Il lockdown ha portato ad un’esplosione del fenomeno, non senza rischi conseguenti
Nel corso dei diversi periodi di isolamento che ci siamo trovati ad affrontare negli ultimi due anni, non tutti gli adulti hanno tenuto una condotta esemplare. Per esempio, alcuni genitori, forse per noia, forse per la necessità soggettiva di un qualche riconoscimento popolare, hanno condiviso ogni dettaglio della propria quotidianità familiare, senza porsi alcun limite.
Tra l’altro, si tratta di comportamenti spesso incoraggiati dagli stessi media che, in un secondo momento, si sono invece schierati sul fronte della condanna.
Lo sharenting: che cos’è
Il termine sharenting nasce come neologismo, in parallelo alla diffusione capillare dei social media. In effetti, si tratta dell’unione dei termini “sharing” -condivisione- e “parenting” -genitorialità.
Insomma, con “sharenting” s’intende la condivisione sui social media di immagini dei propri figli. Ciò, a prescindere dal fatto che si tratti di foto su Facebook o di stories su Instagram.
Sharenting e privacy: tutti i problemi
A questo punto ci si potrà facilmente chiedere quali siano le insidie dietro ad una semplice condivisione di foto di famiglia. Ebbene, sappiate che prima della pandemia, erano molti gli psicologi, i sociologi e gli educatori che manifestavano grande preoccupazione a riguardo. Ora, data l’accresciuta portata del fenomeno, lo sharenting desta preoccupazione anche dal punto di vista clinico.
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In effetti, questa recente sovraesposizione mediatica che ha colpito pesantemente bambini e adolescenti (che ancora non conoscono il significato di identità digitale), potrebbe avere delle importanti conseguenze negative.
Ed infatti, basta pensare ai cybercriminali e cyberpredatori pronti a sfruttare ogni minima occasione offerta loro da adulti sprovveduti e menefreghisti.
Ancora: il cyberbullismo ed il “furto di identità”, lo sfruttamento dei minori e “rapimenti digitali” (la manipolazione delle foto dei bambini per far credere che siano propri). Per non parlare degli adescamenti on line per abusi sessuali tramite chat/siti internet (“grooming”) ed il “revenge porn”.
Dunque, pubblicare contenuti a getto continuo è un comportamento molto sbagliato, ma non solo. E’ importante anche prestare attenzione a ciò che si pubblica nelle chat private, che poi tanto sicure non sono. Inoltre, le modalità di adescamento dei minori continuano ad evolversi ed è dunque necessario prestare la massima attenzione anche in quei “luoghi” considerati sicuri.
I danni dello sharenting che non si possono cancellare
Lo sharenting crea un vero e proprio archivio digitale alla portata di tutti. Per questo motivo, negli adolescenti cresce la preoccupazione sugli effetti collaterali generati da questo tipo di comportamento.
In questo caso, è la “web reputation” che potrebbe rivelarsi controproducente per un adolescente in attesa di un colloquio lavorativo. Perché sì, gli head hunter e recuiter guardano anche quello.
L’Unione Europea e lo sharenting
Circa la protezione della privacy, l’Unione Europea ed il Consiglio d’Europa hanno recentemente pubblicato una dichiarazione congiunta. Il fine è di rendere evidente la necessità di una maggiore e migliore protezione dei dati personali.
Questo, soprattutto alla luce di quanto emerso con una tale prepotenza durante la pandemia. Infatti, le piattaforme social principali fanno ancora troppo poco per sensibilizzare i genitori sui rischi che una condivisione senza limiti può causare.
Ed anche la Tv, media instrinsecamente tradizionalista, ora ha iniziato a sfruttare i contenuti prodotti dai genitori sulla pelle dei figli. Ovviamente, tutto questo, nel pieno disinteresse della privacy dei soggetti- vittime coinvolti.
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