WhatsApp dma

WhatsApp: sarà possibile chattare con altre app

Il 7 marzo il Digital Markets Act (DMA) diventerà pienamente operativo anche per i “gate keeper”, ovvero Alphabet, Amazon, Apple, ByteDance, Meta e Microsoft. Si tratta di piattaforme che da almeno tre anni influenzano le scelte di consumatori e imprese all’interno dell’Unione Europea.

Queste aziende, secondo il legislatore europeo, hanno almeno 45 milioni di utenti attivi al mese, un fatturato globale di almeno 7,5 miliardi o una valutazione di 75 miliardi nei tre anni passati e 10.000 imprese che utilizzano i loro servizi in almeno tre Stati.

Si sta rivelando un po’ più complessa l’individuazione dei servizi compresi nel DMA, chiamati “core platform services”. Questi sono suddivisi nelle seguenti categorie:

  • Social network;
  • Sistemi per la pubblicità;
  • Servizi di intermediazione;
  • Servizi di condivisione video;
  • Browser per la navigazione online;
  • Motori di ricerca;
  • Sistemi di messaggistica;
  • Sistemi operativi.

Il DMA ha lo scopo di dare alle PMI gli strumenti legali per poter competere con le big tech, come, per esempio, lo strumento dell’interoperabilità. A tal proposito, si parla di “Number-independent interpersonal communication services”, ovvero servizi di messaggistica indipendenti dal numero, nei quali rientrano WhatsApp e Messenger.

Queste due piattaforme dovranno quindi garantire l’interoperabilità dei propri servizi ad altre piattaforme di messaggistica istantanea, quali Telegram, Signal, Viber e Wire. Questo vuol dire che gli utenti potranno inviare messaggi senza obbligo di scaricare una determinata app: se un mio amico ha solo Telegram, quando mi scriverà potrò leggere il suo messaggio su WhatsApp.

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Secondo l’articolo 7 del DMA ci saranno tre fasi:

  1. Inizialmente dovrà essere garantita la possibilità di scambiare messaggi, vocali, foto, video e file tra singoli;
  2. Entro due anni questo dovrà essere possibile anche nelle chat di gruppo;
  3. Entro quattro anni l’interoperabilità verrà estesa a chiamate e videochiamate.

Tutto questo dovrà avvenire senza dimenticare la cifratura delle comunicazioni, ovvero, non ci possono essere intercettazioni.

Per il DMA «il gatekeeper ha facoltà di adottare misure volte a garantire che i fornitori terzi […] che chiedono l’interoperabilità non presentino rischi per l’integrità, la sicurezza e la privacy dei suoi servizi, a condizione che tali misure siano strettamente necessarie e proporzionate e siano debitamente giustificate dal gatekeeper».

Un problema non indifferente è che le app di messaggistica utilizzano protocolli differenti per la cifratura dei dati. Dunque, al fine di garantire l’interoperabilità, sarà necessario utilizzare dei protocolli meno rigidi, e di conseguenza meno sicuri.


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Gli italiani sempre più a rischio di truffe e furti d’identità online

Esame Avvocato: prorogate norme alla sessione 2024

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Gli italiani sempre più a rischio di truffe e furti d’identità online

Ogni giorno circa 37 milioni di italiani navigano online per una media di due ore e mezza. Online si lavora, si organizzano le vacanze e si effettuano acquisti.

Tra social e siti condividiamo spesso i nostri dati personali, che potrebbero diventare oro per i cybercriminali. Solitamente, le truffe online riguardano il furto dell’identità digitale, attraverso account bancari, dati anagrafici, dati sanitari e utenze telefoniche.

Per rubare l’identità digitale di una persona, il cybercriminale ha bisogno di dati come nome, cognome, numero di telefono e numero della carta d’identità, oltre alle credenziali d’accesso per i social e/o gli account online e i codici bancari.

Nel 2022 la Polizia Postale ha constatato come la maggior parte dei furti d’identità online avviene con le tecniche di smishing e vishing, due sottogeneri del phishing.

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Solitamente il criminale fa finta di essere un operatore di un’azienda fornitrice di beni e servizi, oppure un membro delle forze dell’ordine. Ingannando la vittima, il criminale tenta in tutti i modi di estorcere alcune informazioni. Il malcapitato ha buone probabilità di cadere nel tranello, visto che il numero dal quale chiamano i criminali sembra proprio quello “vero”.

Un esempio potrebbe essere un sms proveniente dalla banca. L’utente viene invitato ad accedere al suo conto online attraverso un link, che porta ad un sito quasi identico a quello della banca.

