Un semplice errore nell’indirizzo PEC può compromettere irrimediabilmente il diritto di difesa? La questione, di grande rilevanza pratica per avvocati e cittadini, approda davanti alla Corte costituzionale.
Con l’ordinanza n. 30071, la Cassazione ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità dell’articolo 87-bis, comma 7, lettera c), del decreto legislativo n. 150/2022, introdotto dalla riforma Cartabia. La norma prevede che l’impugnazione sia dichiarata inammissibile se trasmessa a un indirizzo PEC diverso da quello dell’ufficio che ha emesso il provvedimento, anche quando l’atto perviene comunque al giudice competente entro i termini di legge.
Il caso concreto
Il ricorso trae origine da un reclamo proposto da un detenuto al Tribunale di sorveglianza, tramite posta elettronica certificata, ma inviato all’indirizzo dell’ufficio giudiziario e non a quello specifico della sezione di sorveglianza che aveva adottato il provvedimento. Nonostante la coincidenza fisica delle sedi e la circostanza che l’atto fosse comunque arrivato al giudice competente, il Tribunale dichiarava l’inammissibilità del reclamo.
I rilievi della Cassazione
Secondo la Suprema Corte, l’esigenza di rapidità e certezza delle comunicazioni processuali non può tradursi in un ostacolo sproporzionato all’accesso alla giustizia. Il formalismo rigido della norma rischia infatti di comprimere il diritto a un equo processo sancito dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali.
La Cassazione ha quindi rimesso la questione alla Consulta, chiamata a valutare se l’impossibilità di sanare un vizio meramente formale rappresenti una compressione eccessiva delle garanzie difensive, soprattutto nei procedimenti successivi al primo grado previsti dall’ordinamento.
Verso un chiarimento costituzionale
La decisione della Corte costituzionale potrà incidere significativamente sull’interpretazione delle regole processuali introdotte dalla riforma Cartabia e, più in generale, sul rapporto tra esigenze di efficienza del sistema giudiziario e tutela effettiva dei diritti. Una pronuncia che gli operatori del diritto attendono con particolare attenzione, perché potrebbe segnare un punto di svolta nell’uso degli strumenti telematici nel processo penale e civile.
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