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Copyright e web: procedura d’infrazione contro l’Italia

Per contrastare la condivisione di contenuti su piattaforme online (es.: YouTube) senza l’autorizzazione dei creatori, ancora 5 anni fa l’UE aveva pensato di rivedere la direttiva sul copyright.

Nel 2019 si giunse così alla nuova Direttiva sul Diritto d’Autore (direttiva 2019/790) e sui diritti connessi nel mercato unico digitale, al cui articolo 13 (successivamente diventato articolo 17), si dava alle piattaforme due alternative:
ottenere in licenza i diritti per i contenuti caricati dagli utenti,
installare filtri in fase di upload dei contenuti da parte degli utenti per evitare il caricamento di materiali coperti da copyright.

Agli Stati era stato concesso tempo fino al 7 giugno 2021 per adeguarsi, ma ben 23 sono rimasti indietro. Tra questi l’Italia.

Per questo motivo, la Commissione Europea ha avviato contro di loro una procedura d’infrazione. Gli Stati hanno ora due mesi per rispondere e spiegare la propria posizione. La Commissione valuterà la sensatezza delle risposte.

Nel caso in cui le motivazioni portate dati stati non fossero ritenute soddisfacenti, la Commissione potrà portare la questione davanti alla Corte di Giustizia Europea, la cui eventuale decisione dovrà essere rispettata dagli Stati per evitare ulteriori sanzioni.

ITALIA: IL DECRETO SUL COPYRIGHT C’È MA NON È ANCORA STATO ATTUATO

In realtà, l’Italia ha recepito la direttiva Ue sul diritto d’autore sul web ancora lo scorso aprile, ovvero entro i termini fissati dall’Europa. Manca però la piena attuazione con un decreto legislativo, presentato il 12 luglio, quindi fuori dai termini.

Il decreto di recepimento prevede, tra le varie, l’obbligo di sottoscrivere un accordo tra piattaforma/provider ed editori (anche in forma collettiva) che definisca gli usi online delle pubblicazioni giornalistiche e stabilisca un «equo compenso».

Nel caso non fosse possibile giungere a un accordo, sarà compito di Agcom stabilire, «tenendo conto delle rilevanza, delle storicità e del posizionamento delle parti in causa» l’offerta più equa e/o il compenso.
Il compenso viene calcolato considerando anche i costi sostenuti per gli investimenti tecnologici, il numero dei giornalisti, il numero di consultazioni online dell’articolo.

Ai motori di ricerca, agli aggregatori e ai social network viene concesso di pubblicare liberamente sia i link che gli snippet, ovvero «qualsiasi locuzione che non sia dotata di autosufficienza esplicativa» e che renda necessaria la lettura dell’articolo intero.

Al momento l’Italia è soggetta a ben 79 procedure di infrazione.

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