Oggi l’Aula di Montecitorio inizia la discussione sugli emendamenti al disegno di legge Nordio sulla giustizia, varato dal governo Meloni lo scorso maggio. Dopo mesi di lavori in commissione, il testo arriva alla Camera per il primo passaggio parlamentare. Se approvato, il ddl passerà al Senato. La riforma contiene cambiamenti significativi, come la separazione delle carriere dei magistrati e la creazione di due nuovi Consigli superiori della magistratura (Csm).
Le novità della riforma Nordio
La misura più discussa è la separazione delle carriere: i magistrati non potranno più passare dal ruolo di pubblico ministero a quello di giudice e viceversa, eliminando una possibilità che oggi è già limitata a una sola volta nei primi dieci anni di carriera.
Inoltre, il ddl prevede due Csm distinti, uno per i pm e uno per i giudici, e introduce un’Alta corte per le questioni disciplinari, sottraendole al Csm. Anche il sistema di selezione dei componenti del Csm cambia: non saranno più eletti, ma sorteggiati. Queste modifiche, definite tecniche dal governo, sono criticate da alcuni magistrati, che temono un maggiore controllo politico sulla giustizia e una riduzione delle garanzie per i cittadini.
Chi sostiene la riforma e chi si oppone
La riforma trova il sostegno compatto del centrodestra, con Forza Italia in prima linea. Il partito di Antonio Tajani considera la giustizia una delle sue priorità: “Lavoreremo perché il testo sia approvato nel più breve tempo possibile”, ha dichiarato il ministro degli Esteri.
Tra le opposizioni, Italia Viva, Azione e +Europa condividono l’impianto del ddl e dovrebbero votare a favore. Invece, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra si oppongono duramente, sebbene le loro modifiche al testo abbiano poche probabilità di successo.
Prossimi passi e possibile referendum
Dopo il voto sugli emendamenti, la Camera dovrebbe approvare il testo entro poche settimane. Tuttavia, essendo una riforma costituzionale, l’iter richiede due votazioni in ciascun ramo del Parlamento, con un intervallo di almeno tre mesi. Il secondo passaggio potrebbe avvenire tra aprile e maggio.
Se il testo non sarà approvato con una maggioranza di almeno due terzi, potrebbe essere sottoposto a referendum. In questo caso, la parola passerebbe ai cittadini, che dovrebbero approvare o respingere la riforma.
La strada verso l’approvazione definitiva è ancora lunga, ma il governo Meloni punta a portare a termine una delle sue riforme bandiera entro il 2025.
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