8 Novembre 2022

Gli algoritmi che ci spiano e che ci spingono a comprare

La tecnologia dell’informazione e della comunicazione ha creato un nuovo profilo di consumatore. Da un lato troviamo un consumatore più selettivo; dall’altro, vittima di strumenti di profilazione molto raffinati, che lo guidano verso alcune scelte non esattamente consapevoli.

Nel mondo di oggi, infatti, le imprese possono avvalersi di tecnologie sofisticate, capaci di costruire pubblicità online che plasmano la personalità del destinatario facendo leva sulle emozioni del consumatore, e non sui suoi bisogni.

Il digitale e la comunicazione commerciale

La tecnologia digitale ha impattato enormemente sulle dinamiche della comunicazione commerciale, che oggi è veicolata da “media intelligenti” che intercettano l’utente, ovunque si trovi. Questi media tracciano le risposte emotive per creare dei finti bisogni di acquisto, che di solito sono manipolati da tecniche di neuromarketing e dall’ingegneria sociale.

Quella che sembra una scelta di consumo autonoma è in realtà il risultato di una comunicazione creata ad hoc. L’economia dell’informazione di oggi impone una scelta di consumo che non si basa sui bisogni reali del consumatore, ma sulle capacità computazionali che vengono condotte da sistemi di intelligenza artificiale e da algoritmi.

L’asimmetria dell’informazione

Che impatto possono avere queste tecnologie sulla privacy e sulla tutela dei diritti fondamentali delle persone, che navigano nell’infosfera ma non sono in grado di conoscere e mappare le dinamiche di un mondo in cui operano quotidianamente?

L’asimmetria dell’informazione che caratterizza la società contemporanea è causa di fenomeni, talvolta allarmanti, come le fake news, la disinformazione, la persuasione occulta e l’illecito condizionamento. Al fine di delineare il confine della liceità della pubblicità nel mondo online è necessario comprendere il sistema regolativo della tecnologia. Se non compreso, infatti, rischia di rendere inefficace o superfluo lo strumento giuridico a tutela dei diritti.

Strumenti utili ma invasivi

Per ridurre le criticità correlate al modello di pubblicità tradizionale, che consentono di veicolare in maniera efficace lo stesso messaggio ad un pubblico variegato, si è introdotto l’utilizzo di strumenti utili anche se decisamente invasivi a livello di diritti dei singoli.

La profilazione, per esempio, è un tipo di trattamento dei dati personali che elabora le informazioni che lascia in rete un utente, creando dei messaggi personalizzati e impattanti sulla psiche del soggetto.

Nel biomarketing, invece, si analizzano i meccanismi cerebrali degli utenti che vengono esposti ad un messaggio pubblicitario, tracciando in questo modo la loro attività emotiva ed elaborando artificialmente lo stesso stimolo, che riproposto nei momenti in cui è più “fragile” riesce ad influenzare la volontà degli stessi.

Comunicazione commerciale illecita

Dato che tali trattamenti automatizzati si basano su alcuni algoritmi decisamente efficienti ma altrettanto non coscienti, ci domandiamo quali implicazioni potrebbe avere l’utilizzo dell’intelligenza artificiale a livello di liceità del messaggio pubblicitario e sul processo di decisione dell’individuo.

Applicare asetticamente gli algoritmi potrebbe portare alla compromissione del sistema economico e della libera concorrenza del mercato. Ma potrebbe anche influenzare la libertà del consumatore.

Una comunicazione commerciale di questo tipo, basata su algoritmi discriminanti, lesivi e non trasparenti, potrebbe essere illecita. Soltanto attraverso un controllo etico, oltre a quello giuridico, lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione possono ritornare ad essere antropocentriche.

La comunicazione pubblicitaria

Con “pubblicità” intendiamo una forma di comunicazione di massa che viene utilizzata dalle imprese al fine di creare consenso intorno alla propria immagine. L’obiettivo è quello di conseguire gli obiettivi di marketing.

La principale caratteristica della comunicazione pubblicitaria è la diffusione di messaggi che hanno l’obiettivo di trasformare il consenso in un atteggiamento che va oltre il semplice acquisto del servizio o del prodotto. La pubblicità informa, seduce e persuade il pubblico, ed è corretta soltanto se fidelizza l’utente finale seguendo principi umanizzanti e civili.

La comunicazione commerciale, dunque, deve essere veritiera, onesta, non ingannevole, trasparente, corretta e non denigratoria.

Il consumatore medio di oggi

Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, il consumatore medio (un soggetto con ordinaria diligenza e intelligenza) è cambiato. Infatti, oggi il consumatore è diventato una vittima inconsapevole di molte strategie di marketing personalizzato. Come tale, dunque, è estremamente persuadibile o manipolabile.

Dato che il nuovo consumatore medio non può essere visto come ragionevolmente informato, il consenso, come espressione del diritto di autodeterminazione informativa, non può essere visto come libero e consapevole.

La normativa sulla data protection prevede che un consenso, per essere considerato valido, deve essere liberamente espresso. Dunque, non influenzato da raggiri e coercizioni.

Questa libertà è garantita dall’informativa che dovrà spiegare quali sono le finalità e le modalità con le quali avviene il trattamento dei dati degli utenti.

La trasparenza dell’algoritmo

In un mondo dove il divario tra la natura tecnologica tra l’interessato e i titolari del trattamento porta a non avere una percezione piena della realtà dove l’utente si immerge, ci chiediamo qual è il corretto livello di informazione che ci consente di dare liceità al consenso.

Si dovrà indicare, per esempio, che il trattamento avviene per finalità di marketing, e che per questo motivo verrà sottoposto a dei processi di decisione automatizzati? Oppure si dovranno spiegare tutte le logiche sottese all’algoritmo, per mettere l’interessato in condizione di poter realmente comprendere le conseguenze della profilazione al quale è sottoposto?

È veramente possibile rendere trasparente un algoritmo che produce risultati talvolta imperscrutabili agli stessi sviluppatori?

Per concludere

Allo stato dell’arte attuale, è difficile operare un bilanciamento corretto tra gli interessi in gioco. Da un lato ci sono quelli dell’impresa, dall’altro quelli del consumatore/utente.

Ciò che è certo è che tutte le problematiche viste hanno un comun denominatore, ovvero, il codice informatico, che per essere disciplinato dovrà esser coordinato tra diversi sistemi regolativi.

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