Redazione 7 Novembre 2024

Australia pronta a vietare i social ai minori. Valditara: “Contenuti spesso devastanti”

L’Australia ha annunciato una misura storica per proteggere i minori: vietare l’accesso ai social network ai minori di 16 anni. A dichiararlo è stato il primo ministro Anthony Albanese, determinato a contrastare le grandi aziende tecnologiche per garantire la sicurezza dei giovani online. “I social media stanno davvero danneggiando i bambini e ho intenzione di porre fine a tutto questo,” ha affermato Albanese, sottolineando come le piattaforme social possano rappresentare una minaccia per i più giovani.

Il caso francese: TikTok sotto accusa

La questione ha recentemente preso piede anche in Francia, dove sette famiglie hanno denunciato TikTok. Il gruppo di genitori, uniti nel collettivo Algos Victima, ha deciso di portare la piattaforma cinese in tribunale, accusandola di aver esposto i propri figli a contenuti pericolosi, tra cui video che incitano all’autolesionismo, al suicidio e alla promozione di disturbi alimentari. Questo caso rappresenta un precedente importante in Europa, in quanto per la prima volta i genitori chiedono il riconoscimento della responsabilità diretta di TikTok per le tragiche conseguenze che hanno colpito le loro figlie. Due adolescenti, infatti, si sono tolte la vita a soli 15 anni, altre quattro hanno tentato di suicidarsi e una è diventata anoressica.

Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha commentato la notizia, sottolineando l’importanza di vietare l’accesso ai social ai minori di 15 anni. “Ci sono contenuti spesso devastanti che rischiano di rovinare i nostri giovani,” ha scritto Valditara su X (ex Twitter), a conferma di come il problema sia avvertito anche in Europa.

Un problema globale, una risposta comune?

Con il crescere della consapevolezza sugli effetti negativi dei social network, si intensifica la pressione sui governi e sulle aziende tecnologiche per regolamentare e vigilare sui contenuti accessibili ai minori. Se l’Australia rappresenta un apripista in questa battaglia per la tutela dei giovani, l’Europa, con i suoi casi drammatici, potrebbe presto seguire la stessa strada.


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