Mail e pubblicità online: come ritrovare un po’ di privacy

Mercoledì 12 aprile 2023

Se ci pensiamo bene, trattiamo proprio male la nostra mail!

 

La condividiamo un po’ ovunque, utilizzandola per ogni piattaforma o servizio, che sia lo streaming o qualche servizio di delivery. Fino a poco tempo fa era comune utilizzarne diverse a seconda dello scopo, ma ora questa usanza si sta affievolendo.

È sicuramente un grave errore: la posta elettronica, servizio pensato per le comunicazioni interpersonali dovrebbe avere un po’ di privacy in più. Ma soprattutto, maggior discretezza nella sua diffusione, in quanto prezioso strumento personale.

Mail e pubblicità online

A quanto pare, l’indirizzo mail non serve soltanto per le comunicazioni personali. Per coloro che si occupano di pubblicità online, per sviluppatori, editori e produttori di applicazioni, la mail è una sorta di indizio ricorrente per seguire le nostre attività online, proponendoci specifiche pubblicità, in base a tutto quello che ricerchiamo online.

Ciò avviene a causa della progressiva riduzione delle funzionalità collegate ai cookies, ovvero pezzi di codice che per lungo tempo hanno svolto il lavoro della profilazione digitale, ma che ora hanno vita difficile.

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Oggi, quindi, i cookies non hanno più la stessa utilità nell’offrirci pubblicità mirate. La mail, che ci viene richiesta sempre più frequentemente e insistentemente, risulta non soltanto più utile rispetto ai cookies, ma anche rispetto ad altre informazioni personali.

Come sostiene Michael Priem, CEO di Modern Impact, società pubblicitaria di Minneapolis: «Posso prendere il tuo indirizzo mail e trovare dati che potresti non aver nemmeno realizzato di aver dato ad un certo brand. La quantità di dati disponibili su di noi come consumatori è letteralmente scioccante».

UID 2.0

A quanto pare, la nostra mail risulta essenziale al fine dell’implementazione dei sistemi di tracking che stanno sostituendo i cookies, come il sistema Unified ID 2.0, conosciuto anche come UID 2.0.

Sostanzialmente, quello che fa il sistema è trasformare la mail (magari in cambio di un piccolissimo sconto su un sito oppure con l’iscrizione ad una newsletter) in una stringa alfanumerica, che viene successivamente associata ad ogni servizio che utilizzi UID 2.0.

Questo non avviene soltanto con la mail, ma anche con i nostri numeri di telefono. In tal modo si segue l’utente nelle varie piattaforme, andando a selezionare gli annunci più pertinenti ed efficaci per lui.

Se Mozilla ritiene che con UID 2.0 si sia fatto «un forte passo indietro» con la privacy, troviamo anche alcuni sistemi un po’ più semplici per poter trasformare la nostra mail in un’informazione pubblicitaria.

Infatti, il nostro indirizzo mail potrebbe essere venduto e inserito in un database di un broker pubblicitario, tentando di accoppiarlo con dei profili che contengono un gran numero di dati, andando a generare delle pubblicità più mirate.

Se ci chiediamo come mai, nonostante tutti i negati consensi ai cookies e alla massima attenzione dedicata al blocco dei tracciamenti delle app, la pubblicità risulta ancora profilata e invasiva, è perché il nostro indirizzo mail sta circolando ancora eccessivamente.

Ritrovare un po’ di privacy

Quello che si può fare è ritornare alle vecchie abitudini, creando una mail specifica per ogni servizio, utilizzandola soltanto per una specifica piattaforma.

Sì, è un lavoro noioso e snervante. Si potrebbe pensare, quindi, di utilizzare servizi offerti da Apple o da Mozilla, per esempio, che mascherano l’indirizzo mail con degli indirizzi alias, che inoltrano i messaggi a quello reale.

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