Una nuova e preoccupante deriva nell’equilibrio dei poteri dello Stato. È questa la posizione netta dell’Unione Nazionale delle Camere Penali Italiane, che ha diffuso un documento a seguito dell’Assemblea Generale della Corte Suprema di Cassazione, tenutasi lo scorso 19 giugno. L’occasione, convocata formalmente per “una riflessione condivisa sul ruolo della Corte di Cassazione quale garante dell’unità del diritto”, ha finito col trasformarsi — secondo l’associazione forense — in un’iniziativa che travalica i limiti normativi e costituzionali, sconfinando in un ambito di competenza esclusiva del potere legislativo.
Il nodo giuridico e istituzionale
A essere contestata è la modalità con cui la Suprema Corte ha utilizzato l’Assemblea Generale, strumento previsto dall’articolo 93 dell’Ordinamento giudiziario per deliberazioni di carattere interno e organizzativo-amministrativo, e non certo per formulare indirizzi sul ruolo interpretativo del giudice di legittimità o, peggio ancora, per rivolgere proposte e richieste al Governo, al Parlamento e al Consiglio Superiore della Magistratura.
Il documento delle Camere Penali richiama il principio costituzionale sancito dall’articolo 101, comma 2, che riserva alla legge la disciplina dell’attività giurisdizionale, e denuncia l’illegittimità di un’Assemblea che si attribuisce funzioni consultive non previste, né consentite.
Una “nuova frontiera” dell’ampliamento di potere
La Giunta dell’Unione Camere Penali sottolinea come il deliberato approvato dalla Cassazione arrivi persino a rivolgere raccomandazioni al Parlamento per “acquisire il punto di vista della Corte su riforme processuali e ordinamentali”, un’iniziativa non solo priva di fondamento normativo, ma lesiva delle prerogative istituzionali delle Camere e del Governo.
Particolarmente grave, prosegue il documento, è il richiamo contenuto nel deliberato a introdurre una nuova disciplina per l’accesso all’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, separando chi difende nei giudizi di merito da chi esercita nei giudizi di legittimità. Dietro la motivazione apparente — migliorare la qualità dei ricorsi — si cela, secondo i penalisti, l’obiettivo di ridurre fortemente il numero di avvocati legittimati a ricorrere in Cassazione, mutando di fatto la natura della Suprema Corte da giudice di terza istanza a organo di sola nomofilachia.
Le ricadute costituzionali
Una prospettiva che l’Unione definisce inaccettabile anche nel merito, in quanto contraria al settimo comma dell’articolo 111 della Costituzione, che garantisce il diritto di ricorrere in Cassazione come presidio della tutela giurisdizionale. Una garanzia che rischia di svuotarsi di significato se il filtro all’accesso viene innalzato oltre misura o demandato a criteri estranei alla funzione giurisdizionale.
Una preoccupante abitudine istituzionale
Non è la prima volta -secondo l’UNCP- che il Consiglio Superiore della Magistratura e ora anche la Cassazione utilizzano impropriamente forme di parere o sollecitazione a Parlamento e Governo in assenza di espresse richieste istituzionali. La Giunta delle Camere Penali denuncia così una prassi ormai consolidata, che altera il delicato equilibrio tra poteri e mette a rischio l’autonomia e l’indipendenza reciproca delle istituzioni.
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