Riforma Cartabia: il governo cambia la Legge Severino

Martedì 11 aprile 2023

È arrivata una modifica da parte del Ministero dell’Interno: con la Riforma Cartabia viene ufficialmente modificata la legge Severino. Chi in passato ha patteggiato una pena sino a 2 anni, dunque, potrà candidarsi alle elezioni.

In sostanza, chi ha patteggiato una pena sino a 2 anni, evitando in tal modo la condanna definitiva all’interno di un processo ordinario, potrà candidarsi alle prossime elezioni. Questo è quanto stabilito da una recente circolare del ministero dell’Interno, che contiene un parere del Dipartimento per gli Affari interni e per gli Enti locali.

La legge Severino, risalente al 2012 e nata al fine di mettere un freno alle infiltrazioni criminali e alla corruzione, d’ora in poi sarà meno stringente. Tutto questo per un motivo tecnico: la riforma Cartabia, nata con il Governo Draghi, ha stabilito che gli effetti non penali derivanti da una condanna non debbano essere applicati in caso di patteggiamento.

Con la legge Severino, che fu approvata sotto il governo Monti nel 2012, si stabilì che coloro che avevano ricevuto una condanna superiore a 2 anni «per delitti non colposi», non avrebbero potuto candidarsi alle elezioni per 6 anni.

Ma con la Riforma Cartabia, per il governo, coloro che patteggiano non hanno diritto a perdere la possibilità di candidarsi. Leggiamo nel parere come l’incandidabilità «perde i suoi effetti», e quindi i condannati che hanno patteggiato «non incorrono più in una situazione di incandidabilità, potendo così concorrere alle prossime elezioni».

Tale modifica ha valore retroattivo, e per questo potrà essere applicata già dalle prossime elezioni. Ma la modifica riguarda soltanto alcuni casi: per esempio, se il giudice decide di applicare una pena accessoria, quale l’interdizione dai pubblici uffici, resta l’incandidabilità nonostante il patteggiamento.

Si tratta della stessa identica legge che ha condotto, nel 2013, al decadimento di Silvio Berlusconi dalla sua carica di senatore, in quanto condannato a 4 anni per frode fiscale.

Nel passato, anche il Guardasigilli aveva criticato la legge anticorruzione. Nel 2021 aveva sostenuto i referendum della Lega finalizzati alla sua abrogazione, definendola «incostituzionale e inopportuna», dichiarando inoltre che era nata «per ragioni di demagogia politica e nata male come tutte le norme che nascono con questa motivazione».

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