Professionisti, equo compenso: che cosa dice la nuova legge

Giovedì 13 aprile 2023

La Camera dei deputati ha approvato la legge sull’equo compenso per i liberi professionisti. Nel testo vengono introdotte regole e standard minimi per le aziende e le PA, al fine di garantire un’adeguata retribuzione a coloro che svolgono un lavoro intellettuale.

La legge sull’equo compenso è stata approvata sia dalla maggioranza di destra ma anche dalle opposizioni. Gli unici ad astenersi dal voto sono stati i deputati del PD, in quanto in disaccordo su parte delle misure previste dalla legge.

L’equo compenso riguarderà le professioni per le quali esiste un ordine professionale, ma anche quelle che non ce l’hanno, ovvero, le professioni “non ordinistiche”. Le regole dovranno essere rispettate dalle PA e dalle aziende private. Eccezion fatta per banche, assicurazioni, imprese con più di 50 dipendenti oppure aziende con ricavi annuali che superano i 10 milioni di euro.

Le PA, secondo una stima del Sole 24 Ore, ammontano ad oltre 27mila. Le aziende private coinvolte, invece, sono 51mila: il numero, in realtà, sembra ancora piuttosto piccolo, poiché nel 2021 le aziende italiane erano 1 milione e 647mila.

Ma la misura più importante è sicuramente quella del primo articolo, riguardo le indicazioni per stabilire l’equo compenso. Per tutti i liberi professionisti che sono iscritti ad un ordine professionale, i valori dell’equo compenso sono indicati nel decreto ministeriale 140/2012, eccezion fatta per gli avvocati, poiché nel 2022 sono stati introdotti i parametri aggiornati attraverso il decreto ministeriale 147.

Secondo i commercialisti, tuttavia, i parametri indicati nel decreto del 2012, oltre ad essere datati sono anche incompleti. È probabile che, nel corso dei prossimi mesi, vengano proposti degli aggiornamenti riguardanti i criteri economici che sono stati stabiliti, ormai, più di 10 anni fa.

Invece, per i liberi professionisti che non appartengono ad alcun ordine, verranno stabiliti dei nuovi parametri, mediante un decreto ministeriale del ministero delle Imprese e del Made in Italy, per il quale dovremmo aspettare altri 60 giorni.

Le aziende potranno anche non rispettare questi valori, ma soltanto se verranno concordati nuovi parametri con i rispettivi ordini professionali del loro settore. I liberi professionisti avranno la possibilità di richiedere all’azienda di applicare le nuove regole, sia autonomamente oppure attraverso l’ordine professionale.

La nuova legge, inoltre, prevede che nei contenziosi tra lavoratori e aziende debbano essere ritenute nulle le parti dei contratti che:

  • non rispettano l’equo compenso;
  • vietano ai liberi professionisti di richiedere l’acconto per la loro prestazione;
  • costringono i liberi professionisti all’anticipo delle spese;
  • prevedono termini di pagamento superiori a 60 giorni dal ricevimento della fattura.

Secondo la legge, comunque, potranno essere ritenute nulle tutte le parti dei contratti troppo vantaggiose per le imprese, nei confronti della qualità e della quantità del lavoro commissionato. Inoltre, sembra che verrà istituito un «osservatorio sull’equo compenso» dal ministero della Giustizia, con il compito di controllare che vengano rispettate le nuove regole.

A tutto questo si lega anche un altro aspetto della legge, che sembra essere stato particolarmente contestato: non ci saranno sanzioni, infatti, per le aziende che non rispettano le regole, ma gli ordini professionali potranno procedere a sanzionare i professionisti che accettano un compenso che non è equo.

Diversi esponenti del PD hanno criticato il passaggio, tra cui il capogruppo del partito in Commissione Giustizia, Federico Gianassi: «Avevamo chiesto di cancellare le sanzioni al professionista, che è parte debole del rapporto e non può essere pure sanzionato».

Un ulteriore problema indicato dal PD e da Gianassi e che la nuova legge non interviene sui rapporti di lavoro che esistono di già, e che, dunque, proseguiranno senza il rispetto dell’equo compenso. Il PD, a tal proposito, aveva richiesto una norma transitoria, presto rifiutata dalla maggioranza.

Gianassi ha dichiarato di apprezzare che la legge vada ad affermare l’equo compenso, estendendolo a tanti lavoratori. Tuttavia, è «un’occasione persa», in quanto esclude «centinaia di migliaia di professionisti».

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