Il 21 gennaio scorso il Parlamento Europeo vota e approva in plenaria la proposta del Regolamento sui Servizi Digitali (DSA). Al medesimo evento si elegge la nuova presidente del Parlamento europeo, si discutono le priorità della Francia per la Presidenza del Consiglio e infine si votano appunto le misure sui servizi digitali. Tuttavia, l’approvazione del DSA e la successiva versione adottata dal Parlamento non sembra adeguarsi agli obiettivi che ci si prefissava nel 2020.
Digital Service Act approvato dal Parlamento dell’Unione Europea: perplessità in merito alla versione
Innanzitutto, ricordiamo che il fine del DSA è principalmente quello di stabilire delle regole comuni per le piattaforme digitali. Nello specifico, è fondamentale la questione riguardo lo stabilire per tutti cosa sia illegale in ambito digitale, sia online che offline. Tuttavia, il DSA che il Parlamento approva prevede dei limiti che paiono indebolire la lotta all’illegalità invece che contrastarla con maggiore forza.
In effetti, tra le altre cose si decide di adottare un sistema di “notifica e azione” e una garanzia per la rimozione di prodotti, servizi e contenuti. Inoltre, si rafforza l’obbligo di tracciamento dei commercianti, che per il momento riguarda solo i marketplace. Dunque, si tratta di una soluzione che ha una sua efficacia solo per quanto riguarda la lotta alla contraffazione ma non per i contenuti.
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Invece, è necessario che i temi del negoziato riguardino anche i motori di ricerca, luogo ricco di link e contenuti illegali. Oltre a questo, si devono risolvere gli aspetti di dettaglio sullo stay down e un’apertura maggiore vero servizi di monitoraggio.
Le modifiche al DSA introdotte con l’approvazione da parte del Parlamento dell’Unione Europea
Ora, stiliamo un elenco delle modifiche in merito al nuovo Regolamento per i Servizi Digitali che il Parlamento UE approva:
- Esenzione delle micro e piccole imprese da alcuni obblighi;
- Scelta più trasparente e autonoma sulla pubblicità mirata. Nello specifico, sarà possibile rifiutare il consenso a un sito senza troppe complicazioni o giri di parole;
- Proibizione di tecniche di targeting e amplificazione rispetto a categorie di soggetti vulnerabili;
- Risarcimenti possibili per eventuali danni a seguito dell’inadempimento di obblighi di diligenza da parte delle piattaforme;
- Divieto di tecniche ingannevoli o di nudging da parte delle piattaforme online che possano influenzare negativamente gli utenti;
- Scelta maggiore in termini di classificazione su algoritmi. Ossia, la possibilità che piattaforme grandi forniscano almeno un sistema di raccomandazione non basato sulla profilazione;
- Rispetto da parte dei fornitori di libertà d’espressione e di pluralismo dei media;
- Nuova disposizione sul diritto di utilizzo e pagamento dei servizi digitali in maniera anonima.
Dunque, ciò che volge maggiormente le spalle al progresso è proprio un’azione efficace di contrasto dei contenuti illegali online. Paradossalmente, rischia invece di frenare le attività di lotta all’illegalità su vari fronti. Ad esempio, per quanto riguarda lo streaming illegale di contenuti; la diffusione degli stessi sulle piattaforme di messaggistica o la scarsa efficacia dell’intervento dei motori di ricerca.
Quindi, va alla presidenza di turno francese migliorare queste proposte.
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