Inoltre, per rendere la cosa più verosimile, il malcapitato viene contattato da un “operatore bancario”. Ebbene, dopo aver inserito i codici richiesti, i truffatori hanno la strada spianata per poter rubare soldi dai conti correnti delle vittime.

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Circa il 12% dei furti d’identità avviene tramite una mail “ingannatrice” (tecnica del phishing). In passato era più semplice individuare queste mail fraudolente, poiché il testo del messaggio conteneva parecchi errori grammaticali. Oggi, le mail sono molto più raffinate.

Attenzione, perché le truffe avvengono anche su WhatsApp. Di recente si è verificato un caso in cui un Responsabile Amministrativo di una società ha ricevuto un messaggio dal suo “Amministratore Delegato”, che voleva avvertirlo che sarebbe stato contattato da un legale per finalizzare una trattativa d’acquisto.

Il finto avvocato avrebbe esortato il Responsabile Amministrativo ad emettere un bonifico corrispondente ad una somma di denaro non indifferente, oltre ad aver richiesto di compilare dei documenti riservati allegando i documenti d’identità.

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I furti d’identità si verificano anche con i malware, che vengono installati sul pc della vittima dopo che questa ha scaricato, senza saperlo, un software infetto. I malware più famosi sono gli Infostealer. Come spiega l’AD di Swascan, Pierguido Iezzi: «La loro particolarità è che riescono ad aggirare i più comuni antivirus e restano silenziosamente attivi nel computer colpito».

«Ogni volta che inseriamo informazioni personali e sensibili sul nostro computer», prosegue Iezzi, «l’Infostealer è in grado di registrarli e girarli ai criminali online. Il caso più classico è quello delle combinazioni e-mail e password necessarie per accedere all’online banking. Da lì il cybercriminale può sfruttarli in svariati modi. Può telefonare alla vittima spacciandosi per un operatore della banca e dichiarare che c’è stato un movimento sospetto sul suo conto online. Poi il criminale si fa consegnare i codici univoci di accesso al conto corrente, sottraendolo completamente al controllo della vittima».

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Esame Avvocato: prorogate norme alla sessione 2024

Attenzione al malware dell’Agenzia delle Entrate

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Esame Avvocato: prorogate norme alla sessione 2024

Con l’approvazione del decreto Milleproroghe, sono stati affrontati due nodi riguardanti l’avvocatura, ovvero la conferma dell’esame da avvocato nella sessione 2024 con il sistema utilizzato l’anno precedente e la proroga di un anno delle norme che permettono ai legali con 12 anni d’attività di accedere automaticamente all’albo dei cassazionisti.

Il CNF si dice «soddisfatto per l’approvazione degli emendamenti al decreto legge Milleproroghe che protraggono il regime transitorio per le modalità di svolgimento dell’esame di abilitazione professionale, consentendo lo svolgimento della prossima sessione con le stesse modalità previste per il 2023».

«Le proroghe disposte consentono di garantire la continuità del sistema di accesso alla professione forense, posticipando così l’entrata in vigore delle nuove modalità», affinché vengano tutelate «le aspettative di coloro che si stanno preparando all’esame di Stato».

«Gli emendamenti approvati», secondo il CNF, rappresentano «un passo importante verso la riforma organica della professione, auspicando che il Parlamento possa avviare al più presto un confronto costruttivo con le rappresentazioni forensi per definire un nuovo assetto ordinamentale in grado di rispondere alle esigenze degli avvocati e degli aspiranti tali».

Anche l’Associazione italiana giovani italiani ha rilasciato un comunicato, nel quale ha espresso «grande soddisfazione per l’approvazione, nelle commissioni Affari costituzionali e Bilancio riunite, degli emendamenti proposti al decreto Milleproroghe in tema di abilitazione all’esercizio della professione forense e per l’abilitazione dinnanzi alle giurisdizioni superiori».

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Osserva Carlo Foglieni, presidente nazionale di Aiga: «Il primo emendamento contribuirà a fornire continuità e maggiore sicurezza al percorso di formazione obbligatoria intrapreso dai giovani praticanti avvocati, garantendo univocità di trattamento fra i candidati delle varie sessioni. Rappresenta, inoltre, un importante punto di partenza nel processo di avvicinamento alla riforma dell’esame di abilitazione».

L’altra proroga, prosegue Aiga, consente di «ottenere il titolo di “cassazionista” a coloro che matureranno il requisito dei dodici anni di iscrizione entro il 2 febbraio 2025». Per Foglieni, tale norma «permetterà a tanti/e colleghi e colleghe di completare il proprio percorso professionale».


