La giustizia italiana, quando si tratta di errori, sembra seguire due pesi e due misure: se un cittadino comune viene ingiustamente detenuto, l’indennizzo che riceve è ben diverso da quello riservato ai magistrati. È quanto emerge dal caso dell’ex procuratore facente funzioni di Aosta, che ha ricevuto un indennizzo di 48.800 euro per aver trascorso due mesi agli arresti domiciliari nel 2017. Un importo ben sette volte superiore rispetto a quello che avrebbe ricevuto un qualsiasi altro cittadino nelle stesse circostanze.
Un indennizzo record: 800 euro al giorno per la libertà perduta
Nel dettaglio, la Corte d’Appello di Milano ha stabilito un risarcimento di 800 euro per ogni giorno trascorso agli arresti domiciliari dall’ex procuratore, per un totale di 48.800 euro. La somma è definitiva dal 17 settembre, quando la decisione del 7 agosto della quinta sezione è diventata inappellabile, poiché la Procura Generale ha scelto di non presentare ricorso. Le accuse che avevano portato all’arresto del magistrato includevano induzione indebita a dare o promettere utilità, rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento. Accuse da cui, nel 2021, l’ex procuratore è stato definitivamente assolto.
Il confronto con gli indennizzi “standard” per i cittadini comuni
Il calcolo aritmetico prevede per ogni giorno di detenzione ingiusta circa 117 euro di risarcimento, il che avrebbe portato a una cifra di poco superiore ai 7.000 euro per i 61 giorni di detenzione domiciliare. Ma quando la vittima della giustizia è un magistrato, il valore di ogni giorno di libertà perduta sale vertiginosamente a 800 euro, senza apparente giustificazione normativa che ne giustifichi la sproporzione.
Ingiustizie su larga scala: migliaia di risarcimenti, ma sanzioni minime
Il caso dell’ex procuratore non è un’eccezione isolata, ma evidenzia un problema più ampio. Dal 2018 al 2023, lo Stato ha risarcito 4.368 persone ingiustamente arrestate, per un totale di 193 milioni di euro. Tuttavia, le responsabilità interne al sistema giudiziario restano per lo più impunite: su 87 azioni disciplinari avviate tra il 2017 e il 2023, si sono concluse con 44 archiviazioni, 27 assoluzioni, 8 censure e solo 1 ammonimento. In pratica, sanzioni disciplinari sono state applicate solo nello 0,2% dei casi.
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