Il maxi decreto Cura Italia che contiene le misure del governo per tutelare la salute e aiutare economicamente i lavoratori, persino le p.iva generalmente abbandonate a sé stesse, ha riconosciuto una minima forma di sostegno economico anche agli avvocati e ai professionisti (il fondo residuale). Soluzione che, però, non ha fatto contenti i vertici del CNF.
Nel sito del Consiglio Nazionale Forense si legge una nota del 18 marzo 2020 in cui la presidente facente funzioni, Maria Masi, dichiara: «grave però la mancanza di altrettanta cura e sensibilità per la tutela dei professionisti e in particolare per gli avvocati, a cui non è diretta, se non in maniera esigua, derivativa e residuale, alcuna forma di sostegno economico e di tutela in una situazione destinata a durare ben oltre l’emergenza sanitaria, le cui ripercussioni negative sulla professione e, di conseguenza, sul reddito degli avvocati, sono destinate a durare a lungo”.
La nota si conclude con: «il CNF avrà cura, raccolte le istanze dell’avvocatura, di formalizzare una proposta emendativa finalizzata a intervenire nei settori che ancora necessitano di correttivi e all’individuazione di forme dirette di sostegno e di tutela compatibili con la professione di avvocato e in linea con i principi a cui si ispira”.
Ma è davvero compito dello Stato occuparsi degli avvocati? Non dovrebbe essere compito di Cassa Forense?
LA SITUAZIONE DI CASSA FORENSE
Il 17 aprile 2019 il Sole 24 Ore pubblicava un articolo dal titolo “Per Cassa forense un avanzo di esercizio di 734,6 milioni e un patrimonio di 11,9 miliardi” . La stessa Cassa Forense condivideva sul proprio sito un’analisi di tale situazione positiva.
Dunque, almeno apparentemente, Cassa Forense non ha problemi di bilancio. Allora perché non riversa parte delle risorse in aiuti più concreti?
Non che Cassa Forense non abbia istituito alcuna forma di aiuto, ma i provvedimenti appaiono del tutto inadeguati ad affrontare le ripercussioni economiche dell’epidemia da COVID-19.
Ad alimentare ancor di più lo scontento, il “Comunicato del Presidente” Nunzio Luciano inviato a tutti gli iscritti.
IL COMUNICATO: NESSUN SOSTEGNO ECONOMICO AGLI AVVOCATI
Vi riportiamo alcuni passaggi del Comunicato di Cassa Forense.
Nel Comunicato si legge che «tutte le istanze pervenute saranno attentamente valutate dagli Organi della Cassa sotto i vari aspetti, verificando in primo luogo i profili di sostenibilità economica e compatibilità attuariale, al fine di adottare i provvedimenti più opportuni ed utili per la nostra categoria, tanto nel breve quanto nel lungo periodo.
E’ evidente che questo delicato lavoro richiede i tempi tecnici necessari a garantire i doverosi approfondimenti giuridici e finanziari prima che il Consiglio d’Amministrazione possa adottare i provvedimenti opportuni e concretamente realizzabili.»
Inoltre, viene confermato che «tutti gli Organi della Cassa sono attivamente impegnati nella analisi dei possibili interventi a tutela degli iscritti, sia sotto il profilo contributivo, sia sotto il profilo più strettamente assistenziale e di supporto alla professione» e che «ci adopereremo per reperire risorse aggiuntive da impiegare quando superata l’emergenza sanitaria si dovrà fronteggiare quella economica e lavorativa che già si profila».
Cassa Forense sembra ben disposta a definire nuove misure, dunque dov’è il problema?
Quasi certamente è la parte in cui il Presidente invita «tutte le componenti dell’Avvocatura a non cavalcare richieste di misure inattuabili ed insostenibili anche perché non praticabili da un punto di vista normativo, statutario e regolamentare» ricordando che «Cassa Forense non è lo Stato e non può adottare con le sue risorse misure sostitutive del reddito per 245.000 colleghi».
In maniera chiara e definitiva Cassa Forense ha espresso la sua volontà di non elargire alcun sostegno economico agli avvocati in difficoltà.
LE REAZIONI DEGLI AVVOCATI
È sui social network che si possono seguire in modo diretto l’andamento delle reazioni degli avvocati al Comunicato di Cassa Forense.
C’è chi ha fatto notare che, sì, Cassa Forense si è solo limitata a sospendere i contributi ma continuerà a pagare le pensioni mentre l’INPS ha già fatto sapere che da giugno potrebbero esserci problemi in tal senso. E chi invece è molto critico nei confronti del mancato sostegno economico agli avvocati e chiede il commissariamento dell’ente.
Tra le reazioni critiche spicca la lettera di un avvocato del foro di Roma.
La lettera riprende proprio quanto scritto dal Presidente Luciano, cioè che Cassa Forense non è lo Stato, e da qui analizza le analogie e le differenze tra le due istituzioni e le conseguenti incongruenze presenti nel Comunicato.
In particolare, viene ricordato che:
– la legge 247/2012 ha concesso a Cassa Forense di essere l’unico ente previdenziale a disposizioni degli avvocati,
– Cassa forense impone un “prelievo” del 4% su ogni fattura emessa dagli avvocati,
– la Cassa può, con proprio regolamento, abrogare le disposizioni di legge,
– il contributo previdenziale integrativo non è utile ai fini previdenziali; il suo versamento «non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale» (Cassazione civile sez. VI, 10/01/2020, ud. 24/09/2019, dep. 10/01/2020, n. 317) e «non attribuisce al lavoratore una copertura assicurativa per gli eventi della vecchiaia, dell’invalidità e della morte in favore dei superstiti» (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza 12.12.2018 n. 32167).
Nella lettera si procede anche a indicare cifre e calcoli che giustificherebbero un’esposizione economica di Cassa a favore degli avvocati.
La lettera ha, a sua volta, generato delle critiche. In un’intervista radiofonica, un avvocato delegato di Cassa Forense ha fatto notare che:
– la simmetria tra Stato e Cassa Forense rappresenta una visione miope dell’attività della Cassa,
– vanno ricordate le differenze contributive tra lavoratori autonomi e avvocati e le agevolazioni per questi,
– la morosità di un’abbondante fetta di iscritti,
– l’attenzione di Cassa per le pensioni, come già indicato,
– il 4% è pagato dai clienti, l’avvocato è solo un sostituto d’imposta che trattiene la quota per circa 1 anno,
– il contributo integrativo sostiene un sistema di welfare che è tra i migliori in Europa per i professionisti.
Prosegue con un’analisi dei costi e degli investimenti.
Dunque, chi ha ragione?
CONCLUSIONE
Ogni avvocato dovrà valutare da sé la situazione.
Del resto, solo gli avvocati sono nella posizione di poter giudicare l’operato e le scelte della loro Cassa.
L’intento di questo articolo non è spingervi verso uno schieramento o l’altro, ma solo trasmettervi le opinioni, le sensazioni e le reazioni, anche quelle più “di pancia”, che circolano nel mondo dell’avvocatura in questo periodo di emergenza.
Noi non possiamo esprimere un giudizio, ma ci piacerebbe molto sapere le vostre opinioni e raccoglierle in un futuro articolo. Se volete potete scriverci a info@servicematica.com.
[AGGIORNAMENTO 3 aprile: Cassa Forense ha stabilito nuove misure a sostegno degli avvocati]
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