La Prima presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano è intervenuta all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Consiglio nazionale forense con un discorso accolto da lunghi applausi e una standing ovation. Cassano ha rilanciato il valore del dialogo tra magistratura e avvocatura, sottolineando la comune responsabilità di garantire lo Stato di diritto e la tutela effettiva dei diritti fondamentali. L’avvocato, ha detto, «è un protagonista ineliminabile della giurisdizione», portatore della domanda di giustizia in tutte le sue dimensioni, individuali e sociali. Da qui l’invito a superare le polemiche contingenti e a costruire una visione condivisa e di lungo respiro, capace di rinsaldare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Nel suo intervento, la Prima presidente ha anche posto l’attenzione sulla qualità della produzione normativa italiana: una legislazione «intensa, superiore alla media europea», che spesso genera disorientamento, con messaggi contraddittori dettati dalle contingenze politiche. Un fenomeno legato sia alla frammentazione del corpo sociale, incapace di condividere valori comuni, sia all’uso simbolico della legge come risposta immediata a istanze sociali.
Critiche anche allo spostamento del potere normativo dal Parlamento al Governo, con la frequente adozione di provvedimenti d’urgenza che rendono difficile la coerenza e il coordinamento del sistema normativo. Una difficoltà che si riverbera sul lavoro quotidiano di magistrati e avvocati, costretti a interpretare norme spesso ambigue o contraddittorie.
La presidente ha poi sollevato un tema cruciale: la riduzione del diritto a tecnica applicativa, senza un adeguato approfondimento culturale e valoriale. In presenza di vuoti normativi, ha detto, la giurisdizione è chiamata a scegliere se arrendersi o procedere in una “ricostruzione del sistema” fondata sui principi costituzionali e sovranazionali. In questo quadro, la motivazione delle decisioni diventa elemento centrale: non solo obbligo formale, ma garanzia di razionalità, trasparenza e prevedibilità, condizioni essenziali per il diritto di difesa.
Cassano ha ricordato che il giudizio non è un esercizio meccanico, né può essere affidato a strumenti tecnologici: «Il diritto vive di sfumature, interpretazioni e confronto», e non può ridursi a una somma di precedenti applicati senza riflessione. L’intelligenza artificiale, per quanto evoluta, non potrà mai sostituire la sensibilità umana nel cogliere la complessità delle situazioni.
Da qui l’appello finale a magistrati e avvocati per un «patto per il futuro»: una rinnovata alleanza culturale e professionale per affrontare le sfide della società contemporanea, anche là dove la legge tace o non basta. Un nuovo umanesimo giuridico, ha concluso Cassano, che ponga al centro la persona, le sue emozioni e le sue ragioni. Perché l’errore giudiziario è la più grave ingiustizia, e il diritto deve servire a prevenirlo, mai a legittimarlo.
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