“Il sistema delle valutazioni di professionalità dei magistrati è totalmente ineffettivo”. È l’accusa senza giri di parole contenuta in un duro documento diffuso dalla Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane (Ucpi), che torna a puntare il dito contro la magistratura e le sue modalità di autogestione.
Secondo l’associazione dei penalisti, il meccanismo previsto per valutare l’operato dei magistrati si traduce in un vuoto rituale burocratico che non produce alcun risultato concreto: “Sono tutti promossi sempre a pieni voti”. Una situazione che, secondo i penalisti, è il frutto di una sistematica azione di interdizione della magistratura, sempre pronta a opporsi a qualsiasi modifica volta a introdurre criteri di valutazione realmente efficaci.
Nel mirino dell’Ucpi finisce anche la recente riforma Cartabia, che ha tentato di coinvolgere l’avvocatura nel sistema di valutazione, ma – scrive la Giunta – “è il risultato di un compromesso pieno di contraddizioni e irrazionalità”. Gli avvocati, di fatto, restano semplici “segnalatori” e possono intervenire solo in presenza di episodi specifici, senza avere accesso agli atti interni dei Consigli giudiziari, precludendo ogni reale possibilità di incidere sulle carriere dei magistrati.
A peggiorare la situazione, denuncia il documento, è l’opacità del sistema delle nomine, ancora dominato dalle logiche correntizie che condizionano la vita professionale dei magistrati e ne limitano l’autonomia interna. “Adesso i magistrati eletti giudicano i loro elettori, in un evidente conflitto di interessi che porta agli esiti sotto gli occhi di tutti”, scrivono i penalisti.
Non manca una stoccata al presidente dell’ANM Cesare Parodi, accusato di occuparsi soltanto di “possibili strumentalizzazioni” e di riproporre l’idea di una presunta superiorità etica della magistratura rispetto all’avvocatura. “Il refrain ricorda quello di Caselli, ma ancor più quello di Caterina nella celebre canzone ‘Nessuno mi può giudicare’. Solo che continuare a suonare la stessa musica dopo gli scandali che hanno rivelato l’affarismo correntizio nella magistratura ha qualcosa di anacronistico e, per taluni versi, anche di umoristico. Peccato che ci sia poco da ridere”, conclude amaramente la Giunta.
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