Torna al centro dell’attenzione il tema della deducibilità dei contributi previdenziali obbligatori per i notai. Con l’ordinanza n. 1690/2025, la Cassazione ha ribadito un principio ormai consolidato nella sua giurisprudenza: i contributi previdenziali versati in relazione all’attività professionale devono essere dedotti direttamente dal reddito di lavoro autonomo e non dal reddito complessivo.
La vicenda nasce da un accertamento Irap nei confronti di uno studio associato di notai, cui era contestata la deduzione dei contributi versati alla Cassa Nazionale del Notariato dal reddito professionale, ritenendo invece l’Agenzia delle Entrate che tali somme andassero sottratte solo dal reddito complessivo. La Suprema Corte ha però confermato la posizione dei professionisti, cassando la sentenza favorevole all’amministrazione finanziaria e richiamando una lunga serie di pronunce precedenti (tra cui Cass. 7340/2021, 18395/2020, 321/2018).
Il concetto di “inerenza” dei contributi all’attività professionale svolta — sottolinea la Corte — è decisivo per determinarne la deducibilità dal reddito di lavoro autonomo e, di conseguenza, l’esclusione di tali importi dalla base imponibile Irap. Questo principio vale indipendentemente dalla riscossione o meno del compenso per la prestazione svolta e dall’eventuale gratuità della stessa.
Curiosamente, osserva la dottrina, il legislatore nella recente riforma fiscale approvata con il Dlgs 192/2024 aveva inizialmente previsto all’articolo 54-septies una disposizione esplicita sulla deducibilità dei contributi previdenziali per tutte le categorie professionali dal reddito di lavoro autonomo. Tuttavia, tale previsione è stata eliminata dal testo definitivo, mantenendo in vita una disparità tra notai, artisti e altri professionisti.
Attualmente, infatti, solo i forfettari possono dedurre i contributi nel quadro LM, mentre gli altri professionisti devono continuare a dedurli nel quadro RP del modello Redditi, ovvero dal reddito complessivo e non direttamente da quello professionale, con effetti differenti sul calcolo dell’Irap.
Il contenzioso continua dunque a interessare diverse categorie professionali e, come sottolineano gli esperti, la recente decisione della Cassazione potrebbe alimentare ulteriori richieste di chiarimento e interventi normativi per uniformare definitivamente il trattamento fiscale dei contributi previdenziali obbligatori.
Un tema ancora aperto, destinato probabilmente a rientrare nel dibattito fiscale dei prossimi mesi, specie in vista delle future tappe di attuazione della riforma tributaria.
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