Dietro l’illusione del progresso tecnologico si nasconde, secondo Paolo Savona, presidente della Consob, una minaccia profonda e sistemica. Non solo per la stabilità finanziaria, ma per la tenuta stessa della democrazia. In un intervento, pubblicato su Milano Finanza, l’economista lancia un monito sull’attuale corsa alla legittimazione delle criptovalute, definendole senza mezzi termini un “salto nel buio per la società intera”.
Il vero nodo: chi ha il diritto di battere moneta?
Savona parte da un principio cardine della dottrina democratica: il potere monetario è una prerogativa pubblica, legata alla responsabilità verso i cittadini e alla stabilità del sistema. Eppure, osserva, “le criptovalute sono state sdoganate senza un vero dibattito pubblico, senza che gli elettori fossero avvisati di questa scelta cruciale”.
«Kant ci ha insegnato che la democrazia consiste nel sostituire il dominio di pochi con il governo delle leggi votate da molti. Ma in questo caso, si è legittimato un potere di creazione monetaria a soggetti privati, al di fuori di un chiaro mandato democratico».
Registrazioni senza valore reale, ma con enormi conseguenze
Per Savona, le crypto non sono né oro digitale né strumenti neutri: sono registrazioni contabili senza controparte, prive di scarsezza intrinseca e soprattutto senza alcuna garanzia pubblica. A differenza delle monete legali, le criptovalute non sono sostenute da crediti reali o titoli di Stato, né da alcun sistema di protezione del risparmio.
Le cosiddette stablecoin cercano di compensare questa mancanza, legandosi ad asset reali e cercando una copertura normativa, come previsto dal Genius Act statunitense o dal regolamento europeo MiCAR. Ma, avverte Savona, l’apparente stabilità normativa non ne cancella la natura privatistica, e anzi può contribuire a una pericolosa confusione tra mercato e democrazia.
Il precedente storico: i subprime del 2008
Il paragone con la crisi finanziaria del 2008 non è casuale. Allora furono i crediti subprime, mascherati da titoli prime, a innescare un disastro sistemico. Oggi, secondo Savona, le criptovalute rischiano di replicare lo stesso schema, mescolandosi al risparmio tradizionale e ottenendo una legittimità che ne occlude i rischi reali.
«Finché ci sarà qualcuno disposto a comprare, attratto dalla speranza di guadagno facile, il sistema reggerà. Ma è un meccanismo fragile, che alimenta bolle e sposta ricchezza verso chi non produce valore, ma lo estrae».
Una nuova ingiustizia sociale
Il punto più controverso dell’analisi di Savona riguarda l’effetto redistributivo delle crypto.
Secondo il presidente della Consob, attribuire potere d’acquisto a chi crea o possiede ricchezza digitale equivale a minare il patto sociale, penalizzando chi lavora, risparmia o investe nell’economia reale.
«La democrazia ne uscirebbe ferita. Si creerebbe una nuova élite, non fondata sul merito o sull’innovazione reale, ma sulla capacità di speculare in un contesto senza regole».
Regolare o rinunciare?
Il messaggio è chiaro: senza una regolamentazione solida e condivisa, le criptovalute possono trasformarsi in un fattore di disgregazione istituzionale. Un appello, quello di Savona, che arriva in un momento decisivo per i legislatori europei e italiani, impegnati nel recepimento delle norme MiCAR e nella definizione di un perimetro chiaro per l’uso delle crypto nei mercati finanziari.
Una sfida di civiltà
Chiude con una provocazione inquietante:
“Riusciremo a frenare l’orda dell’homo insipiens?”, evocando la responsabilità collettiva di affrontare un fenomeno che rischia di travolgere i pilastri dell’economia, della politica e della fiducia pubblica.
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