Nel dibattito che accompagna il cammino verso il XXXVI Congresso Nazionale Forense, si fa sentire con forza la voce dell’on. Valentina D’Orso, intervenuta nel corso di un recente convegno del 16 maggio scorso, organizzato da Movimento forense e dedicato alla possibile riforma dell’ordinamento professionale forense. La parlamentare ha criticato la scelta di procedere tramite disegno di legge delega governativo, sottolineando le anomalie e i rischi di un percorso che rischia di marginalizzare il Parlamento e di impoverire il confronto con la categoria.
«A me — ha detto D’Orso — non risulta di avere già sul tavolo una bozza di legge delega. È da ieri che se ne parla, in un clima di tempistiche a dir poco anomale: il Ministro, sollecitato da un parlamentare di maggioranza durante un question time, ha corretto il tiro rispetto alle dichiarazioni rilasciate a Siracusa, dove la riforma non era stata indicata come priorità. Ora invece arriva un impegno pubblico in diretta TV, ma resta il fatto che il Parlamento non ha avuto voce né tempi certi.»
Una presa di posizione netta che, dietro il garbo istituzionale, nasconde una denuncia politica precisa: il rischio di una riforma costruita nelle stanze ministeriali, senza il necessario coinvolgimento parlamentare e senza una reale condivisione con l’avvocatura. D’Orso ha sottolineato infatti come sarebbe stato auspicabile un percorso diverso, con l’avvocatura compatta a proporre un testo unitario alle forze politiche, lasciando al Parlamento l’iniziativa legislativa.
Il vero nodo politico, però, resta quello fissato dal Guardasigilli Carlo Nordio: prima l’avvocato in Costituzione, poi la revisione dell’ordinamento forense (leggi qui l’articolo). Una scelta di priorità chiara, che rende i tempi della riforma incerti e legati alle complesse dinamiche di una modifica costituzionale. «La riforma ordinamentale — ha ricordato D’Orso — anche se pronta in bozza con oltre novanta articoli, rischia di essere relegata a una legge delega che affida al Governo il potere di dettaglio. Così facendo il Parlamento potrà intervenire solo sui principi generali, rinunciando a incidere sulle norme specifiche che regolano l’esercizio della professione.»
Un tema tutt’altro che tecnico, se si considera che proprio la normativa di dettaglio è quella che più direttamente impatta sulla vita professionale degli avvocati: accesso alla professione, incompatibilità, formazione, governance degli ordini. Tutti temi che, secondo D’Orso, meritano una discussione ampia e trasparente, in grado di coinvolgere sia le istituzioni forensi sia il Parlamento nel suo insieme.
Non è mancato, infine, nell’intervento dell’onorevole, un riferimento al valore simbolico e politico del Congresso Nazionale Forense che si terrà a Torino in ottobre: «Quella potrebbe essere l’occasione per presentare un progetto compiuto, o quanto meno un testo già avviato in Parlamento, dimostrando così la capacità dell’avvocatura di essere interlocutore propositivo e della politica di saper ascoltare e dialogare.»
L’appello di D’Orso è chiaro: evitare scorciatoie procedurali e recuperare un metodo di confronto autentico, restituendo al Parlamento e alla professione il ruolo che meritano in un passaggio cruciale per il futuro della giustizia e della difesa dei diritti in Italia.
Guarda qui il video dell’intervento dell’on. D’Orso
La risposta dell’Avvocatura
A conferma che l’appello di Valentina D’Orso non è caduto nel vuoto, a stretto giro è arrivata la mossa del Consiglio Nazionale Forense. Il presidente Francesco Greco, infatti, ha inviato il 22 maggio scorso a tutti i senatori e deputati avvocati una comunicazione ufficiale con allegata la proposta di riforma dell’ordinamento professionale forense e la relativa relazione illustrativa.
Una scelta significativa, che evidentemente mira a riportare il dibattito all’interno delle Aule parlamentari e a restituire centralità al confronto politico e istituzionale, come auspicato proprio dalla deputata D’Orso nel suo intervento.
Nel testo della lettera, Greco scrive:
“Con la presente mi pregio di inviarVi, in allegato alla presente, la proposta di riforma dell’ordinamento professionale forense nonché la relazione di accompagnamento. Il testo, composto da 92 articoli, persegue la finalità di dotare gli Avvocati e gli enti istituzionali rappresentativi della classe forense di un nuovo ordinamento professionale che, sostituendo quello attuale (Legge n. 247/2012), possa far fronte alle nuove necessità e al mutato contesto in cui i professionisti legali devono operare.”
Un passaggio cruciale del testo evidenzia inoltre come il progetto sia -secondo Greco- il risultato di un’ampia condivisione della categoria: elaborato attraverso un tavolo congiunto tra Consiglio Nazionale Forense e Organismo Congressuale Forense, rappresenta la sintesi dei deliberati emersi dalle sessioni ordinaria e ulteriore del XXXV Congresso Nazionale Forense.
Greco, nella sua comunicazione, non manca di sottolineare il rispetto dovuto alle prerogative parlamentari, ma al contempo rinnova l’invito affinché il Parlamento consideri la proposta e avvii l’iter legislativo. In altre parole, la palla è ora ufficialmente tornata al Parlamento: starà alle forze politiche decidere se e come valorizzare questo testo unitario, frutto di mesi di confronto tra le componenti dell’avvocatura.
Leggi qui il documento integrale
Il braccio di ferro sottotraccia tra Governo, Parlamento e Avvocatura
Dietro le mosse di queste ore si intravede con chiarezza un nodo politico che va ben oltre la sola riforma dell’ordinamento forense. La dinamica che si sta giocando tra Governo, Parlamento e vertici dell’Avvocatura è infatti il riflesso di una tensione più ampia sulle prerogative istituzionali e sugli equilibri di potere nella produzione normativa.
Il Ministro Nordio, con le sue prese di posizioni — prima l’avvocato in Costituzione, poi eventualmente una riforma ordinamentale, poi la nuova ipotesi della legge delega, — ha di fatto tracciato una linea di comando che accentra al Ministero il controllo sui tempi e sui contenuti della futura regolamentazione della professione forense. Un approccio che non sorprende in un esecutivo abituato a privilegiare strumenti come i decreti-legge e le leggi delega, che lasciano al Parlamento un ruolo di approvazione più che di elaborazione.
Valentina D’Orso, nel suo intervento al convegno “Verso il XXXVI Congresso Nazionale Forense”, ha colto questo rischio e lo ha denunciato senza giri di parole: il Parlamento, privato della possibilità di intervenire sulla normativa di dettaglio, rischia di ritrovarsi spettatore di scelte fatte altrove.
È qui che si colloca la mossa di Francesco Greco. Inviare al Parlamento la proposta completa, è stato un atto politico preciso. A dispetto delle indicazioni di Nordio, il Presidente del CNF lancia sostanzialmente un invito alle Camere, ovvero di riprendere in mano il confronto sulla professione forense, non lasciando che a scrivere le regole sia solo il Governo.
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