29 Maggio 2025 - Penale

Patteggiamento e diritto UE: la Cassazione chiude la porta al ricorso per questioni europee

Inammissibile il ricorso per Cassazione contro la sentenza di patteggiamento anche in presenza di presunte violazioni dei diritti garantiti dal diritto dell’Unione. Lo chiarisce la Suprema Corte con la sentenza n. 14835/2025, destinata ad alimentare il dibattito sulla tutela dei diritti fondamentali nei procedimenti penali europei.

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 14835/2025, ha ribadito i confini invalicabili del ricorso contro le sentenze di patteggiamento, precisando che restano esclusi anche i motivi fondati su presunte violazioni del diritto dell’Unione Europea. Una decisione che, pur rispettando la lettera della normativa processuale italiana, rischia di riaccendere la discussione sul bilanciamento tra regole interne e garanzie sovranazionali.

Il caso trae origine da un procedimento che vedeva coinvolta l’Unione Italiana Vini Servizi Società Cooperativa, accusata di illecito amministrativo in relazione a una truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche europee. Il patteggiamento davanti al GIP di Verona aveva portato all’applicazione di una sanzione pecuniaria da 100.000 euro. Tuttavia, la difesa aveva tentato la via del ricorso per Cassazione, sollevando, tra l’altro, questioni legate all’applicazione del diritto UE e alla definizione di “profitto” per un ente no-profit in materia di finanziamenti comunitari.

Particolarmente delicati i temi sollevati: la possibilità di sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia UE anche in sede di patteggiamento e il rispetto del diritto di difesa nel contesto delle indagini EPPO (Procura Europea). Secondo la difesa, la normativa italiana limiterebbe illegittimamente il diritto al ricorso, in contrasto con il primato del diritto UE e con l’articolo 267 del TFUE che garantisce la possibilità di attivare il rinvio pregiudiziale.

La Suprema Corte, però, è stata netta: le censure prospettate esulano dai ristretti motivi di ricorso consentiti dalla legge per le sentenze di patteggiamento, che si limitano ai soli vizi di volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra imputazione e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto e illegalità della pena. Nemmeno la prospettazione di una possibile violazione di diritti fondamentali garantiti dal diritto UE, ha precisato la Corte, consente di superare questo limite.

Quanto alla questione del diritto di essere ascoltati nel procedimento EPPO, la Cassazione ha ricordato che il meccanismo decisionale della Procura Europea — articolato tra procuratori delegati, il Procuratore Europeo e la Camera Permanente — non lede i diritti della difesa, trattandosi di passaggi interni alla struttura dell’EPPO, privi di effetti pregiudizievoli autonomi per l’indagato.

Infine, la Corte ha negato la possibilità di sollevare davanti alla Corte di Giustizia UE la questione sulla nozione di profitto per gli enti no-profit, sottolineando che una censura sulla sussistenza del profitto richiesto per configurare la truffa aggravata si traduce in un apprezzamento di merito, precluso in sede di legittimità.


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