 2024 sul proprio sito web. L’obiettivo è chiaro: aumentare la consapevolezza su questa importante opportunità, che rischia di essere compromessa se non utilizzata adeguatamente.
Un beneficio poco conosciuto
Il rimborso delle spese legali, introdotto con la legge di Bilancio 2021, rappresenta un atto di giustizia e un segnale simbolico, volto a riconoscere che subire un’accusa ingiusta non deve essere considerato un evento inevitabile a cui rassegnarsi. Lo Stato, infatti, si impegna a coprire i costi materiali, come quelli per la difesa legale, sostenuti da chi è stato ingiustamente accusato.
Nonostante l’importanza di questa misura, il basso numero di richieste indica una persistente rassegnazione dei cittadini verso un sistema giudiziario percepito come troppo potente. Questo atteggiamento, radicato nella cultura del nostro Paese, potrebbe spiegare perché molte persone rinunciano a richiedere un rimborso che spetta loro di diritto.
Il ruolo dell’avvocatura e della politica
L’idea di introdurre un rimborso per le spese legali nasce da una lunga battaglia dell’avvocatura italiana, sostenuta da diverse proposte di legge presentate negli anni ma mai approvate fino all’intervento del deputato Enrico Costa, responsabile Giustizia di Azione. Costa è riuscito a far approvare questa misura, trasformandola in legge con il sostegno dell’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
Tuttavia, se il numero di richieste continuerà a rimanere basso anche nel 2024, il rischio di ulteriori tagli al fondo sarà reale. Questo scenario preoccupa non solo per le implicazioni economiche, ma soprattutto per il messaggio che invia: un ritorno alla cultura della rassegnazione di fronte a uno Stato percepito come onnipotente, contro cui è inutile lottare anche quando si è nel giusto.
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