Sospensione per l’avvocato che finge una grave malattia per ottenere denaro

Sospensione per l’avvocato che finge una grave malattia per ottenere denaro

Con la sentenza n. 172/2019, il CNF conferma la sanzione della sospensione disciplinare per l’avvocato che ha finto una malattia grave al fine di ottenere denaro da una cliente.

IL CASO

Il Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense riceve un esposto dal parte del COA a proposito dell’avvio di un’azione penale per truffa aggravata (artt. 61 n. 7 e 640 c.p.) contro un avvocato iscritto.

A quando pare, l’avvocato «mediante artifizi e raggiri consistiti nel prospettare falsamente una patologia tumorale agli occhi richiedente un urgente intervento chirurgico non coperto da convenzione del S.S.N.» ha convinto una donna a prestargli denaro per un totale di 60.000€.

Il Consiglio di Disciplina avvia una procedura contro l’avvocato, invitandolo a chiarire la sua posizione entro 30 giorni, ma questo non offre alcuna risposta.

Il Consiglio allora ottiene dalla Procura gli atti processuali e decide di sospendere il provvedimento disciplinare in attesa della conclusione del procedimento penale.

La causa viene estinta per remissione della querela e il Consiglio riprende il procedimento disciplinare evidenziando la violazione di diverse norme deontologiche.
In particolare, l’avvocato ha violato i principi di decoro, probità e dignità estorcendo il denaro mentendo e facendo leva sull’emotività della donna raggirata. Pertanto, stabilisce l’applicazione della sanzione della sospensione dall’esercizio della professione forense per quattro mesi.

Il RICORSO E LA CONFERMA DELLA SOSPENSIONE

L’avvocato si rivolge al CNF che, con la sentenza n. 172/2019, ne respinge il ricorso per le seguenti ragioni:

  • – l’avvocato attribuisce la propria condotta agli effetti di una depressione maggiore certificata da documenti medici, che però non si può affermare abbia inciso «sulla sfera di discrimine volitivo» come sostenuto dallo stesso;
  • – a proposito della differenza tra illecito istantaneo con effetti permanenti e illecito permanente che il ricorrente sostiene non sia stata presa in considerazione al momento della sentenza e che incide sulla prescrizione della pena, il Cnf spiega che:
       – questa risiede «nel rapporto causale tra evento e condotta contra ius del soggetto agente con la conseguenza che mentre nell’illecito istantaneo tale comportamento si esaurisce con il verificarsi del fatto, pur se l’esistenza di questo si protragga poi autonomamente (fatto illecito ad effetti permanenti); di contro nell’illecito permanente applicabile alla fattispecie, la condotta oltre a produrre l’evento dannoso, lo alimenta continuamente per tutto il tempo in cui questo perdura, avendosi così coesistenza dell’uno e dell’altro»
    e che:
       – «la mancata restituzione di somme sono comportamenti pregiudizievoli che si protraggono nel tempo fintantoché non venga a cessare la stessa condotta indebitamente appropriativa ed è solo da tale eventuale cessazione che inizia a decorrere la prescrizione della azione disciplinare»;
  • – sulla presunta sproporzione della sospensione, rileva che la «gravità dell’uso di artifici e raggiri (profitto indebito fondato sullo stato emozionale gravemente compressivo della libera determinazione del terzo, profittando di una conoscenza occasionale in sede di pregressa consulenza prestata (…) aggravato dalla falsità delle affermazioni (patologia tumorale maligna inesistente)» giustifica la sanzione. Inoltre, fa notare che sono previste sanzioni più severe per casi meno gravi di quello in questione.

Qui il link alla sentenza CNF n. 172/2019.

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