Un problema ormai cronico dell’attuale mercato del lavoro è il disallineamento tra domanda e offerta.
Soltanto nel 2022, Unioncamere ha calcolato una perdita di 38 miliardi di euro a causa dell’inserimento ritardato di professionisti parecchio difficili da trovare. Il conto finale potrebbe essere decisamente salato.
Se ci limitiamo soltanto alla parte dei lavoratori tech, il tema si allarga sempre più, non soltanto perché sono pochi e ricercatissimi, ma anche perché la domanda arriva da aziende straniere, vista la possibilità di lavorare da remoto.
Infatti, come emerso dal Tech talent outlook di Epicode (una delle società edu-tech maggiormente in crescita in Europa), su 500 aziende italiane circa il 7% delle richieste proviene da aziende straniere, interessate ai nostri esperti in ambito digital e tech. Offrendo compensi decisamente più alti.
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In questo disallineamento vanno ad intrecciarsi più fattori, come l’inverno demografico e il dialogo non così semplice tra imprese e sistema educativo. Infatti, tra il 2023 e il 2027 il mercato del lavoro italiano avrà necessità di quasi 4 milioni di lavoratori. Il 72%, ovvero quasi 3 milioni di lavoratori, andranno a sostituire le persone che usciranno dal mondo del lavoro.
Sempre secondo il Tech talent outlook, le figure maggiormente ricercate sono gli sviluppatori, desiderati da 7 aziende su 10: parliamo di Front End Developer, Back End Developer, Full Stack Developer, data analyst ed esperti di cyber security.
Ivan Ranza di Epicode spiega che questa analisi consente di osservare «l’evoluzione delle figure e delle competenze più ricercate dalle aziende che operano nel nostro Paese. I dati di questa prima edizione confermano che siamo di fronte ad un panorama molto vivace: le professioni tech e ICT offrono tante opportunità di carriera e le aziende sono continuamente alla ricerca di figure in grado di supportarle nel percorso di transizione digitale che riguarda tutte le realtà, dalle multinazionali alle pmi».
Tuttavia, le opportunità non sembrano essere omogeneamente sparse lungo la penisola. Le maggiori opportunità sono presenti in Lombardia e Veneto, seguite da Emilia, Campania e Lazio.
Il 7% delle richieste arriva da aziende straniere interessate ai nostri esperti. Opportunità resa possibile anche dallo smart working. Continua Ranza: «E’ un fenomeno a cui bisogna prestare attenzione, perché quel 7% di giovani con queste competenze che lavora per aziende straniere pur risiedendo in Italia, sottrae preziose competenze che servono al nostro Paese. Fondamentale, dunque, lavorare sul tema delle competenze e fare in modo che l’offerta si allinei alla domanda e che il digitale possa essere, ancora di più, uno dei propulsori dell’economia del Paese».
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