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Attenzione al malware dell’Agenzia delle Entrate

Aptus.AI: l’intelligenza artificiale che interpreta i documenti legali

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Attenzione al malware dell’Agenzia delle Entrate

È stata scoperta un’altra campagna malware contro le aziende italiane.

Una società americana che lavora nel campo della sicurezza informatica ha scoperto che il gruppo TA544, che già nel passato si era fatto notare per alcune minacce informatiche in ambito bancario, ha dato il via ad una campagna di cyberattacchi, nel tentativo di convincere i malcapitati a scaricare un malware, DanaBot, inviato tramite mail.

Scendendo nel dettaglio, le vittime hanno cominciato a ricevere alcuni messaggi da una finta Agenzia delle entrate, con la richiesta di scaricare un documento per poter risolvere alcuni problemi circa le «liquidazioni periodiche dell’Iva».

Se si clicca sul link per effettuare il download, i malcapitati attiveranno il malware DanaBot, utilizzato «per la raccolta di informazioni, il monitoraggio remoto e per stabilire persistenza all’interno dell’azienda presa di mira».

DanaBot è stato utilizzato poche volte dai gruppi criminali informatici, ma sempre nello stesso modo, e per questo gli esperti di cybersicurezza pensano che in futuro il malware lascerà più tracce «nei dati delle minacce via email».

Le minacce informatiche, negli ultimi tempi, stanno aumentando moltissimo, e per questo motivo è bene costruire una cultura della sicurezza, destinata sia a privati che ad aziende.

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Aptus.AI: l’intelligenza artificiale che interpreta i documenti legali

Il 4 marzo ci sarà uno sciopero degli avvocati penalisti

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Aptus.AI: l’intelligenza artificiale che interpreta i documenti legali

Nel 2018 a Pisa è nata la startup Aptus.AI, con l’idea di utilizzare l’intelligenza artificiale generativa potenziata (Rag) al fine di superare le barriere di accessibilità presenti all’interno del settore legale.

La startup ha addestrato la piattaforma Daitomic  con lo scopo di offrire ai legali un accesso completo e semplice alle informazioni di tipo giuridico.

La Rag è una particolare tecnica intelligenza artificiale che migliora le risposte di testo che si basano sugli Llm, i modelli linguistici, attraverso database e informazioni specifiche.

Aptus.AI è stata fondata da Andrea Tesei e Lorenzo De Mattei. Come spiega Tesei a Wired: «Volevamo portare in industria la nostra tecnologia, che era in parte il risultato delle nostre ricerche accademiche, per risolvere un problema concreto: rendere più accessibili i documenti».

Dopo aver sperimentato all’interno del mondo della compliance, i due hanno deciso di buttarsi nell’ambito legale.

Nell’ultimo anno, la loro realtà è cresciuta parecchio, e il loro fatturato è aumentato di 8 volte. «Il mio socio Lorenzo De Mattei ha sviluppato il primo modello di generative AI sull’italiano, basato sul GPT-2. Oggi, abbiamo una base dati che ci permette di usare la Rag, un metodo che ci aiuta a trovare il contesto normativo giusto per rispondere a una domanda. In questo modo, possiamo non solo fornire la risposta, ma anche mostrare la fonte da cui è stata generata».

Daitomic mette al sicuro i dati sensibili e quelli aziendali, poiché è un sistema dotato di un’infrastruttura che previene e contrasta i rischi cyber. Secondo Tesei il sistema ha un valore aggiunto, ovvero aumentare la potenza dell’intelligenza artificiale generativa nel rispondere a quesiti complessi in ambito legale.

Qualsiasi tipo di intelligenza artificiale, in ogni caso, non sostituirà mai i professionisti del mondo legale. Spiega ancora Tesei: «Secondo me, questo non accadrà mai. Soluzioni di questo tipo avranno sempre delle difficoltà a correlare aspetti legati a casi reali. Questi aspetti devono essere interpretati e contestualizzati da un umano, non possono essere analizzati in maniera asettica. Rimarranno perciò strumenti di supporto, ma in grado di rivoluzionare le nostre vite. Queste funzionalità sono capaci di fare tante cose, ma devi dare tu gli input giusti».


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Il 4 marzo ci sarà uno sciopero degli avvocati penalisti

Approvato il Ddl Nordio: addio all’abuso d’ufficio

sciopero avvocati

Il 4 marzo ci sarà uno sciopero degli avvocati penalisti

Il prossimo 4 marzo si terrà uno sciopero degli avvocati penalisti del foro di Milano. La decisione è stata presa dal Consiglio direttivo della Camera penale di Milano in seguito alle vicende che ruotano attorno al processo contro Alessia Pifferi, accusata di aver lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi.

