Importante chiarimento della Corte di Cassazione in materia di mediazione obbligatoria. Con l’ordinanza n. 5474 del 2025, la Suprema Corte ha ribadito che, nelle controversie soggette a mediazione preventiva — come quelle ereditarie — l’eccezione di improcedibilità per mancato esperimento della procedura conciliativa può essere proposta soltanto nel giudizio di primo grado e, precisamente, entro la prima udienza. Se ciò non avviene, la parte decade dal diritto di sollevarla e in appello non potrà più essere fatta valere.
Il principio si fonda sul disposto dell’articolo 5, comma 2 del D.lgs. 28/2010, così come modificato dalla recente Riforma Cartabia, secondo cui l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d’ufficio dal giudice entro la prima udienza di comparizione.
Nel caso concreto esaminato dalla Corte, relativo a una successione ereditaria, nessuna delle parti aveva sollevato l’eccezione in tempo utile e il giudice di primo grado non aveva rilevato il vizio. Di conseguenza, in appello non è stato possibile bloccare il processo per avviare una mediazione, neppure in presenza di una materia che la legge riconosce come obbligatoria per questo percorso.
La Corte ha però ricordato che il giudice d’appello mantiene la facoltà, e non l’obbligo, di disporre una mediazione anche oltre il primo grado, ma solo nei casi in cui lo ritenga utile alla definizione della controversia. Si tratta della cosiddetta “mediazione delegata propria”, prevista dal nuovo art. 5-quater del decreto legislativo sulla mediazione, norma introdotta dalla Riforma Cartabia per valorizzare la mediazione come strumento efficace e consensuale di risoluzione dei conflitti.
Diverso invece il caso della “mediazione delegata impropria”, che riguarda i procedimenti in cui la legge impone il tentativo di conciliazione prima dell’avvio del giudizio e che può essere ordinata solo entro la prima udienza di primo grado.
La pronuncia della Cassazione conferma una tendenza ormai diffusa nei tribunali italiani, dove si moltiplicano i protocolli d’intesa tra magistrati, ordini professionali e università per promuovere la cultura della mediazione. Sempre più spesso, infatti, i giudici inviano le parti in mediazione durante il processo, vedendo in questo strumento non una semplice via alternativa alla causa, ma un metodo moderno di gestione consensuale dei conflitti, che restituisce alle persone il potere di decidere il proprio destino fuori dalle aule giudiziarie.
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