22 Maggio 2025 - Camere penali

Indipendenza e apparenza: i giudici sotto la lente dell’imparzialità

L'Unione Nazionale Camere Penali ribadisce che l'imparzialità del magistrato non può essere limitata alla sentenza, ma deve riflettersi in ogni suo comportamento pubblico e privato. Un monito alla magistratura affinché l'apparenza di terzietà sia prioritaria.

La giustizia italiana torna al centro del dibattito sull’imparzialità dei giudici. L’Unione Nazionale Camere Penali ha criticato fermamente l’idea che la qualità di una decisione giudiziaria possa prescindere dalle condotte del magistrato, sottolineando l’importanza che l’indipendenza e l’imparzialità siano evidenti in ogni aspetto della vita di chi amministra la giustizia.

Secondo la Giunta delle Camere Penali, pretendere di ignorare l’importanza dell’apparenza di imparzialità, delegando l’intera responsabilità alla sola “qualità della decisione”, è un atteggiamento irrazionale. Questa postura, si legge nella nota, sembra motivata solo dalla volontà di mantenere un privilegio ingiustificabile in un sistema democratico basato su un equilibrio di valori costituzionali.

La critica si rivolge anche a chi, pur non condividendo le posizioni del Ministro Nordio, sembra trascurare un insegnamento consolidato della Corte Costituzionale. Quest’ultima, in una sentenza fondamentale, aveva già chiarito che, sebbene i magistrati godano delle stesse libertà di ogni cittadino, le loro funzioni e la loro qualifica non sono indifferenti per l’ordinamento costituzionale. Di conseguenza, tutti i magistrati “devono essere imparziali e indipendenti e tali valori vanno tutelati non solo con specifico riferimento al concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali ma anche come regola deontologica da osservarsi in ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubitarsi della loro indipendenza e imparzialità”. Un principio, evidentemente, ancora troppo spesso disatteso.

Oltre la sentenza: l’importanza della percezione pubblica

L’Unione ribadisce con forza che l’imparzialità non può essere una qualità limitata al verdetto, ma deve essere intrinseca alla figura del giudice, manifestandosi nella sua “pubblica postura”. Viene contestata l’affermazione contenuta nella mozione finale dell’ultimo Congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati, secondo cui una critica non basata sulle motivazioni, ma su “dichiarazioni o meri comportamenti” del magistrato, sarebbe “dannosa per le istituzioni”.

Le Camere Penali sottolineano come una simile prospettiva non tenga conto della complessità della giurisdizione e del processo in una società democratica, dove ogni attore istituzionale deve rispondere responsabilmente del potere conferitogli. Non è accettabile, si argomenta, che non abbia importanza se un giudice abbia espresso posizioni in controversie politiche attinenti al suo giudizio, o se abbia manifestato avversione o apprezzamento su questioni che investono la materia del proprio processo.

Questa visione, secondo la nota, si basa sull’errato presupposto che la qualità del giudice non debba essere oggetto di una percezione positiva anticipata, cruciale per la legittimazione stessa del giudizio. L’imparzialità del giudice, così come la sua terzietà, deve essere radicata nella sua immagine e percepita all’esterno e a prescindere dall’esito del processo. La giurisdizione è un meccanismo sociale delicato e il giudice deve apparire imparziale anche prima dell’inizio del processo. Se tale apparenza viene meno, la correttezza e la legittimità della sua decisione potranno essere facilmente messe in discussione, minando la fiducia dei cittadini nella giustizia.


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