Gli avvocati, in una nota, sottolineano di voler «tutelare la serenità del processo e dunque dell’imputato che lo subisce. Il diritto di difesa e di esercizio del diritto alla prova nel processo che sono stati pericolosamente intaccati dalla condotta del pubblico ministero».

Ci si riferisce ad un’inchiesta parallela al processo, riguardante due psicologhe che lavorano nel carcere di San Vittore. Queste avrebbero aiutato Alessia Pifferi, insieme all’avvocata, ad ottenere la perizia psichiatrica alterando i risultati del test psicodiagnostico e il suo diario clinico, accertando che la donna soffrisse di un grave deficit cognitivo.

Dell’inchiesta non era stata informata l’altra pm, che per questo motivo ha rinunciato all’incarico.

Secondo il procuratore Viola della Camera penale di Milano si dovrebbe procedere a «riassegnare» ad altri pm sia il processo in corso che le nuove indagini. Secondo gli avvocati, il pm, «anziché contestare la prova durante il processo, ha usato impropriamente il suo potere investigativo, rischiando di intimidire difensore, personale sanitario, consulenti, periti e, in ultima analisi, i giudici che, ne siamo certi, non consentiranno ingerenze».

Spiega la Camera penale milanese: «Crediamo che debba esserci una compatta reazione contro condotte al di fuori delle regole del sistema processuale ed invitiamo i dirigenti degli uffici giudiziari a confrontarsi con gli avvocati penalisti sui temi posti nella delibera».

«Vi sono forti dubbi in ordine al rispetto delle disposizioni contenute nel progetto organizzativo della stessa Procura, che fornisce precise indicazioni in ordine alle modalità di iscrizione delle notizie di reato, prima tra tutti il divieto di auto assegnazione, e che prevede, comunque, l’intervento del Procuratore aggiunto di turno».

Lo sciopero previsto per il 4 marzo avverrà contemporaneamente alla prossima udienza del processo a Pifferi, che riprenderà a seguito della perizia psichiatrica.


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Approvato il Ddl Nordio: addio all’abuso d’ufficio

Nel 2024 la Pec diventerà europea

ddl Nordio

Approvato il Ddl Nordio: addio all’abuso d’ufficio

È stato approvato in Senato il Ddl Nordio, con 104 voti a favore e 56 contrari. Il disegno di legge proposto dal Guardasigilli prevede varie modifiche al codice di procedura penale, al codice penale, al codice dell’ordinamento militare e all’ordinamento giudiziario.

Il ddl cancella l’art. 323 del codice penale, ovvero il reato di abuso d’ufficio. Viene modificato anche l’art. 346-bis del codice penale.

Nel corso degli ultimi anni il reato di abuso d’ufficio è stato molto criticato da sindaci e amministratori, che sostengono che tale reato spinga ad evitare di assumersi la responsabilità decisionale anche per quanto riguarda provvedimenti molto banali, per il timore di finire coinvolti in procedimenti penali.

L’abuso d’ufficio provoca la cosiddetta “paura della firma”, la paura, dunque, di assumersi una responsabilità.


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Nel 2024 la Pec diventerà europea

Revisione dei contratti: ChatGPT batte gli avvocati

pec europea 2024

Nel 2024 la Pec diventerà europea

Nel 2024 arriveranno grandissime novità per la Pec. Infatti, la Pec diventa europea, e si chiamerà Registered electronic mail, Rem.

La posta elettronica certificata è nata nel 2005, e da quel momento è rimasta praticamente identica rispetto a quella originale. Da gennaio 2022, tuttavia, la Pec ha cominciato un nuovo percorso, al fine di adeguarsi al regolamento eIDAS, che prevede la nascita della Rem proprio da quest’anno.

Dunque, la nostra attuale Pec verrà registrata su tutto il territorio europeo, e i cittadini europei potranno ricorrere a questo strumento per le comunicazioni con valore legale.

Viene introdotto, all’interno dello standard europeo ETSI EN 319 532-4, il Common service interface, il Csi: si tratta di un’interfaccia di tipo tecnologico che consente uno scambio sicuro fra i gestori e gli utilizzatori della Pec/Rem.

Il Csi provvederà alla verifica dell’indirizzo di posta, dell’identità del cittadino, dell’integrità del contenuto e della data e dell’ora in cui è stato inviato e ricevuto il messaggio.

Non ci saranno cambiamenti nell’indirizzo: bisognerà semplicemente adattarsi alle nuove norme europee. Le modalità d’accesso e le funzionalità non cambieranno, dunque, ma verrà rafforzata la sicurezza attraverso il riconoscimento dell’identità (con SPID, CIE, CNS o video riconoscimento con operatore) e attraverso la verifica in due passaggi.

