Nei giorni scorsi, l’Istituto superiore Besta di Treviso ha inaugurato l’aula di mediazione, ovvero un mini tribunale composto da studenti e professori con lo scopo di risolvere le controversie interne.
Non si tratta di punizioni, sanzioni, o lavori socialmente utili al posto delle sospensioni. La filosofia e la visione pedagogica di Renata Moretti, la dirigente, è tutta un’altra storia. È necessario creare dialogo, riflessione, confronto; dedicarsi alla persona offesa, senza tralasciare chi ha compiuto l’atto contrario.
Dunque, d’ora in poi, quando al Besta ci sarà un litigio, un atto di bullismo o una controversia, tutti i soggetti coinvolti potranno usufruire della mediazione degli studenti, a lungo formati appositamente per rivestire questo importante ruolo.
Dietro il progetto troviamo il concetto di giustizia riparativa, trasportato nei banchi di scuola grazie alla sensibilità dell’associazione “La Voce” e della referente d’istituto per il bullismo.
Spiega la dirigente: «Un’esperienza simile esiste già a Sacile in Friuli Venezia Giulia, dove questa scuola si è gemellata per questo progetto con una realtà spagnola. Anche nel mio istituto abbiamo sposato in pieno questi valori. Vogliamo dare una dimensione diversa al riparare il male facendo altro male; ad esempio somministrando una sanzione se non hai rispettato il regolamento».
«Vogliamo restituire la dignità alla persona offesa», continua, «ma anche stimolare l’empatia di chi ha compiuto qualcosa che non va. Non obblighiamo gli studenti, ma è un principio di volontarietà».
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I mediatori sono dieci studenti del triennio, che, grazie a venti docenti, hanno seguito un apposito corso pensato dall’associazione “La Voce”.
Nella primissima fase d’avvio, gli studenti mediatori saranno affiancati dai professori. Quando sarà il momento, procederanno autonomamente.
Continua Moretti: «La mediazione viene fatta in diverse fasi e step con più incontri tra lo studente offeso e chi ha compiuto il danno». Tale modello potrebbe aiutare a gestire anche i conflitti tra i professori e la dirigente. «Perché no? Non escludo di utilizzarlo anche per noi adulti, magari con un docente come mediatore al posto di un ragazzo».
«Sembra brutto dirlo, ma aspettiamo qualche controversia per capire come andrà», conclude.
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