La digitalizzazione della Giustizia ha subito una forte e inaspettata accelerazione durante gli ultimi mesi caratterizzati dall’epidemia da COVID-19.
Una digitalizzazione un po’ forzata e caotica.
La Fase 2 della Giustizia, iniziata oggi 12 maggio 2020, sta avvenendo con alcune difficoltà, generata soprattutto dall’assenza di linee guida nazionali.
Il risultato è che ogni ufficio giudiziario ha ora le proprie regole, diverse da quelle degli altri. Come l’ha definita l’OCF: “una vera babele“.
Ma oltre ai problemi organizzativi legati al rispetto delle misure di contenimento, c’è poi una marcata serie di problemi tecnici. Giusto per fare un esempio: se, da un lato, si vuole favorire lo smart working per garantire il distanziamento sociale ed evitare gli assembramenti, dall’altro, il personale amministrativo non ha ancora modo di poter accedere in remoto ai fascicoli e ai registri.
La digitalizzazione della Giustizia, con le sue incertezze e le sue potenzialità, ha suscitato un discreto dibattito fra coloro che sostengono che sia un bene e altri che la percepiscono come una minaccia.
IL PASSATO E IL FUTURO DELLA DIGITALIZZAZIONE DELLA GIUSTIZIA
La digitalizzazione della Giustizia non è certo una novità di questo periodo.
Già nel Piano d’azione in materia di Giustizia elettronica europea del 2009 si suggeriva l’uso della videoconferenza.
In Italia questa tecnologia è stata usata principalmente per i processi penali che coinvolgono detenuti pericolosi per i quali è auspicabile evitare qualsiasi spostamenti dal carcere alle aule giudiziarie [agenda digitale]
Considerando la situazione attuale, anche cercando di essere ottimisti, dobbiamo considerare tre elementi:
- – con le attuali misure di contenimento non sarà possibile garantire gli stessi volumi di lavoro dell’epoca pre-coronavirus;
- – vi è sempre la possibilità che i contagi tornino ad aumentare e che vengano imposte nuove misure restrittive alle attività giudiziaria,
- – al già mastodontico arretrato che la Giustizia aveva prima dell’emergenza, si aggiungerà anche quello di questi mesi di stop, rendendo il sistema ancor più costipato.
È proprio alla luce di ciò che, forse, la digitalizzazione della Giustizia diventa necessaria.
La tecnologia e la dematerializzazione dei processi potrebbero infatti apportare benefici in termini
- – di tempo, con una riduzione dei tempi morti
- – di costi, grazie, per esempio, alla riduzione degli spostamenti
- – di accesso alla Giustizia, che sarà garantito anche in caso di nuovi lock down.
Insomma, la tecnologia permette di tutelare i principi costituzionali del diritto di difesa (art.24) e del buon andamento dell’amministrazione (art.97). [agenda digitlae]
A proposito di diritti costituzionali e digitalizzazione della Giustizia, Salvatore Scuto, su Il Sole 24 Ore, scrive: “Il problema, infatti, più che sul piano tecnologico si pone sul piano della tutela del contraddittorio, dell’oralità, dell’immediatezza, della riserva di legge che costituiscono la più alta espressione di una regola epistemologica per la formazione della prova, riconosciuta come valida dalla collettività al punto da essere contenuta in Costituzione.”
Questo elemento è stato particolarmente sentito da molti avvocati penalisti che hanno vissuto come un limite l’imposizione delle udienze da remoto.
La questione è certamente delicata, ma è chiaro che sarà davvero difficile tornare alla Giustizia di un tempo.
LE SOLUZIONI?
Le opinioni dell’avvocatura sulla digitalizzazione della Giustizia sono variegate.
C’è chi accoglie con grande entusiasmo le novità, chi con grande timore.
C’è chi sostiene che l’unico modo per far ripartire la Giustizia ora sia depenalizzando alcuni reati e favorendo i riti alternativi, chi invece dice che agli avvocati dovrebbe essere revocato il periodo feriale estivo di quest’anno.
Da un punto di vista puramente informatico, noi siamo d’accordo con chi sostiene che se si vuol davvero digitalizzare la Giustizia, allora bisogna:
- – impostare delle regole omogenee e condivise (per esempio, stabilire quali comportamenti le parti devono tenere durante una videoconferenza),
- – modernizzare l’infrastruttura tecnologia a disposizione di tutti i soggetti coinvolti,
- – impostare procedure e strumenti per la tutela della privacy e per la sicurezza informatica.
Il cambiamento non è mai semplice.
Anche ai tempi dell’introduzione del Processo Civile Telematico si poteva assistere a una spaccatura tra chi lo accoglievano con favore e chi lo vedeva come una minaccia.
Ora però il PCT non fa più notizia e, anzi, c’è davvero qualcuno che tornerebbe indietro?
[Spunti e approfondimenti:
Il Sole 24 Ore: Giustizia, perché per riprendere servono soluzioni condivise
Panorama: La Giustizia al bivio. Ci salverà l’udienza virtuale.
Agenda Digitale: Udienze a distanza causa coronavirus, come vanno e i problemi.
Starmag: La Giustizia non riparte. Che cosa non funziona. ]
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