Se non verranno eseguiti questi passaggi, la Pec non potrà essere utilizzata, ovvero, sarà possibile inviare messaggi, ma non ci sarà più alcuna certificazione.

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Revisione dei contratti: ChatGPT batte gli avvocati

Stretta sul sequestro dei cellulari: ecco le novità

avvocati e chatgpt

Revisione dei contratti: ChatGPT batte gli avvocati

Alcuni ricercatori neozelandesi della società Onit, produttrice di software e prodotti di IA per il mondo legale, hanno recentemente studiato le capacità dei LLM, i modelli linguistici di grandi dimensioni, come ChatGPT, per quanto riguarda le capacità di revisione dei contratti.

Nello studio sono state confrontate le prestazioni degli strumenti di intelligenza artificiale generativa con le prestazioni degli avvocati in determinate attività legali, come, per esempio, la revisione dei contratti.

La ricerca, dal titolo Better Call GPT, Comparing Large Language Models Against Lawyers, dimostra che i modelli linguistici di grandi dimensioni raggiungono, e talvolta superano, le competenze dei professionisti in ambito di diritto contrattuale.

Il gruppo di ricerca ha testato diverse intelligenze artificiali, ma i risultati migliori sono arrivati con l’ultima versione di ChatGPT, ovvero GPT-4, soprattutto per quanto riguarda l’individuazione dei problemi presenti nei contratti.

Gli avvocati hanno avuto qualche vantaggio nel rilevamento dei problemi contrattuali, ma con differenze minime. Per quanto riguarda la velocità, gli LLM hanno sconfitto gli avvocati: le intelligenze artificiali hanno bisogno soltanto qualche secondo, mentre gli avvocati di circa un’ora.

Inoltre, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale si è dimostrata una pratica molto più economica: 2 centesimi a contratto contro 74 dollari per un avvocato junior.

Nonostante lo studio e le prove convincenti, è necessario svolgere altre ricerche per confermare tali risultati. Di certo, i sistemi di intelligenza artificiale sembrano avere grandi capacità in determinati ambiti rispetto agli avvocati, e per questo gli studi legali potrebbero dotarsi di modelli come ChatGPT per velocizzare e ottimizzare alcune attività, magari quelle ripetitive.


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Arriva una nuova riforma sul sequestro dei telefoni cellulari. L’autorizzazione arriverà dal Giudice per le indagini preliminari, e non dal pubblico ministero, che potrà autorizzare il sequestro soltanto nei casi di necessità e di urgenza.

La riforma includerà anche l’acquisizione autonoma dei contenuti, dai quali verranno esclusi comunicazioni e messaggi.

Ulteriori interventi legislativi in materia di Giustizia comprenderanno anche reati fiscali considerati meno gravi, come i provvedimenti circa la responsabilità medica, i reati delle procedure concorsuali, fallimentari e la sicurezza sul lavoro. A marzo, invece, alle Camere, ci sarà la legge sulla separazione delle carriere.

Tutto questo è stato annunciato da Francesco Paolo Sisto, viceministro alla Giustizia, durante l’evento d’inaugurazione dell’anno giudiziario dei penalisti.

Per quanto riguarda «la riforma del sequestro dei cellulari, noi riteniamo che questa misura debba passare dal giudice e non dal pubblico ministero. Seguendo la Corte Costituzionale, vista la differenza tra i documenti e le comunicazioni, come messaggistica, WhatsApp eccetera, queste ultime devono essere soggette ai limiti di ammissibilità tassativi dell’articolo 266 del codice di procedura penale, perché questa diversa natura possa ottenere il dovuto riconoscimento».

Prosegue: «Rafforziamo la tutela proponendo che sia il Gip a dare l’autorizzazione. Una volta che il pubblico ministero andrà a selezionare il materiale nel telefono, potrà sequestrare autonomamente i documenti, come foto e altri file, mentre per le conversazioni come la messaggeria dovrà rivolgersi al giudice».

Per quanto concerne i reati di tipo fiscale, quelli considerati meno gravi potranno essere conciliati «con l’erario e questo avrà una certa influenza nel processo penale».

Entro il mese di febbraio l’iter per la separazione delle carriere dei magistrati verrà completato: «Nella prossima conferenza dei capigruppo alla Camera, Paolo Barelli di Forza Italia chiederà la calendarizzazione della separazione delle carriere nel mese di marzo. Noi non scherziamo sulla separazione. C’è un lavoro in prima commissione che deve trovare compimento».


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