Per l’avvocatura ci sarà ancora da aspettare. Il disegno di legge delega per il nuovo ordinamento forense, atteso al Consiglio dei ministri di inizio agosto, non è stato discusso e verrà esaminato solo dopo la pausa estiva. Un rinvio tecnico, ma che ritarda l’iter di una riforma considerata centrale da tutti i soggetti rappresentativi della professione.
Il testo in preparazione – frutto di un lavoro concertato tra il Consiglio nazionale forense, le unioni regionali, gli ordini, le associazioni, i comitati pari opportunità e i consigli di disciplina – ha l’obiettivo di superare le ambiguità interpretative della legge 247 del 2012, che negli anni ha generato contenziosi e incertezze normative, erodendo la coesione interna alla categoria.
Le novità previste dal nuovo impianto normativo
Il disegno di legge, così come finora delineato, introduce interventi strutturali che vanno dalla ridefinizione della compatibilità tra l’esercizio della professione forense e la titolarità di cariche societarie, alla valorizzazione delle collaborazioni continuative e delle posizioni monocommittenti, passando per il rafforzamento delle reti tra professionisti e l’incentivazione della dimensione organizzata dell’attività forense.
Tra le misure più significative, figura la possibilità per l’avvocato di ricoprire la qualifica di socio illimitatamente responsabile, purché limitata alla gestione di beni personali o familiari. Una novità che mira a conciliarne il ruolo con il principio di autonomia professionale, evitando automatismi di incompatibilità ritenuti ormai superati.
Il ruolo dell’avvocatura e il nodo costituzionale
Il percorso verso un nuovo ordinamento forense si intreccia con un’altra questione da tempo dibattuta: l’inserimento della figura dell’avvocato in Costituzione. Un riconoscimento simbolico e sostanziale, che il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva tentato di inserire nel disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere. Ma quella finestra si è chiusa, e ora si cerca un nuovo spazio legislativo.
Secondo quanto trapela, il guardasigilli starebbe valutando la possibilità di agganciare la modifica costituzionale a un’altra riforma più ampia, confidando nel sostegno trasversale di diverse forze politiche. Un’operazione che richiederebbe un’attenta costruzione del consenso, ma che potrebbe dare all’avvocatura il riconoscimento costituzionale della sua funzione pubblica e democratica.
Un’attesa strategica per una riforma condivisa
Il rinvio del disegno di legge è vissuto, da una parte, come un’occasione per affinare ulteriormente il testo, anche alla luce delle osservazioni arrivate dai rappresentanti istituzionali e dalle associazioni. Dall’altra, però, rischia di alimentare un senso di frustrazione all’interno di una categoria che da anni chiede una normativa più chiara, moderna e aderente alle evoluzioni della professione.
Nel frattempo, la coesione mostrata dalle componenti dell’avvocatura nella fase di redazione preliminare rappresenta un segnale politico importante: la riforma nasce da un confronto inclusivo, non da una spinta unilaterale. E questo potrebbe essere determinante per garantirle un iter parlamentare più lineare e meno esposto alle tensioni di parte.
Verso settembre con nuove sfide
Con il rientro dalle ferie, il governo sarà chiamato a sciogliere i nodi rimasti sul tavolo e a calendarizzare l’esame del provvedimento. L’obiettivo dichiarato è di chiudere il percorso della delega entro la fine del 2025. Ma molto dipenderà dagli equilibri politici post-estivi e dalla capacità di mantenere aperto il dialogo tra istituzioni e categoria forense.
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